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Capirossi: il pilota e la Rossa

il 17/06/2003 in Motogp

Ripercorriamo la carriera di Loris: una sequenza di alti e bassi stabilizzati dall’incontro magico con la Desmosedici

La battuta è di Carlo Pernat e merita di essere conosciuta. “La cavalla Vita, quella che Capirossi e signora volevano adottare è morta. Probabilmente ha visto la gara di Loris e si è spaventata. Il cuore non ha retto”. La cinica battuta del manager personale del pilota Ducati fotografa bene la situazione. Quando Capirex si scatena sulla pista, lo spettacolo non manca mai. La ruota posteriore che vuol sorpassare quella anteriore, le impressionanti virgole di gomma nera lasciate sull’asfalto quando il pilota scatena tutta la potenza del suo quattro cilindri a V.
Capirossi oggi è l’uomo della leggenda, il primo italiano dopo Giacomo Agostini ad aver vinto con una nostra moto. Ma non sono sempre state rose e fiori…
Loris piovve sul mondiale nel 1990, vincendo il titolo della 125 davanti a Spaan e Prein. L’anno dopo replicò senza problema. Piccolo, con i denti storti, le gambe corte e le braccia già temprate dal cross, sembrava un pilota da piccole cilindrate.
Invece il destino lo porta in 250 e subito scopre che la pagnotta è dura. Prima l’apprendistato, poi il secondo posto dietro Harada, poi l’era Biaggi. Emigra in 500, con la Yamaha scopre quando sia crudele la classe regina. A questo punto, dato per finito, ritorna in 250 e vince un titolo che lascia un mare di polemiche. Infatti, all’ultimo Gp tenta un sorpasso impossibile ai danni di Harada (stessa moto, Aprilia) e lo abbatte. Vince il mondiale ma viene licenziato. E riprende una carriera tutta da inventare. Ancora 250, poi la 500. Da privato.
La sua fortuna ha due nomi: Pernat e pole position. Il primo la rigenera e lo rende interessante ed appetibile per sponsor e media (oltre a far contratti niente male) l’altra è la specialità della casa. Nel giro secco, Capirossi non ha rivali, tritura il cronometro. Parte davanti. E poi corre per Sito Pons, manager dal cuore duro che per lui non spende molto. Lo si scopre lo scorso anno, quando a fine stagione, non gli noleggia una Honda 211 per finire la stagione. E lui arranca, sverniciato sul dritto dalle quattro tempi, è polemica rovente. Poi entra in scena l’amore. Non stiamo parlando di Ingrid, la ragazza di Trieste che lo ha fatto innamorare (e che poi ha sposato) ma di una rossa che viene da Bologna. La Ducati.
Qualche anno fa gli addetti ai lavori, tra i quali alcuni giornalisti come il sottoscritto, sentirono arrivare strane telefonate: “Ciao Marco, cosa ne pensi se noi andassimo in MotoGp, con che piloti, cosa ne pensi di Capirossi?”. E così, forse anche per il nostro parere (e per quello dei clienti Ducati che votarono su internet) che Loris arrivò a Bologna, si dice togliendo il posto a Biaggi (che non era gradito a parte dello staff).
Loris trovò una moto appena abbozzata, la fece vedere che le sue doti tecniche hanno grande spessore. Lui è un pilota all’antica, ha i libretti con tutti gli appunti: rapporti del cambio, gomme, sospensioni… Una miniera. Alla Ducati invece, capirono che per vincere bisognava volare basso. Nel senso che la sofisticazione nella moto paga pochissimo, i cavalli sì. E, fin dalla prima uscita, la Desmosedici iniziò a volare forte. Certo, la ciclistica non era proprio il massimo della stabilità, le gomme fumavano, l’assetto era quello di un toro impazzito. Però il lavoro era costante. Dal primo test ad oggi. Con Bayliss a dare una mano e Loris a fare il suo lavoro: andare forte.
Un pilota che porta la moto al limite e capisce il perché vale mille computer. Capirossi ha portato avanti lo sviluppo della moto con grande velocità. Ed è giusta che sia stato lui a vincere la prima gara delle Ducati in MotoGp.
Ora sono affari della Honda. Dopo il Gp di Catalunya Valentino ha provato nuovi particolari, in attesa dello step che arriverà a Brno. Si parla di una ciclistica ancora più precisa, per battere la Ducati in curva. Il motore per ora non si tocca per evitare di rimanere a secco a fine gara. Ecco, una cosa in comune la Ducati e Capirossi ce l’hanno: portano avanti il limite molto velocemente. Un anno fa la Ducati era un grezzo prototipo, oggi è sul podio di Barcellona, davanti a tutti.

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