Motogp
Ducati: la nascita di un mito
Oggi sono le 'rosse' per eccellenza e sono nel cuore di tutti gli appassionati. Un caso unico, nato da una serie felice di avvenimenti che hanno indirizzato il destino di un’azienda entrata nelle moto solo come ripiego produttivo nel secondo dopoguerra
- 1971: la bicilindrica 500da GP
Capirossi con la coppa del vincitore a Barcellona: in sole 6 gare la Desmosedici è già salita sul gradino più alto del podio
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IL PARADISO DELLE ROSSE |
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La visita multimediale del Museo Ducati a Borgo Panigale |
Ci sono 7 momenti topici nella storia della Ducati e che hanno rappresentato le svolte che l’hanno portata ai successi di oggi:
- 1954: l’arrivo dell’ing. Taglioni
Ducati inizia la sua produzione di due ruote nel 1946 con un cinquantino utilitario, il Cucciolo, che non ha neppure progettato: ne acquista infatti i diritti dalla Siata di Torino. Ma nel 1954 viene assunto l’ing. FabioTaglioni, uomo legato alle corse e con già esperienze alle Mondial.Taglioni progetta i primi monocilindrici sportivi, le celebri Marianna 100 e 125, che si imporranno nelle gare di gran fondo di quegli anni, dominando tra il 1955 e il 1957 il Giro d’Italia e la Milano-Taranto.
- 1957: Il primo Desmo
Dalla Marianna Taglioni deriva nel 1956 anche una125 gp, prima bialbero e poi l’anno successivo con distribuzione desmodromica a tre alberi, che arriverà ad un soffio dal vincere il campionato mondiale 1958 con il pilota Gandossi. L’epopea del desmo nasce qui, dalla necessità di trovare una soluzione tecnica che consenta ai motori di girare il più veloce possibile, superando i limiti delle molle valvole disponibili all’epoca. E con la distribuzione desmodromica le molle valvole – semplicemente - spariscono… Le Ducati allora sono argento, ma l’amicizia dell’ing. Taglioni con la famiglia Baracca già le avvicina al mito Ferrari: sulla carena sfoggiano infatti il Cavallino Rampante…
- 1968: il Desmo per tutti
Nasce una nuova generazione di monocilindrici, di cilindrata compresa tra 250 e 450cc, denominati “carter larghi” per distinguerli dalle versioni precedenti derivate dalle Marianna. Questi motori equipaggeranno le entro-fuoristrada Scrambler – un must per i ventenni degli anni ‘70 – e le Mark3 stradali, disponibili anche con testata desmo, per la prima volta offerta su mezzi di grande serie. Negli anni '70 anche Ducati tenta il grade passo verso le maxi e Taglioni sceglie una strada assolutamente originale: il bicilindrico a V di 90 gradi, stretto, equilibrato, ben raffreddato in un epoca in cui era ancora solo l’aria a svolgere questa delicata funzione. Per sperimentare il nuovo motore ne viene realizzata una versione 500 da Gp che si comporta onorevolmente nelle gare del biennio1971-72. Da quei prototipi vengono poi derivate le 750 Desmo dominatrici nelle gare per derivate di serie per quasi un decennio. Infatti, debuttano vincendo nella 200 Miglia di Imola del 1972 e, la verrsione 900, è portata ad una mitica vittoria nel Tourist Trophy da Mike Hailwood nel 1978. A quella vittoria verrà dedicata la Mike Hailwood Replica 1000 del 1980, l’ultima con il motore raffreddato ad aria e la distribuzione Desmo comandata da coppie coniche. Inizia così a nascere il mito moderno dei pomponi bolognesi, anche se non sono ancora le “rosse”: i colori infatti sono ancora l’argento e l’azzurro metallizzato, tradizionali, sino a quell’epoca, delle Ducati da corsa.
- 1986: le bicilindriche a 4 valvole
Alla fine degli anni ’70 arriva una nuova famiglia di bicilindriche, denominate Pantah, distinte dal comando della distribuzione a cinghia dentata. Vanno forte e vincono anche nelle versioni racing TT2, F1 e F3. Poi, agli inizi degli anni 80’, a Taglioni si affianca un giovane ingegnere, Massimo Bordi che, insieme ad un altro ingegnere dello staff interno Ducati, Luigi Mengoli, spinge l’evoluzione del bicilindrico verso la formula che è usata ancora oggi: distribuzione sempre desmo ma a 4 valvole e raffreddamento a liquido. Il debutto è al Bol d’Or del 1986 e, con la nascita del campionato Superbike nel 1988, arriva il successo definitivo: le bicilindriche bolognesi iniziano a dominare, con sigle come 851 e 888 che suonano come una carica di cavalleria nelle orecchie degli appassionati. Finalmente sono anche rosse, ma solo perché - in quegli anni di crisi e di ristrettezze - a Borgo Panigale non si potevano permettere di usare più di un colore: e scelsero il rosso Ferrari.
- 1993: il mito 916
Ceduta dallo Stato ai fratelli Castiglioni, una mirabolante congiunzione astrale fonde il DNA corsaiolo di BorgoPanigale, l’entusiasmo e l’amore per le belle moto di Claudio Castiglioni e il genio di Massimo Tamburini. Nel 1993 nasce così la 916, la più bella, significativa e vincente Hypersport dell’ultimo decennio del secolo. Nelle sue derivazioni arriva sino ai nostri giorni, vincitrice e sempre protagonista del campionato Superbike. Le “rosse” sono ormai un mito.
- 2002: la Desmosedici e il coraggio di Minoli
Vinto tutto quello che c'era da vincere nelle derivate di serie, la nuova proprietà Ducati lancia il cuore oltre l’ostacolo e, con il ritorno delle 4 tempi, decide di estendere la sfida anche ai MotGP. Decisione un po’ folle nel 2002, visto il nome dei competitori e lo stato più avanzato delle moto di Honda, Suzuki, Yamaha e Aprilia. Ma quando c’è da fare 4 tempi veloci a Bologna sbagliano poco: trasferiscono tutta la loro esperienza della Superbike nella nuova 4 clindri (ma sempre rossa e desmo), danno fiducia a Loris Capirossi… e alla sesta gara del 2003 sono già sul gradino più alto del podio….
- 1971: la bicilindrica 500da GP
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