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Vallelunga: un motodrom alle porte di Roma
Con l’ultimo allungamento, il circuito romano ha una parte veloce che si abbina al tradizionale catino stretto, quasi un piccolo motodrom. Noi l’abbiamo provata e vi raccontiamo il giro di pista
In discesa
Imboccando il rettilineo, si infila la terza con la moto ancora inclinata e ci si allarga un po’ a destra, per impostare la semicurva che porta a imboccare il tracciato lungo. Sul traguardo si mette la quarta e si va dritti a gas spalancato, con la pista in discesa che sparisce da sotto gli occhi. Un attimo dopo siamo davanti al curvone, con il contagiri a 12.000 e il tachimetro sui 250 Km/h. Basta pelare il gas e alzarsi sul manubrio per rallentare il necessario, eventualmente carezzando appena il freno anteriore.
La traiettoria non è istintiva, perché bisogna vincere la paura dell’avvallamento e tenersi tutti a sinistra, prima di tagliare con decisione riaprendo il gas. Eccoci nel curvone, in quarta piena con il ginocchio a terra e pronti al cambio di inclinazione. Nel su e giù conviene tenere il sedere fermo sulla sella, per non disturbare l’assetto della moto. Meglio restare in carena e “convincerla” a curvare a sinistra facendo forza sul manubrio. Così facendo non si rischia di “perdere” l’appoggio dell’anteriore, in un punto dove cadere sarebbe poco simpatico.
si tira la quarta quasi al rosso, con il cuore in gola e pronti ad attaccarsi ai freni poco dopo il passaggio sotto il semaforo sospeso. Si toglie una marcia e si entra nei Cimini, una delle più belle doppie curve d’Italia, da disegnare con una traiettoria unica.
L’ingresso è più veloce di quello che dice l’istinto, perché la pista porta verso l’interno, e perché a metà ci si deve allargare verso l’esterno. In uscita però non bisogna allargare troppo, perché va impostata subito la semicurva che immette sul nuovo rettilineo, cosa che si fa in terza, con il gas tutto aperto. Anche in questo caso, meglio evitare di spostare troppo il sedere, per non perturbare l’assetto e mettersi sul dritto prima possibile.
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Eccoci finalmente sul nuovo rettilineo, dove si infila subito la quarta, chiedendo tutto al motore. Siamo in leggera salita (3%), e in 600 metri abbiamo tempo per giocare con le scie di chi ci precede. Si tira la quarta fino al rosso e si stacca ai 150 metri, confidando in una via di fuga ampia.
La pista è molto larga, e la curva Campagnano è un tornante a destra da 180 gradi, piatto e monotono. Inutile entrare larghissimi, meglio mettersi prima possibile in assetto, per curvare più forte possibile. E poi bisogna riaprire presto il gas, quando ancora non si vede l’uscita della curva, perché si può sfruttare la larghezza della pista.
Il rettilineo che segue è giusto per divorare la seconda, che teniamo un momento di troppo, stuzzicando il limitatore. La curva che segue, la Soratte, è stretta e lenta, e ci si può entrare sia ritardando la staccata e facendo una traiettoria a spigolo, per dare gas prima possibile, sia raccordandola a compasso. In ogni caso la si fa in prima, e in uscita c’è un bel da fare per tenere giù l’anteriore.
Nel breve rettilineo che segue si tira la prima al limitatore, o si mette la seconda se si vuole “scorrere” dentro la chicane stretta della Trincea, che appare solo quando si scollina, ai 70 metri. Qui la moto va messa dentro di forza, allargando in uscita e passando sul cordolo. Ed eccoci di nuovo nel “vecchio” tracciato.
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Siamo rientrati nel catino sotto gli occhi delle tribune. Si tira la seconda forte, poi si pinza e si piega a destra nel Semaforo, un’altra curva lunga, dove il motore va tenuto appena sveglio.
C’è spazio per una breve accelerazione fino al Tornantino, da percorrere in prima, entrando un po’ più stretti e facendo una traiettoria a spigolo, o allargando e girando tondi.
In uscita l’anteriore viene su e si fa in tempo a mettere la seconda per entrare nella “esse”, dove vige la solita regola: entrare piano per uscire forte, facendo scorrere molto la moto e allargando per dare gas prima possibile.
Il limitatore vi dà un altro segnale prima della Roma, dove si pinza con decisione e si mette la moto dentro questo lungo curvone, che si può fare in seconda o in terza. In ingresso l’asfalto è rovinato e la moto salta un bel po’: d’obbligo sistemare bene le sospensioni per andare forte. Poi, appena possibile, svegliate il motore e ricominciate a dare gas allargando. La seconda dovrebbe “finire” quando ormai la piega non è più accentuata e si può mettere la terza per lanciarsi per un nuovo giro.
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