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La burocrazia che rischia di uccidere le due ruote

Marco Gentili
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La burocrazia che rischia di uccidere le due ruote
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La burocrazia che rischia di uccidere le due ruote
La burocrazia che rischia di uccidere le due ruote

Leggi, leggine, decreti, difficoltà per chi fa impresa: così lo Stato soffoca la ripresa

Qualche giorno fa, a colloquio con Franco Acerbis, ho avuto la netta sensazione di che cosa vuol dire fare impresa in Italia. Acerbis ha uno stabilimento produttivo ad Albino, paese situato nella Bergamasca, epicentro di quella che è stata l’epidemia lombarda di Coronavirus (oltre a Codogno), uno un Repubblica Ceca e uno negli Stati Uniti. “In piena emergenza, negli Usa ho ricevuto una lettera dal governo federale, in cui mi venivano offerti parecchi soldi a fondo perduto per ogni dipendente assunto, se non lo avessi licenziato. Soldi che sono arrivati a una settimana di distanza dal mio assenso. E che mi verranno ritirati per intero se licenzierò anche un solo dipendente”.  

BUROCRAZIA

E in Italia? Ovviamente nulla di tutto ciò. Qui abbiamo avuto il Dl Liquidità. Che, invece di erogare liquidità a fondo perduto alle imprese per incentivarle, altro non è stato che la solita corsa a ostacoli tra fogli, domande, burocrazia e (forse) l’erogazione di un prestito a tasso nemmeno troppo agevolato. Alla fine, il problema è sempre lo stesso. Viviamo in uno Stato profondamente borbonico, nel senso più becero del termine: siamo schiavi della burocrazia, della proliferazione normativa, dei linguaggi oscuri e opachi che non contribuiscono certo alla semplificazione.  

SCHIAVI DELLE LEGGI

Qualche numero per rendercene conto: in Italia sono in vigore 160mila leggi. Un’enormità, se paragonate alle 50 mila della Germania e alle 30mila del Regno Unito (fonte: CGIA). La burocrazia costa ogni anno 57 miliardi alle imprese. E in occasione dell’emergenza sanitaria legata al Coronavirus, in 100 giorni si sono susseguiti 763 atti firmati da Governo e Regioni (fonte: Sole24Ore). Un’enormità, soprattutto se consideriamo che in buona parte dei casi gli atti regionali scavalcavano o contraddicevano i provvedimenti centrali.  

POCHI CONCETTI, MA CHIARI

Esattamente il contrario di ciò che serve a cittadini e imprese. Pensando ai primi, a oggi non è ancora chiaro se l’attività motociclistica dei privati rientri nel concetto dell’attività ludica o di quella motoria. Per dirimere la questione, nonostante sia stato sollecitato settimane fa dalla FMI, è necessario un parere vincolante del Ministero dello Sport. Che però tarda ad arrivare. In assenza di chiarimenti, le Regioni procedono in ordine sparso, senza superare l’intrinseca incertezza del linguaggio burocratico. Per quanto riguarda le imprese, è necessario metterle in condizione di lavorare al meglio, emanando pochi provvedimenti e di facile accessibilità. Anche perché gli ultimi dati sono sconfortanti: meno dei 10% delle aziende che ne avrebbe diritto ha chiesto i fondi garantiti e coperti da Sace. Il motivo? Troppo difficile averli. La mole di scartoffie da completare è davvero impossibile da gestire anche per utenti mediamente preparati. Sembrano concetti alati, distanti anni luce dal mondo delle due ruote. Ma così non è. Per questo è necessario fare presto, altrimenti l’onda lunga del Coronavirus rischia di lasciare troppe vittime dietro di sé.  
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