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KTM 690 SMC

Luigi Rivola il 27/06/2012 in Prove della redazione
KTM 690 SMC
KTM 690 SMC
654,0 cc / 46,3 kW (62,7 CV) / 1 cilindro verticale / Euro 3
€ 8850 c.i.m.

Veicoli diversi ma con molti punti di contatto anche nel pilotaggio. A confronto KTM 690 SMC e Motodelta Topclass per una prova anomala ma entusiasmante

Vola con la fantasia chi sogna la moto e non la possiede. «Due ruote un motore e mi sembra di volare». Qualche «volo» non manca mai nella carriera di un motociclista. Gli accostamenti con l'ideale di Icaro sono una costante nel linguaggio degli appassionati del veicolo terrestre che più di ogni altro offre la libertà, le caratteristiche di guida e le sensazioni di un piccolo aeroplano, pur non possedendo le ali. E non si tratta di un accostamento solo platonico, tanto è vero che fra i velivoli a motore ne esiste uno, il «delta», che gli appassionati di volo considerano «la motocicletta dell'aria». Ebbene, Dueruote, in collaborazione con il giornalista e pilota Sergio Barlocchetti di Volare, storica rivista della Editoriale Domus, ha deciso di approfondire questo legame, provando insieme i due veicoli, evidenziandone i punti di contatto e comparando le impressioni dei piloti impegnati ai comandi di mezzi apparentemente così diversi, invece tanto simili.

Due o tre assi di rotazione

Quale esponente delle moto abbiamo scelto una KTM 690 SMC, una supermotard, le cui caratteristiche più si avvicinano a quelle del deltaplano a motore Motodelta Topclass che rappresenta in questa prova le «macchine volanti». La motocicletta normalmente richiede solo il controllo del mo- vimento su due assi: quello longitudinale, che governa l'inclinazione del veicolo sui due lati opposti in curva e quello verticale, che determina la sterzata, ossia la possibilità di dirigerlo a destra o a sinistra. In realtà però le motociclette moderne, che vantano un rapporto peso/potenza di poco superiore a un chilogrammo per cavallo e sono dotate di freni estremamente efficaci, richiedono al pilota il controllo del movimento anche sul terzo asse, quello trasversale, per evitare impennate in accelerazione e – viceversa – il ribaltamento in avanti nelle frenate particolarmente vigorose. Una motocicletta sportiva moderna è quindi l'unico veicolo «terrestre» ad esigere, durante la guida, il controllo della rotazione sui tre assi, una prerogativa che fino ad oggi era esclusiva dei velivoli classici, ossia dotati di ali e piani di coda. Esistono dunque due «famiglie» di moto: quelle che si guidano controllando due assi e quelle che invece esigono anche il controllo del terzo asse. Lo stesso accade per i veicoli in grado di volare. Infatti se la stragrande maggioranza degli aerei ha caratteristiche costruttive che li definiscono tecnicamente «tre assi», il deltaplano (con o senza motore) essendo privo dei piani di coda non è governabile sull'asse verticale ed è quindi definito «due assi».

Una guida «fisica»

Il deltaplano è senz'altro il mezzo aereo più prossimo alla moto in quanto è l'unico nel quale gli spostamenti del corpo hanno influenza sulle reazioni dinamiche del veicolo. Il «delta» senza motore si pilota solo col corpo, e anche quello col motore si dirige agendo su una lunga barra trasversale con un'azione che implica, pur se in misura ridotta, movimenti degli arti e del busto. Il pilota è solidale con il carrello appeso sotto l'ala, e spostando la barra varia il baricentro dell'intero sistema. Si tratta quindi di un'integrazione fra l'uso dei comandi di bordo e la guida «fisica», attraverso la quale oltretutto si percepisce meglio la reazione del mezzo alle manovre impostate. Con la moto è lo stesso: si guida integrando l'azione dei comandi a pedale e al manubrio con spostamenti del corpo, tali da garantire il migliore equilibrio e contemporaneamente la percezione fisica delle condizioni di aderenza delle ruote all'asfalto istante per istante. C'è poi un'altra analogia che non va sottovalutata: la motocicletta in sé non è pericolosa, ma potenzialmente lo è in quanto ha la capacità di fornire prestazioni tanto inebrianti, da indurre facilmente il pilota ad esagerare riducendo al minimo il margine di sicurezza. Lo stesso vale per qualsiasi mezzo aereo: volare è un'estasi che si rinnova ogni volta che si decolla da un campo o da una pista. È qualcosa di unico che prende, coinvolge, e il rischio è di lasciarsi ubriacare da tutto questo, con conseguenze drammatiche. Ritornando al controllo degli assi di rotazione, abbiamo voluto mostrare fotograficamente le affinità fra moto e delta sulla pista di Vairano mentre eseguivano l'identica manovra. Pilota della moto, il nostro tester Andrea Padovani in sella alla KTM 690 SMC. Pilota del delta, a supporto di Barlocchetti, Maurizio Pezzaglia da oltre trent'anni in volo su queste «motociclette dell'aria», che costruisce e delle quali è istruttore qualificatissimo. Una differenza fra i due protagonisti di questo anomalo test? Andrea della moto sa più o meno tutto, ma fino al giorno prima di sedere sul sedile anteriore del delta, ossia in questa occasione, il volo per lui significava check-in all'aeroporto, Boeing, Douglas o Airbus sulla pista, un posto a sedere magari comodo, la hostess bella e gentile, qualche ora per aria. Maurizio invece sa più o meno tutto del volo, ma in precedenza è stato campione italiano di motocross, e, come vedremo, non è affatto un caso isolato.

Comparazione dinamica

La moto impenna la ruota anteriore, il delta cabra. In entrambi i casi, compito del pilota è controllare che la rotazione verso l'alto dell'asse trasversale del veicolo non diventi eccessiva, tanto da comprometterne l'equilibrio. Sulla moto si governa combinando l'azione dell'acceleratore con quella del freno posteriore, col trasferimento in avanti del peso del corpo. Sul delta si controlla regolando la pressione sul pedale dell'acceleratore e intervenendo in modo coordinato sulla barra che varia la posizione dell'ala. All'opposto, la moto impenna la ruota posteriore in frenata accentuata e il delta «picchia». Ambedue ruotano sull'asse trasversale verso il basso; nel primo caso la gestione del sollevamento del retrotreno richiede un'azione sensibile del pilota sul freno anteriore, coordinata con idonei spostamenti del corpo, mentre nel secondo il controllo è ancora affidato all'acceleratore e alla barra. La moto «piega» e il delta «vira». In questa situazione l'analogia è evidentissima: entrambi i veicoli sono costretti ad inclinarsi lateralmente per poter cambiare direzione. Qui però va puntualizzata una differenza: il pilota del delta in virata controlla l'asse longitudinale e quello trasversale per evitare scivolate d'ala non disponendo del timone di coda, mentre la moto percorre la curva coordinando la rotazione sull'asse verticale e su quello longitudinale, normalmente prevalente (ossia agli effetti della percorrenza di una traiettoria è molto più incisiva «la piega» rispetto all'azione sul manubrio). Come la moto si comportano invece i velivoli a «tre assi», in cui il movimento degli alettoni delle ali, cui corrisponde la rotazione sull'asse longitudinale, va attentamente coordinato con l'orientamento del timone verticale di coda, che presiede al controllo della rotazione sull'asse verticale. Se il coordinamento non è corretto, l'aereo in virata derapa o scivola (altra analogia con la moto in curva); per questo fra gli strumenti di bordo c'è lo «sbandometro», che assomiglia ad una livella orizzontale: quando la virata è effettuata correttamente, la pallina dello sbandometro si mantiene esattamente al centro, altrimenti si sposta lateralmente.

Testimoni di una passione

Alessandro «Ciro» De Petri, è un notissimo motociclista, crossista di valore all'inizio della carriera, poi campione di rally africani tra il 1983 e il 1992. Appassionato di volo, è stato anche imprenditore nel settore aeronautico. Lo abbiamo raggiunto telefonicamente in Marocco dove stava seguendo un rally. «La moto significa adrenalina - ci ha detto - e il volo pure. Stesse emozioni e stesse sensazioni. Nei rally africani cercavo anche la bellezza della solitudine e l'incertezza del traguardo: ero da solo e dovevo cavarmela con le mie risorse. Quando sono in volo solitario, lassù, lontano da tutti e da tutto, mi sembra di essere nel deserto in moto». Aldino Liverani, 70 anni portati benissimo, è stato valente pilota di motocross negli Anni '60, poi ha fatto da autodidatta tutte le esperienze del volo: dall'aeromodellismo, al delta senza e con motore, all'ultraleggero. Tutte le sue macchine volanti le ha costruite personalmente. Vola ancora col suo bellissimo «Cicogna» e viaggia in moto con una Honda Transalp. «La libertà è la sensazione dominante che unisce l'andare in moto e in aeroplano – spiega Liverani – con la moto non subisci la strada, la domini; con l'aereo è uguale: sei lassù e fai ciò che vuoi. Quando correvo in motocross ero fortissimo nei salti e nei discesoni perché mi davano la sensazione di volare. Terza passione, le immersioni: è come volare immersi in un liquido». Il terzo testimone è un alto ufficiale dell'aeronautica militare, il colonnello Roberto Di Marco - nome di battaglia «Veltro 01» - comandante del 5° Stormo con sede nella base aerea di Pisignano, presso Cervia. Il colonnello Di Marco è anche un motociclista praticante: ne ha avute diverse in gioventù quando ha anche partecipato a qualche gara di cross e regolarità e ora possiede e usa una Honda CBF1000.

Come un Jet vicino a terra

«Ci sono molte affinità fra la moto e il volo - è il suo parere - in particolare la necessità di prendere decisioni e di effettuare manovre in frazioni di secondo. Poi le stesse forti sensazioni, anche se devo ammettere che guidando la moto si avvertono maggiormente per la vicinanza a terra, che costituisce un riferimento immediato per la velocità e l'inclinazione in curva. Con un «caccia», le semozioni sono normalmente meno intense, a meno che non siamo in simulazione di combattimento. Voglio aggiungere che sono ambedue mezzi meravigliosi, capaci di dare emozioni uniche, ma anche potenzialmente pericolosi, richiedono quindi anche molta maturità al pilota».
Dal delta alla moto - Sono certo di un fatto: che si tratti di un deltaplano a motore oppure di una moto, se il pilota è distratto sono guai. Per strada bisogna ragionare in anticipo (curve, traiettorie, traffico, buche, ecc), per aria ci sono rilievi, nuvole, vento, piste dove poter atterrare. Come motociclista sono all'esordio, e iniziare con la KTM 690 SMC non è certo facile: la sento nervosa e prima di andarci d'accordo, portandola in modo fluido, ho bisogno di almeno dieci minuti di guida tranquilla tra i birilli del percorso improvvisato. Equilibrio innanzi tutto. Per impostare una traiettoria - che sia un'accelerazione, una frenata o una curva - la posizione in sella cambia: non è come su un delta a motore dove il pilota è come un pendolo, solidale al carrello ma in continuo movimento rispetto alla vela variando così il baricentro dell'intero sistema. Se sulla moto mi devo protendere all'interno per entrare e rimanere in una curva, sul delta sposto me stesso e il carrello verso la direzione voluta. Ma non è finita: in moto devo fare attenzione alla velocità, ma potrei frenare e rallentare a piacere. Sul delta è impossibile: sotto un certo valore l'ala va in stallo e quindi si è soliti dire che la velocità è vita, la quota guadagnata è l'assicurazione sulla «salute». Di contro, se la velocità dovesse aumentare troppo c'è il rischio di rompere l'ala. Un bell'esercizio di equilibrio dunque, mentale prima che fisico.

Dalla moto al delta

Passare da un manubrio a un trapezio, così si chiama la barra che permette di governare il delta, non è proprio facile. Il problema maggiore per il neofita è affinare la sensibilità sul fondoschiena e far dialogare quest'ultimo - in tempo reale - con le braccia. Infatti, anche procedendo in linea retta, è tutto un gioco di microcorrezioni, di rapidi aggiustamenti. Insomma, non è come in moto che se si va piano ci si può anche rilassare. Qui se sbagli o non tieni sotto controllo la velocità... si precipita! E se il suolo fa male quando si cade in moto, figuriamoci da quassù! E poi c'è l'aria, l'elemento che ci sostiene. Io - incoscientemente - la respiro. Il pilota del Delta la «vede», legge i suoi movimenti, la usa per volare. Sia quando si procede in volo livellato, sia in virata. Ed è qui che bisogna spingere sul gas: perché sennò - mi dicono di nuovo - si precipita. Un gioco pericoloso ma, come in moto, che gusto quando ci si prende la mano!
È l'anello di congiunzione tra le motard racing e quelle nate per gli spostamenti di tutti i giorni. Con la SMC si soffre a causa della sella dura e stretta e delle sospensioni rigide, caratteristiche che però assumono valenza positiva se si ricerca soddisfazione nella guida. Questa KTM si lascia condurre come una motard estrema: le sospensioni offrono sempre un valido supporto, rivelandosi ben sostenute e perfettamente frenate, in grado di trasmettere in ogni istante lo stato di aderenza dei pneumatici. La loro taratura è ovviamente piuttosto rigida, tanto che su strada conviene aprire di qualche click i registri dell'idraulica per filtrare buche e malformazioni. Il motore fa il resto: con la mappatura «racing», si rivela scorbutico sotto ai 3000 giri, corposo tra i 3500 e i 6000, esagerato fino al limitatore a 8000 giri circa. Passeggiarci, insomma, è sconsigliato. Di altissimo livello i freni, specie l'anteriore, sempre pronto e molto potente, meno a punto il cambio, talvolta impreciso negli innesti tanto che la sfollata è sempre dietro l'angolo.

Dati Tecnici

 
KTM
690 SMC

Motore

monocilindrico verticale a 4 tempi, raffreddamento a liquido; alesaggio per corsa 102,0x80,0 mm; cilindrata 654,0 cc; rapporto di compressione 11,8:1. Distribuzione monoalbero a 4 valvole. Alimentazione a iniezione elettronica. Capacità serbatoio carburante 12 litri (di cui 2,5 di riserva). Lubrificazione a carter umido.

Trasmissione

primaria ad ingranaggi, finale a catena (16/42). Frizione multidisco in bagno d’olio, comando idraulico. Cambio a cinque marce.

Ciclistica

telaio a traliccio in tubi di acciaio; sospensione anteriore, forcella rovesciata da 48 mm completamente regolabile, escursione ruota 275 mm; sospensione posteriore, forcellone con monoammortizzatore completamente regolabile, escursione ruota 265 mm. Cerchi: anteriore 3,5x17’’, posteriore 5x17”. Pneumatici: anteriore 120/70-ZR17, posteriore 160/60- ZR17. Freni: anteriore a disco flottante in acciaio da 300 mm e pinza con attacco radiale a 4 pistoncini, posteriore a disco singolo in acciaio da 240 mm e pinza a singolo pistoncino.

Dimensioni

lunghezza nd, larghezza nd, altezza sella 900, interasse 1480. Peso a secco 139,5 kg.

Prestazioni

potenza 46,3 kW (62,7 CV) a 7500 giri, coppia 64 Nm (6,57 kgm) a 6000 giri.

Prestazioni

Il commento del centro prove

Pur essendo spinta da un monocilindrico, la KTM 690 SMC impressiona con prestazioni velocistiche di primissimo piano che la pongono nella parte alta della classifica di categoria. In accelerazione, le dirette rivali (quali BMW G 650 Xmoto o l’Husqvarna SM 610ie) inseguono sia sul traguardo dei 1500 m sia su quello dei 400 e dei 1000. Su quest’ultimo, la SMC transita a quasi 169 km/h, una manciata di km/h in meno della velocità massima registrata. Il problema più grande con questa essenziale motard è riuscire a tenere a terra la ruota anteriore nelle prime due marce, più facile a dirsi che a farsi. Davvero impressionanti i valori registrati nella prova di sorpasso dove le concorrenti accusano un distacco talvolta anche superiore ai due secondi, indice della bontà del propulsore ai medi. Nonostante il feeling eccellente con l’impianto, è risultata solo discreta la prova di frenata mentre è rimarchevole il valore relativo al peso in ordine di marcia. Pochi chili in meno e siamo a livello delle vere racing.

Curva di accelerazione

KTM 690 SMC

Condizione della prova

Cielo sereno
Vento 1 m/s
Temperatura aria 23°C
Pressione atmosferica 1011 mb
Temperatura asfalto 37°C

Rilevamenti

 
KTM
690 SMC

RILEVAMENTI

Velocità a 1500 m con partenza da fermo (tempo) 174,9 km/h (37,4 s)

ACCELERAZIONE

0-400 m 13,8 s (156,4 km/h)
0-1000 m 27,0 s (168,7 km/h)
0-90 km/h 4,2 s (54,2 m)
0-130 km/h 8,2 s (178,0 m)

PROVA SORPASSO (nella marcia più alta)

80-130 km/h 6,8 s (197,9 m)

FRENATA (compreso tempo di reazione convenzionale pari a 1 s)

130-80 km/h 2,5 s (80,2 m)
50-0 km/h 2,5 s (25,1 m)

CONSUMO

Urbano 11,8 km/l
Extraurbano 14,4 km/l
Autostrada (130 km/h indicati) 15,8 km/l

PESO

In ordine di marcia e serbatoio pieno 150,0 kg
Distribuzione masse senza conducente (% ant./post.) 46,5/53,5
Distribuzione masse con conducente (% ant./post.) 44,5/55,5

Pagelle

Pregi e difetti

 
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690 SMC

PREGI

Maneggevolezza, Prestazioni, Stabilita

DIFETTI

Comfort, Precisione cambio

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