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Tecnica: i sistemi antisaltellamento

il 02/04/2004 in Moto & Scooter

Dalle corse alla strada, la frizione “antisaltellamento” sembra essere il prossimo passo obbligato nell’evoluzione tecnica. La Adler ha progettato qualcosa che va addirittura oltre, la APTC

Tecnica: i sistemi antisaltellamento
Lo schema di una frizione "tipo"

Dalle corse alla strada, la frizione ?antisaltellamento? sembra essere il prossimo passo obbligato nell?evoluzione tecnica. La Adler ha progettato qualcosa che va addirittura oltre, la APTC

di Alberto Dell'Orto


Se in MotoGP e Superbike i piloti riescono a controllare una staccata alla morte, con scalata di due o tre marce e ingresso in curva in derapata non è solo merito loro.

Certo, ci vuole un bel pelo a mollare solo 100 metri prima di un tornantino mentre ci si avvicina a 250 all?ora, ma da quando i quattro tempi sono entrati sulla scena il giochino si è fatto un po? più complesso di quando la 500 era 500 e i due tempi erano signori incontrastati.
Sì, perché se prima scalare due marce aveva come unico problema da gestire un eventuale fuorigiri da trascinamento, oggi l?aspetto più critico che i piloti devono gestire è il freno motore, decisamente più energico in un quattro tempi. Al punto che, con il carico trasferito in gran parte sull?avantreno e la ruota posteriore che sfiora l?asfalto, la forza frenante trasmessa dalla catena può far perdere aderenza e causare slittamenti che, sollecitando per reazione la sospensione posteriore, porta a veri e propri saltellamenti della ruota motrice. Non è difficile immaginare, anche per chi non ha provato l?esperienza, cosa voglia dire una tale perturbazione del comportamento dinamico della moto in un momento tanto critico come l?ingresso in curva: sfruttare l?aderenza di un pneumatico che rimbalza a causa dell?elasticità della carcassa e della molla non è un?impresa facile.
E il problema non è agevolmente risolvibile aumentando il freno idraulico, anche perché ovviamente quello del saltellamento non è il solo fenomeno a cui l?ammortizzatore deve dare risposte adeguate; insomma, non è detto che, anche se si riuscisse a far sparire il femomeno, la taratura andrebbe bene per la guida normale... In più, i piloti lamentano comunque un?azione frenante troppo elevata del motore: la moto non scorre più dentro la curva una volta chiuso il gas, ma tende a rallentare in modo sensibile e indesiderato.



La soluzione che è stata trovata è la frizione ?antisaltellamento?, un brutto termine molto facile da capire, che indica non tanto le caratteristiche del sistema, quanto l?effetto ultimo che produce. Infatti sarebbe più corretto parlare di frizione ?a slittamento controllato unidirezionale?, perché in realtà si tratta di un meccanismo che, in caso di inversione della coppia applicata alla trasmissione (motore trascinato dalla ruota) è in grado di trasmettere coppie molto più ridotte, slittando quando l?effetto frenante del motore supera la soglia di progetto: la forza in eccesso permette al sistema di sollevamento del piatto spingidischi di vincere la resistenza della molla (o delle molle) e dunque di far slittare i dischi tra di loro, ottenendo in modo automatico lo stesso effetto che prima doveva essere gestito dal pilota modulando in rilascio la leva della frizione, con un intuibile e deleterio aumento dello stress di guida e delle possibilità di errore.
Per arrivare allo stesso risultato, la MV ha utilizzato un sistema differente, che non riduce l?affetto frenante del motore disgiungendo in qualche misura la trasmissione, ma facendo sì che il motore stesso eroghi una coppia frenante minore, perché uno dei cilindri viene mantenuto ?a minimo accelerato?.
I sistemi di cui ci interessiamo in questo articolo riguardano invece le frizioni. È interessante notare come, per aggirare brevetti o seguire intuizioni tecniche differenti, siano stati proposti diversi tipi di frizione ?antisaltellamento?, che utilizzano principi fisici differenti per ottenere lo stesso risultato


Due parole sul funzionamento della frizione, per la verità non molto intuitivo. La frizione di tipo motociclistico a dischi multipli è composta essenzialmente da un mozzo e una campana, una serie di dischi e un piatto spingidischi premuto da molle. La campana esterna e il mozzo interno sono concentrici ma liberi di ruotare l’uno rispetto all’altro: la campana, a cui è fissata la ruota dentata che prende il moto dall’albero motore, ruota folle sull’albero primario del cambio, mentre il mozzetto è vincolato a ruotare solidale ad esso. La trasmissione del movimento tra campana e mozzetto (e quindi, in ultima analisi, tra albero motore e cambio) è affidata a una serie di dischi che sono dotati, alternativamente, di risalti esterni o interni: i primi sono vincolati a ruotare con la campana (e quindi con l’albero motore), gli altri con il mozzo centrale (e dunque con il cambio). I dischi possono però scorrere assialmente, e dunque slittare tra di loro senza trasmettere il movimento fino a quando qualcosa non li “impacchi” esercitando una pressione che aumenti l’attrito tra un disco e l’altro fino a permettere di trasferire la coppia dalla campana al mozzetto.
Questo compito è affidato allo spingidisco, un piattello che ruota insieme al mozzetto e viene premuto contro i dischi dalla forza esercitata una o più molle che fanno reazione contro il mozzetto stesso: essendo quest’ultimo attaccato all’albero del cambio, lo spingidisco sarà forzato a “schiacciare” tra di loro i dischi e renderli dunque solidali. Il sistema di disinnesto comandato dalla leva al manubrio è fatto in modo da spingere (o tirare, dipende dallo schema) lo spingidisco in direzione opposta a quella di lavoro, vincendo la forza delle molle e premettendo ai dischi di slittare tra loro. Il sistema antisaltellamento, dunque, dovrà vincere almeno in parte la forza delle molle per permettere uno slittamento dei dischi.

- Lo schema classico:
Cosa succede nella frizione durante una scalata o semplicemente usando il freno motore? E’ semplice: si inverte la direzione della coppia. In pratica non è più la campana a trascinare il mozzetto, ma il contrario. Quindi la frizione antisaltellamento “tradizionale” sfrutta proprio questa inversione della coppia per ridurre la pressione sui dischi e permettere dunque che slittino quando l’effetto frenante del motore supera un determinato valore.


Come? Il mozzetto viene, in questo caso, realizzato in due pezzi: uno è l’indispensabile fondello di appoggio del pacco dei dischi, l’altro è il mozzetto vero e proprio, dotato di scanalature longitudinali e vincolato per mezzo di molle al piatto spingidisco.
Tra fondello e mozzetto è interposto un sistema di sollevamento unidirezionale, in pratica dei piani inclinati che, spesso tramite l’interposizione di sfere, permettono al piattello di separarsi leggermente dal mozzetto vincendo la resistenza delle molle di contrasto (che possono essere le stesse dello spingidisco o altre) e dunque di ridurre la pressione sul pacco dei dischi in modo da permettere un certo slittamento. C’è da notare che in questo caso il sistema è in qualche modo autoregolante, perché è proprio la trasmissione di coppia inversa a far aprire il meccanismo: appena i dischi cominciano a slittare la coppia trasmessa diminuisce, e dunque si giunge a una situazione di equilibrio tra slittamento e coppia, regolato dalla taratura delle molle di contrasto. L’aspetto non ottimale è dato dal fatto che l’inizio dello slittamento, che permette la rotazione relativa tra piattello e mozzetto, è permesso dal rilascio della frizione in scalata, ma per ottenere lo stesso effetto al semplice rilascio del gas bisogna che il freno motore sia sufficientemente energico da permettere l’innesco dello slittamento.


L’Aprilia, la prima Casa a proporre un sistema antisaltellamento di serie sulle sua RSV Mille, ha seguito un’altra strada: ha infatti utilizzato una normale frizione a dischi multipli in bagno d’olio. Al comando di disinnesto, però, è applicato un sistema denominato PPC che utilizza la depressione dei condotti di aspirazione come servoassistenza: al minimo, o quando si chiude il gas per cambiare, un polmone utilizza la depressione per “aiutare” il sistema di disinnesto. In caso di staccata, poi, l’elevata depressione che si crea all’interno dei condotti di aspirazione a valle delle farfalle permette addirittura di far slittare la frizione senza intervento esterno, raggiungendo così l’obbiettivo di eliminare i saltellamenti della ruota motrice.


La Adler, proprietaria del marchio Adige, è famosa non solo per la fabbricazione di lamelle, pastiglie e dischi frizione, ma anche per la progettazione e la costruzione di gruppi frizione completi. La frizione antisaltellamento proposta dall’azienda, già montata in serie dalla Ducati nel motore 620 della serie Monster e disponibile come aftermarket per quasi tutti i modelli Ducati, è stata nominata APTC, sigla che sta a significare Adler Power Torque Clutch, che possiamo descrivere come una frizione che utilizza la coppia trasmessa per modificare la pressione sui dischi.
In effetti lo schema di questa frizione appare allo stesso tempo tradizionale e rivoluzionario, che riesce, con un sistema concettualmente semplice, a utilizzare il verso della coppia per aumentare la pressione sui dischi in accelerazione e ridurla in rilascio.
Il sistema utilizza il principio del piano inclinato, esattamente come quelle tradizionali, ma lo trasferisce in un'altra zona della frizione, dove acquisisce nuove caratteristiche funzionali.



In pratica la APTC e una classica frizione a dischi multipli, in cui il mozzetto è diviso in due parti: una esterna, incorporata allo spingidisco e dotata esternamente delle scanalature in cui si impegnano i dischi condotti, e l’altra interna, che fa corpo unico con il piattello d’appoggio e viene vincolata all’albero primario. La forza che li tiene insieme è quella delle molle di contrasto, che in questo caso possono essere particolarmente morbide, permettendo così di ottenere un comando al manubrio molto leggero e modulabile. Sì, perché quella delle molle è solo una delle forze che impaccano i dischi: i due semi-mozzetti infatti scorrono uno rispetto all’altro vincolati in rotazione reciproca da un accoppiamento scanalato ad andamento elicoidale.



Il verso dell’elica è tale che, accelerando, i semi-mozzetti tendono a “chiudersi”, e dunque a ridurre lo spazio tra lo spingidisco e il piattello, spostamento che si traduce in un aumento di pressione sul pacco dei dischi che si somma alla forza delle molle. Al contrario, quando la coppia si inverte il mozzetto tende ad “aprirsi”, contrastando la forza delle molle e ottenendo l’effetto di ridurre la pressione dei dischi, in modo del tutto automatico e senza bisogno di “innesco”. In questa frizione l’inclinazione delle scanalature è dunque, al pari delle molle, un elemento di taratura del sistema: più inclinate sono le scanalature e maggiore sarà l’influenza della coppia sul carico applicato al pacco dei dischi.

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