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Honda EXP-2: la moto che poteva cambiare la storia

Redazione
dalla Redazione il 26/02/2024 in Moto & Scooter
Honda EXP-2: la moto che poteva cambiare la storia
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Honda portò alla Dakar 1995 una rivoluzionaria moto a due tempi da 400 cc., telaio in alluminio, iniezione elettronica e sistema ARC. Il quinto posto finale non fu sufficiente a far cambiare idea alla Casa dell'Ala e salvare i 2T dall’oblio

Riavvolgiamo il nastro: siamo alla partenza della Dakar 1995 e Honda, che da qualche anno non riesce a vincere con le bicilindriche, si presenta al via con una monocilindrica 2 tempi di soli 400 cc, dotata di iniezione elettronica e soprattutto della innovativa tecnologia ARC. La moto sviluppa 54 CV per 155 kg di peso a secco, ben più leggera delle "navi del deserto" a due cilindri. In sella alla EXP-2, Jean Brucy taglierà il traguardo al quinto posto assoluto: un risultato storico per il prototipo della Casa giapponese.

Secondo una normale logica, il segno tangibile che un piccolo monocilindrico 2T può essere competitivo contro i grossi mono e bicilindrici a quattro tempi. Consuma meno e quindi richiede meno benzina nel serbatoio, è più leggero e meno affaticante. E invece le cose andranno in maniera completamente differente. Honda, che non ha mai amato il 2T nonostante i raffinati sviluppi apportati alla sua tecnologia sia nel mondiale di velocità 500 GP che alla Dakar, diventerà la Casa che affosserà definitivamente il due tempi. A metà anni '90 infatti la dirigenza Honda aveva già deciso che il futuro sarebbe stato a 4T.

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Honda EXP-2: la moto che poteva cambiare la storia
Jean Brucy in gara alla Dakar 1995 con la Honda EXP-2

L'ultima carta

Il problema del motore 2T era (ed è) la difficoltà di controllare efficacemente le emissioni allo scarico, vista l'assenza delle valvole tipiche del 4T. Ma anche in Honda evidentemente non erano tutti allineati alle scelte dirigenziali (pare il primo nemico del 2T fosse proprio Soichiro Honda in persona) e qualcuno tentò l'ultima carta con la EXP-2, che in inglese possiamo interpretare come "esperimento a 2T" ma anche "data di scadenza del 2T"...

La Honda EXP-2 era un laboratorio viaggiante, progettato all'interno della HRC e con contenuti tecnologici che tutti gli altri, in quegli anni, potevano soltanto sognarsi. Disponeva di circa 52 CV e in configurazione Dakar con carenatura, serbatoi supplementari, paracoppa e sistemi di navigazione, pesava soltanto 155 kg in ordine di marcia, grazie al piccolo motore 2T dal basamento derivato da quello della CR 250 e al telaio in alluminio. In versione Baja, utilizzata per le gare nel deserto USA, con meno benzina a bordo il peso scendeva addirittura a 128 kg.

Honda EXP-2: la moto che poteva cambiare la storia
La Honda EXP-2 in versione Baja

Il sistema ARC

La parte più innovativa della EXP-2 era il piccolo monocilindrico due tempi, la cui cubatura esatta era di 402 cc. Per risolvere il problema dell'incompleta combustione e delle emissioni di incombusti che ha sempre afflitto il 2T, i giapponesi Honda provarono a farlo funzionare quasi come un Diesel, innescando una sorta di "detonazione controllata". In certe condizioni, la candela non scoccava la scintilla e la miscela si accendeva contemporaneamente in più punti dopo aver raggiunto condizioni di pressione e temperatura accuratamente calcolate. In questo modo era possibile bruciare completamente la carica introdotta.

Per realizzare questo sofisticato principio, il motore della EXP-2 era dotato di iniezione elettronica (prima pneumatica e diretta nei travasi, vagamente simile al sistema TPI di KTM e poi indiretta, di tipo PGM-FI) e di una particolare valvola allo scarico denominata ARC (Advanced Radical Control), che chiudendo in anticipo la luce di scarico permetteva di creare le giuste condizioni di pressione e temperatura e soprattutto di trattenere all'interno del cilindro gran parte dei gas incombusti, utilizzandoli poi per innescare la combustione successiva (i radicali liberi citati nel nome). In pratica la candela era necessaria soltanto ai regimi più bassi, mentre da un certo valore in poi l'accensione era determinata dai valori di pressione e temperatura. Il tutto era gestito da una elettronica molto evoluta per i tempi. 

L’autoaccensione della miscela, un principio fin lì studiato soltanto nei laboratori, veniva così portato direttamente nella gara più dura del mondo, per testarlo nelle condizioni più estreme possibili: freddo gelido la mattina, caldo torrido di giorno, sabbia fine e manetta sempre aperta.

Honda EXP-2: la moto che poteva cambiare la storia
Il cilindro da 402 cc. e la (voluminosa) valvola ARC

Una battaglia vinta, la guerra persa

Ammirata e lodata da tutti, la EXP-2 dimostrò sul terreno il suo valore. Alla prima uscita centrò subito la top 5, e se non fosse stato per Fabrizio Meoni, quarto da privato con la XR 600 Dallara, sarebbe stata la miglior Honda al traguardo. I suoi consumi in gara, sui terreni sabbiosi della Dakar, si attestavano su valori che andavano da 8 litri/100 km a un massimo di 13 litri/100 km.

Tutto bene quindi? Non proprio. Quando tutti si aspettavano di rivedere la EXP-2 evoluta e magari affidata a un top rider nell'edizione 1996 della Dakar, Honda decise invece di accantonarla. Nonostante i risultati sportivi e tecnici estremamente positivi e l’affidabilità dimostrata, lo sviluppo del futuristico 2T non ebbe seguito. Nel 1998 la tecnologia ARC fu ripresa in versione semplificata - senza iniezione elettronica ma con catalizzatore - sul Pantheon 125 e 150, l'ultimo grosso scooter 2T prodotto da Honda.

Anche in quel caso i risultati in termini di erogazione, silenziosità, emissioni e consumi erano decisamente incoraggianti, ma il futuro del 2T era già stato scritto, senza tenere in considerazione la storia della valorosa EXP-2, che finì la sua carriera nel Museo Honda di Motegi. Honda abbandonò definitivamente la tecnologia del due tempi, anche a costo di sviluppare al suo posto 4T complessi e costosi (il 50 cc dello scooter Zoomer, il 150 della CRF150 da cross, il 298 della Montesa Cota 301RR da Trial), trascinandosi dietro le altre Case giapponesi.

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