Era il 1994, in piena febbre da naked, quando KTM fece il grande passo: il passo fuori dalla terra.

Sì, c’era già stato qualche modello stradale e anche qualche scooter, ma la Casa di Mattighofen viveva di ruote tassellate. E in quel 1994 la crisi era a dir poco fresca (la società era stata messa in liquidazione a fine 1991 e divisa in tre l’anno successivo), ma KTM aveva già chiara la direzione: diventare il marchio più aggressivamente sportivo del mondo.

I primi anni della KTM Duke: quasi una motard

Le risorse, tuttavia, erano ancora limitate e la Duke fu fatta con quel che c’era in casa: il motore LC4 nato per le enduro racing (declinato in due cilindrate, 400 e 620), un telaio da enduro, sospensioni WP e un’impostazione da supermoto, ovvero quanto c’era di più vicino alla strada in ambito off-road.

Di una supermoto la Duke aveva anche il comportamento dinamico: leggera, agilissima, terribilmente reattiva. Poi era alta di sella, senza protezione aerodinamica, infestata dalle vibrazioni, inadatta ai viaggi: una moto di nicchia, destinata agli amanti della guida, ma che sui passi alpini e appenninici fece impallidire diversi possessori di supersportive posizionando stabilmente il nome Duke nell’immaginario collettivo. Fu anche la prima KTM stradale arancione, e una delle prime KTM arancioni in assoluto.

Dalla Duke alla Super Duke

Col passare del tempo, una KTM sempre più orange e in salute confezionò il concetto in maniera diversa: motori a due cilindri con tanta potenza, aspetto e indole più da naked e meno da supermoto. Ma sempre la stessa leggerezza estrema, sempre lo stesso furore compresso. Col motore V-twin LC8, dal 2005 la Duke divenne Super, come le preoccupazioni di chi la incontrava per strada.

Mentre la sorella monocilindrica abbatte un’edizione dopo l’altra tutti i luoghi comuni sui motori monocilindrici, riducendo le vibrazioni e aumentando l’allungo come sui suoi motori da corsa, la SuperDuke completa la sua metamorfosi con la 1290 SuperDuke R, presentata come un concept con nomignolo “The Beast” e che lascia tutti senza fiato quando di lei i vertici KTM dicono “questa la produrremo così com’è”.

Dalla Bestia al Bisturi

Da quel primo esperimento del 1994 KTM è completamente cambiata. Oggi è il più grande costruttore europeo, ha assorbito altri marchi e moltiplicato la sua offerta stradale, soprattutto con le grandi Adventure. Ma la Duke resta al cuore della gamma, appariscente, estrema: una dichiarazione di attitudine “Ready To Race” con le gomme lisce. Nel frattempo è arrivata una sorellina più a misura d’uomo e delle nostre strade, lanciata tanto per mettere le cose in chiaro con il soprannome “The Scalpel”, il Bisturi.

KTM Duke: passato, presente e futuro

La Duke non è la KTM che ha venduto di più in questi anni, ma è il filo… arancione che collega passato, presente e futuro dell’azienda e che ha saldato la sua produzione off-road a quella stradale. È forse l’unica KTM 100% stradale ad essersi realmente imposta entrando nell’immaginario collettivo, e resta per questo un patrimonio inestimabile per l’azienda, per tanti versi più importante delle RC e delle Adventure. Non è una moto che stuzzichi la voglia di tirarci fuori una special o farci un raduno: i suoi possessori la trattano con riverenza, aggiungendo al massimo uno scarico e qualche chicca ricavata dal pieno.

Ma è impossibile cambiare i connotati alla Bestia, o anche solo maneggiare il Bisturi con leggerezza. Non è un caso se è stata KTM la prima a dar segni di risveglio nel segmento delle 125 dopo il tramonto delle 2T: e lo ha fatto appunto con una bellissima incarnazione 125 4T della Duke, che non ha mancato di diventare la più desiderata dai sedicenni garantendo al filone genealogico di questo modello ancora un lungo futuro di passione. Ma a quanto pare molto bolle in pentola e ad Eicma si annunciano grosse novità anche per quanto riguarda la famiglia Duke.