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Moto & Scooter
Oro nero per le moto
di Alan Cathcart, foto di Jay Groat
il 20/07/2011 in Moto & Scooter
La ditta sudafricana BST, fondata da un ex corridore, produce ruote in fibra di carbonio dalle caratteristiche, dalle prestazioni – e dal costo – eccezionali
Oro nero per le moto
Johannesburg, in Sudafrica, è una città costruita sull'oro, dove sono stati scoperti i giacimenti più ricchi al mondo di questo strano metallo che le signore amano e per il quale gli uomini sono disposti a rapinare le banche.
Tuttavia, oggi esiste anche un altro prezioso materiale prodotto da quelle parti ad opera della BlackStone Tek (o BST), i cui fondatori Gary Turner e Terry Annecke hanno basato l'attività della loro azienda sulla produzione di ruote in fibra di carbonio, le cui doti di leggerezza e resistenza si adattano perfettamente alle applicazioni in ambito motociclistico sia per quanto riguarda il settore racing che per quello stradale. Per questo, ad esempio, sono le uniche ruote al mondo che sono omologate per l'uso stradale direttamente dal TüV in base allo standard ISO 9001:2000, che comprende severi controlli a livello di produzione oltre che di resistenza ai fattori atmosferici, come freddo, pioggia e raggi ultravioletti.
Tuttavia, oggi esiste anche un altro prezioso materiale prodotto da quelle parti ad opera della BlackStone Tek (o BST), i cui fondatori Gary Turner e Terry Annecke hanno basato l'attività della loro azienda sulla produzione di ruote in fibra di carbonio, le cui doti di leggerezza e resistenza si adattano perfettamente alle applicazioni in ambito motociclistico sia per quanto riguarda il settore racing che per quello stradale. Per questo, ad esempio, sono le uniche ruote al mondo che sono omologate per l'uso stradale direttamente dal TüV in base allo standard ISO 9001:2000, che comprende severi controlli a livello di produzione oltre che di resistenza ai fattori atmosferici, come freddo, pioggia e raggi ultravioletti.
Da quando la società ha iniziato la sua attività produttiva, nel 2002, sono stati realizzati più di 10.000 cerchi in carbonio BST con struttura monoscocca (che non consiste in più parti assemblate insieme, ma in un unico manufatto a cinque o sette razze cave), muniti di mozzi in alluminio ricavato dal pieno, secondo una procedura brevettata all'interno di uno stabilimento di 4900 metri quadri dove lavorano 30 dipendenti, in gran parte appartenenti alla comunità indigena africana.
Tutto ciò è anche valso alla BST numerosi riconoscimenti, tra cui, nel 2008, la nomina da parte del governo sudafricano come "Proudly South African" in merito al programma di innovazione industriale.
Tutto ciò è anche valso alla BST numerosi riconoscimenti, tra cui, nel 2008, la nomina da parte del governo sudafricano come "Proudly South African" in merito al programma di innovazione industriale.
I prodotti BST sono venduti in tutto il mondo. Un paio di cerchi "stradali" con cuscinetti in acciaio costa circa 3.750 dollari, indipendentemente dalle misure, mentre per una coppia di cerchi con cuscinetti in ceramica ci vogliono circa 4.000 dollari. Allo stesso tempo, anche in ambito agonistico sono sempre più numerosi i team nella MotoGP, nella Superbike e nel Supermotard che si affidano alla qualità dell'azienda sudafricana, compresa la MotoCzysz e1pc (per la quale la BST ha costruito anche il telaio in fibra di carbonio) che nel 2010 ha vinto sia il TT dell'Isola di Man che il Gran Premio di Laguna Seca nel campionato riservato alle moto elettriche.
Le ruote BST, infatti, non sono solo belle da vedere. "I cerchi in fibra di carbonio rappresentano l'elemento più importante che si possa acquistare laddove si voglia migliorare le prestazioni di una moto. – spiega l'ex pilota Gary Turner, 44 anni, progettista della BlackStone Tek – grazie ad essi si ottiene anche un immediato miglioramento del comportamento dinamico, qualcosa che il pilota sente subito!".
Questo vantaggio istantaneo deriva dal fatto che, oltre ai ben noti benefici a livello di maneggevolezza e di minor lavoro da parte delle sospensioni, le ruote in carbonio BST garantiscono anche una superiore accelerazione e una migliore frenata, grazie alla loro leggerezza (in particolar modo per quanto riguarda il canale), riducendo il momento di inerzia. Il loro peso contenuto si traduce in un minor sforzo per mettere in movimento la ruota in accelerazione e lo stesso vale per la frenata. La riduzione delle masse non sospese, poi, rende decisamente meno gravoso il lavoro delle sospensioni, nel senso che sia la forcella che l'ammortizzatore hanno una minore massa da gestire. Infine, poter disporre di ruote più leggere rappresenta anche un fattore chiave per il miglioramento della maneggevolezza della moto stessa, grazie alla riduzione degli effetti giroscopici.
"Le ruote BST comportano un risparmio di peso tra il 40 e il 60% per quanto riguarda le masse non sospese, a seconda delle loro dimensioni. – spiega Turner – Tuttavia, la cosa ancora più importante è che il canale risulta molto più leggero, mentre la maggior parte della massa è concentrata nel mozzo in metallo. Quest'ultimo, infatti, influisce in quantità decisamente inferiore sulle 'prestazioni' della ruota rispetto a quanto non faccia il canale, che si comporta esattamente come un volano. Quanta più massa è distribuita lontano dall'asse di rotazione del cerchio, tanta più energia serve per metterlo in movimento. Il fatto è che l'energia, in questo caso, proviene direttamente dal motore, per questo le ruote in fibra di carbonio, caratterizzate da un canale più leggero di qualsiasi altra ruota in metallo, comprese quelle in magnesio forgiato, migliorano effettivamente le prestazioni della moto, facendola accelerare più velocemente".
Questo vantaggio istantaneo deriva dal fatto che, oltre ai ben noti benefici a livello di maneggevolezza e di minor lavoro da parte delle sospensioni, le ruote in carbonio BST garantiscono anche una superiore accelerazione e una migliore frenata, grazie alla loro leggerezza (in particolar modo per quanto riguarda il canale), riducendo il momento di inerzia. Il loro peso contenuto si traduce in un minor sforzo per mettere in movimento la ruota in accelerazione e lo stesso vale per la frenata. La riduzione delle masse non sospese, poi, rende decisamente meno gravoso il lavoro delle sospensioni, nel senso che sia la forcella che l'ammortizzatore hanno una minore massa da gestire. Infine, poter disporre di ruote più leggere rappresenta anche un fattore chiave per il miglioramento della maneggevolezza della moto stessa, grazie alla riduzione degli effetti giroscopici.
"Le ruote BST comportano un risparmio di peso tra il 40 e il 60% per quanto riguarda le masse non sospese, a seconda delle loro dimensioni. – spiega Turner – Tuttavia, la cosa ancora più importante è che il canale risulta molto più leggero, mentre la maggior parte della massa è concentrata nel mozzo in metallo. Quest'ultimo, infatti, influisce in quantità decisamente inferiore sulle 'prestazioni' della ruota rispetto a quanto non faccia il canale, che si comporta esattamente come un volano. Quanta più massa è distribuita lontano dall'asse di rotazione del cerchio, tanta più energia serve per metterlo in movimento. Il fatto è che l'energia, in questo caso, proviene direttamente dal motore, per questo le ruote in fibra di carbonio, caratterizzate da un canale più leggero di qualsiasi altra ruota in metallo, comprese quelle in magnesio forgiato, migliorano effettivamente le prestazioni della moto, facendola accelerare più velocemente".
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La BST sostiene che un normale set di cerchi in lega d'alluminio da 17", come quelli, tanto per fare un esempio, della Yamaha R1 o della Honda Fireblade, pesano circa 10 Kg: 3,5 Kg quello anteriore con canale da 3,50" e 6,5 Kg quello posteriore con canale da 6,00", mentre un set di cerchi BST in fibra di carbonio pesa esattamente la metà, con 2,1 Kg per l'anteriore e 2,9 Kg per il posteriore.
Essere riusciti a dimezzare le masse non sospese è di per sé un risultato impressionante, ma il fatto che questo risparmio di peso sia concentrato sul canale e sulle razze porta addirittura a una riduzione dell'inerzia fino al 140%, secondo Turner, il quale sostiene che questa differenza si traduce in 5 CV di potenza "risparmiati" per accelerare la moto da 0 a 200 Km/h. Un vantaggio che, naturalmente, si riflette positivamente anche a livello di tempi sul giro. Io stesso posso confermarlo essendo stato, negli anni Novanta, tra i primi a collaudare i cerchi in carbonio della britannica Dymag (anche se questi ultimi non hanno mai previsto un impiego stradale, essendo destinati solo ed esclusivamente alle competizioni), prima che l'azienda chiudesse i battenti spianando di fatto la strada alla BST. Basti dire che su un tracciato di 4 Km era possibile abbassare il proprio tempo sul giro di oltre un secondo grazie alla semplice sostituzione dei cerchi di serie con quelli in carbonio, senza contare i vantaggi in termini di minore affaticamento nella guida dovuti a uno sterzo sensibilmente più leggero.
Gary Turner è un ex pilota di velocità che, verso la metà degli anni Novanta, quando viveva in Olanda, correva con una Ducati Supermono nel Campionato Europeo della categoria, che all'epoca si disputava come gara di contorno al Mondiale Superbike.
"La fibra di carbonio aveva da poco fatto la sua comparsa sulle moto ufficiali e io coprivo le mie spese per correre lavorando presso la Pro Carbon, un'azienda che produceva e vendeva componenti in fibra di carbonio come carenature, parafanghi, cover, ecc. Tutta roba che oggi è diventata di uso comune. – ricorda Turner – L'idea di realizzare un cerchio in fibra di carbonio non mi era ancora venuta in mente, ma poi ho visto il prototipo delle ruote Dymag sulla Supermono di Alan Cathcart e ho iniziato a pensarci su. Del resto, i Supermono giapponesi come la Over-Yamaha e la BMR Suzuki si erano già spinti oltre la soglia dei 750 cc, mentre la mia Ducati di 578 cc doveva lottare strenuamente per tenere il passo. Così ho pensato che era giunto il momento di dare una sorta di aiutino alla moto e ho iniziato a sviluppare una coppia di ruote in fibra di carbonio che riducessero l'inerzia rotazionale, contribuendo a migliorare l'accelerazione e sopperendo alla carenza di coppia nei confronti degli altri monocilindrici. Ecco come tutto ha avuto inizio!".
Oggi, la Supermoto di Gary fa bella mostra di sé nella hall dello stabilimento BST, a fianco di una delle dieci Britten V-1000 costruite da John Britten prima della sua prematura scomparsa, avvenuta nel 1995.
Essere riusciti a dimezzare le masse non sospese è di per sé un risultato impressionante, ma il fatto che questo risparmio di peso sia concentrato sul canale e sulle razze porta addirittura a una riduzione dell'inerzia fino al 140%, secondo Turner, il quale sostiene che questa differenza si traduce in 5 CV di potenza "risparmiati" per accelerare la moto da 0 a 200 Km/h. Un vantaggio che, naturalmente, si riflette positivamente anche a livello di tempi sul giro. Io stesso posso confermarlo essendo stato, negli anni Novanta, tra i primi a collaudare i cerchi in carbonio della britannica Dymag (anche se questi ultimi non hanno mai previsto un impiego stradale, essendo destinati solo ed esclusivamente alle competizioni), prima che l'azienda chiudesse i battenti spianando di fatto la strada alla BST. Basti dire che su un tracciato di 4 Km era possibile abbassare il proprio tempo sul giro di oltre un secondo grazie alla semplice sostituzione dei cerchi di serie con quelli in carbonio, senza contare i vantaggi in termini di minore affaticamento nella guida dovuti a uno sterzo sensibilmente più leggero.
Gary Turner è un ex pilota di velocità che, verso la metà degli anni Novanta, quando viveva in Olanda, correva con una Ducati Supermono nel Campionato Europeo della categoria, che all'epoca si disputava come gara di contorno al Mondiale Superbike.
"La fibra di carbonio aveva da poco fatto la sua comparsa sulle moto ufficiali e io coprivo le mie spese per correre lavorando presso la Pro Carbon, un'azienda che produceva e vendeva componenti in fibra di carbonio come carenature, parafanghi, cover, ecc. Tutta roba che oggi è diventata di uso comune. – ricorda Turner – L'idea di realizzare un cerchio in fibra di carbonio non mi era ancora venuta in mente, ma poi ho visto il prototipo delle ruote Dymag sulla Supermono di Alan Cathcart e ho iniziato a pensarci su. Del resto, i Supermono giapponesi come la Over-Yamaha e la BMR Suzuki si erano già spinti oltre la soglia dei 750 cc, mentre la mia Ducati di 578 cc doveva lottare strenuamente per tenere il passo. Così ho pensato che era giunto il momento di dare una sorta di aiutino alla moto e ho iniziato a sviluppare una coppia di ruote in fibra di carbonio che riducessero l'inerzia rotazionale, contribuendo a migliorare l'accelerazione e sopperendo alla carenza di coppia nei confronti degli altri monocilindrici. Ecco come tutto ha avuto inizio!".
Oggi, la Supermoto di Gary fa bella mostra di sé nella hall dello stabilimento BST, a fianco di una delle dieci Britten V-1000 costruite da John Britten prima della sua prematura scomparsa, avvenuta nel 1995.
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Il Sudafrica si era già distinto nello sviluppo di applicazioni legate alla fibra di carbonio, in particolare nella creazione del Rooivalk, un elicottero da combattimento (con gran parte della fusoliera in fibra di carbonio) che ha effettuato il suo primo volo nel 1990. Si tratta di un oggetto notevole (realizzato in 12 esempi dalla Denel Aviation all'interno della fabbrica di Centurion, a nord di Johannesburg, tra il 1990 e il 2001), che può addirittura permettersi il volo rovescio. La conoscenza di quel progetto ha permesso alla Aerotek, la divisione aeronautica del CSIR (ovvero il reparto di ricerca e sviluppo tecnologico del governo Sudafricano, il cui compito è quello di cercare nuove applicazioni per i progressi tecnici realizzati nel campo della progettazione aeronautica) di produrre, nel 1991, il prototipo di una ruota per moto in fibra di carbonio grazie alla collaborazione della Adept, una fabbrica di ruote locale, anche se i relativi tentativi di commercializzazione sono naufragati quando la Adept ha chiuso i battenti a metà degli anni Novanta.
Gary Turner aveva sentito parlare dell'idea di produrre un cerchio in fibra di carbonio da parte della Aerotek e, al suo rientro in Sudafrica nel 2000, ha cercato di rintracciare i resti di questo progetto, scoprendo che, nonostante di quest'ultimo non fosse rimasto niente, si era nel frattempo resa disponibile una tecnologia fondamentale che poteva essere liberamente utilizzata per realizzare il prototipo dei cerchi BST.
"Volevo realizzare un design monoscocca, ma non aveva ancora trovato un modo per ottenere le razze cave. – spiega – Alla fine mi è venuta l'idea del silicone e da lì mi sono messo al lavoro affinché la cosa funzionasse. Il fatto positivo è che le fibre composite, rispetto ai metalli, si adattano con maggiore flessibilità nei confronti di ciò che uno vuole fare. È molto difficile fondere o forgiare qualsiasi tipo di metallo all'interno del proprio garage, mentre la laminazione delle fibre composite consente di effettuare un sacco di esperimenti anche in una normalissima officina ed è esattamente quello che ho fatto io stesso quando mi è venuta l'idea del silicone".
Il segreto di Turner stava nel creare un'anima di silicone all'interno di ogni razza intorno alla quale poter laminare la fibra di carbonio. A quel punto, però, doveva perfezionare questa tecnologia produttiva e, soprattutto, mettere in piedi una vera e propria struttura aziendale che gli garantisse il risultato finale.
Così, nel 2001, quando ha conosciuto Terry Annecke, è nata la BlackStone Tek. Quale ex uomo marketing della IBM System Engineer, Annecke è stato prima ingaggiato dalla Microsoft per diventare il Direttore Marketing Sudafrica del colosso del software americano, impiego che ha svolto per quattro anni, dopo di che si è messo in cerca di nuovi stimoli.
"Quando ci siamo incontrati, Gary stava cercando di organizzare la BST da solo e stava appunto cercando un socio che si occupasse della gestione economica dell'azienda dandogli la possibilità di concentrarsi interamente sulla parte tecnica. – spiega Terry – Vista la mia esperienza nel marketing, dunque, sembrava che quel posto facesse proprio al caso mio". Oggi, Turner e Annecke detengono il 75% dell'azienda, anche se tra i soci di minoranza figurano comunque alcuni nomi importanti, come quello della Thales, azienda francese specializzata in sistemi di difesa hi-tech…!
Gary Turner aveva sentito parlare dell'idea di produrre un cerchio in fibra di carbonio da parte della Aerotek e, al suo rientro in Sudafrica nel 2000, ha cercato di rintracciare i resti di questo progetto, scoprendo che, nonostante di quest'ultimo non fosse rimasto niente, si era nel frattempo resa disponibile una tecnologia fondamentale che poteva essere liberamente utilizzata per realizzare il prototipo dei cerchi BST.
"Volevo realizzare un design monoscocca, ma non aveva ancora trovato un modo per ottenere le razze cave. – spiega – Alla fine mi è venuta l'idea del silicone e da lì mi sono messo al lavoro affinché la cosa funzionasse. Il fatto positivo è che le fibre composite, rispetto ai metalli, si adattano con maggiore flessibilità nei confronti di ciò che uno vuole fare. È molto difficile fondere o forgiare qualsiasi tipo di metallo all'interno del proprio garage, mentre la laminazione delle fibre composite consente di effettuare un sacco di esperimenti anche in una normalissima officina ed è esattamente quello che ho fatto io stesso quando mi è venuta l'idea del silicone".
Il segreto di Turner stava nel creare un'anima di silicone all'interno di ogni razza intorno alla quale poter laminare la fibra di carbonio. A quel punto, però, doveva perfezionare questa tecnologia produttiva e, soprattutto, mettere in piedi una vera e propria struttura aziendale che gli garantisse il risultato finale.
Così, nel 2001, quando ha conosciuto Terry Annecke, è nata la BlackStone Tek. Quale ex uomo marketing della IBM System Engineer, Annecke è stato prima ingaggiato dalla Microsoft per diventare il Direttore Marketing Sudafrica del colosso del software americano, impiego che ha svolto per quattro anni, dopo di che si è messo in cerca di nuovi stimoli.
"Quando ci siamo incontrati, Gary stava cercando di organizzare la BST da solo e stava appunto cercando un socio che si occupasse della gestione economica dell'azienda dandogli la possibilità di concentrarsi interamente sulla parte tecnica. – spiega Terry – Vista la mia esperienza nel marketing, dunque, sembrava che quel posto facesse proprio al caso mio". Oggi, Turner e Annecke detengono il 75% dell'azienda, anche se tra i soci di minoranza figurano comunque alcuni nomi importanti, come quello della Thales, azienda francese specializzata in sistemi di difesa hi-tech…!
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Nel luglio del 2002, dunque, la BST ha inaugurato la sua nuova sede e la prima coppia di cerchi in fibra di carbonio dell'azienda sudafricana è stata immessa sul mercato nell'ottobre dello stesso anno, dopodiché la produzione è gradualmente aumentata fino a raggiungere il regime di circa 2000 ruote all'anno. La gamma produttiva è suddivisa in circa 30 modelli diversi, con diametri che vanno dai 16 ai 21 pollici (anche se ultimamente sono stati introdotti anche cerchi da 12" destinati a equipaggiare una serie di minimoto giapponesi!) e con canali di larghezza compresa tra i 2,50" e gli 8,00".
La tecnologia produttiva prevede sempre lo stesso procedimento e la stessa manodopera specializzata (che per il 50% è costituita da donne) e viene portata avanti all'interno di ambienti ad atmosfera controllata, in modo che la polvere o altre impurità non vadano a "inquinare" l'integrità del prodotto finale durante la lavorazione. La materia prima consiste in speciali fogli di carbonio preimpregnato, con la trama intrecciata secondo un particolare orientamento, imbevuti di resine epossidiche e che presentano un potente collante su un lato e una pellicola protettiva sull'altro. I fogli di carbonio vengono forniti alla BST sotto forma di grossi rotoli dalla inglese ACG (Advance Composites Group), con sede nel Derbyshire, non lontano dal circuito di Donington Park, e ogni cerchio BST comprende dai 130 ai 180 singoli elementi in fibra di carbonio, ognuno dei quali viene prima tagliato al laser con macchine a controllo numerico e poi numerato individualmente. L'assemblaggio prende il via non appena tutti gli elementi che compongono una singola ruota vengono disposti su un tavolo di lavoro in base alla loro numerazione progressiva, compresi naturalmente quelli in metallo, come ad esempio i sofisticatissimi mozzi, che vengono realizzati internamente alla BST grazie a ben tredici macchine a controllo numerico.
Ogni ruota è inizialmente costruita in due metà, che poi vengono unite in un'unica struttura prima della cottura in autoclave. Ogni fase del processo viene monitorata e l'intera storia di ogni cerchio viene memorizzata e associata al suo numero di serie. Questo significa che le ruote BST possono essere revisionate o riparate, anche in caso di danni derivanti da un urto o, magari, dall'errato montaggio di un pneumatico.
È interessante notare che la fibra di carbonio preimpregnata deve essere conservata a una temperatura molto bassa per evitare che le sue caratteristiche decadano, per cui ogni nuovo rotolo viene spedito in Sudafrica dal Regno Unito in confezioni di ghiaccio secco, dopodiché viene stoccato in una cella frigorifera presso lo stabilimento della BST a -20 °C. A questa temperatura, il materiale ha un'autonomia di circa un anno, ma deve essere comunque estratto dalla cella e riscaldato fino a 0 °C una volta al giorno per mantenere "attive" le resine epossidiche. Insomma, la lavorazione della fibra di carbonio non è poi così semplice come si potrebbe pensare....!
La tenacia di Gary Turner nel voler caratterizzare i cerchi BST con una struttura monoscocca e razze cave (in modo da ridurre il peso della ruota stessa senza comprometterne la resistenza) lo ha portato a definire un "puzzle" di inserti in silicone dall'apposita forma che vengono a loro volta sostenuti dagli stampi in metallo all'interno delle razze e poi avvolti con i fogli di carbonio. Una volta completato, il cerchio viene messo sottovuoto in uno speciale sacchetto di plastica e cotto per quattro o cinque ore in uno dei due forni della BST, a 125 ºC di temperatura e 6,0 bar di pressione. Con il calore, il silicone si espande andando a riempire perfettamente l'interno delle razze, ma poi, quando la temperatura torna a scendere, si "ritira", andando a occupare uno spazio inferiore rispetto a quello che occupava all'inizio, in modo da poter essere estratto verso l'esterno attraverso le aperture presenti sul canale in corrispondenza delle razze stesse.
La tecnologia produttiva prevede sempre lo stesso procedimento e la stessa manodopera specializzata (che per il 50% è costituita da donne) e viene portata avanti all'interno di ambienti ad atmosfera controllata, in modo che la polvere o altre impurità non vadano a "inquinare" l'integrità del prodotto finale durante la lavorazione. La materia prima consiste in speciali fogli di carbonio preimpregnato, con la trama intrecciata secondo un particolare orientamento, imbevuti di resine epossidiche e che presentano un potente collante su un lato e una pellicola protettiva sull'altro. I fogli di carbonio vengono forniti alla BST sotto forma di grossi rotoli dalla inglese ACG (Advance Composites Group), con sede nel Derbyshire, non lontano dal circuito di Donington Park, e ogni cerchio BST comprende dai 130 ai 180 singoli elementi in fibra di carbonio, ognuno dei quali viene prima tagliato al laser con macchine a controllo numerico e poi numerato individualmente. L'assemblaggio prende il via non appena tutti gli elementi che compongono una singola ruota vengono disposti su un tavolo di lavoro in base alla loro numerazione progressiva, compresi naturalmente quelli in metallo, come ad esempio i sofisticatissimi mozzi, che vengono realizzati internamente alla BST grazie a ben tredici macchine a controllo numerico.
Ogni ruota è inizialmente costruita in due metà, che poi vengono unite in un'unica struttura prima della cottura in autoclave. Ogni fase del processo viene monitorata e l'intera storia di ogni cerchio viene memorizzata e associata al suo numero di serie. Questo significa che le ruote BST possono essere revisionate o riparate, anche in caso di danni derivanti da un urto o, magari, dall'errato montaggio di un pneumatico.
È interessante notare che la fibra di carbonio preimpregnata deve essere conservata a una temperatura molto bassa per evitare che le sue caratteristiche decadano, per cui ogni nuovo rotolo viene spedito in Sudafrica dal Regno Unito in confezioni di ghiaccio secco, dopodiché viene stoccato in una cella frigorifera presso lo stabilimento della BST a -20 °C. A questa temperatura, il materiale ha un'autonomia di circa un anno, ma deve essere comunque estratto dalla cella e riscaldato fino a 0 °C una volta al giorno per mantenere "attive" le resine epossidiche. Insomma, la lavorazione della fibra di carbonio non è poi così semplice come si potrebbe pensare....!
La tenacia di Gary Turner nel voler caratterizzare i cerchi BST con una struttura monoscocca e razze cave (in modo da ridurre il peso della ruota stessa senza comprometterne la resistenza) lo ha portato a definire un "puzzle" di inserti in silicone dall'apposita forma che vengono a loro volta sostenuti dagli stampi in metallo all'interno delle razze e poi avvolti con i fogli di carbonio. Una volta completato, il cerchio viene messo sottovuoto in uno speciale sacchetto di plastica e cotto per quattro o cinque ore in uno dei due forni della BST, a 125 ºC di temperatura e 6,0 bar di pressione. Con il calore, il silicone si espande andando a riempire perfettamente l'interno delle razze, ma poi, quando la temperatura torna a scendere, si "ritira", andando a occupare uno spazio inferiore rispetto a quello che occupava all'inizio, in modo da poter essere estratto verso l'esterno attraverso le aperture presenti sul canale in corrispondenza delle razze stesse.
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Quando la fase di cottura è terminata, la ruota viene rimossa dallo stampo e controllata con attenzione per individuare eventuali difetti visivi, poi viene pesata per verificare che garantisca le specifiche desiderate. Il cosiddetto "grezzo" viene poi ulteriormente lavorato e sottoposto a vari processi di finitura, prima di "ricevere" il mozzo, i relativi cuscinetti ed essere coperto da una speciale vernice messa a punto dalla sudafricana Aer-o-Mix, che assicura 50 anni di protezione contro i raggi UV. Al termine di queste operazioni, infine, il cerchio subisce un'ulteriore ispezione qualitativa.
Il mozzo è collegato al cerchio in fibra di carbonio attraverso un sistema unico, che prevede sia un fissaggio di tipo meccanico, sia uno di tipo adesivo, entrambi di derivazione aerospaziale. I cerchi posteriori vengono poi equipaggiati con un pneumatico Metzeler (delle giuste dimensioni) gonfiato a 4,0 bar e lasciato "riposare" per 24 ore, durante le quali la pressione deve naturalmente rimanere costante senza margini d'errore.
Ultimamente, la BST si è messa a produrre anche forcelloni monobraccio in fibra di carbonio per la Ducati 1098 e, presto, farà altrettanto per i modelli della MV Agusta. L'azienda sudafricana cura inoltre sia la progettazione che la realizzazione delle attrezzature necessarie per costruire i pezzi che le vengono commissionati dall'esterno, come il telaietto posteriore di una moderna Moto Guzzi, il serbatoio della KTM RC8, il telaio e la sospensione anteriore della Confederate Wraith e molti particolari della nuova Norton Commando, tra cui il cupolino, i parafanghi, le cover per il motore, ecc.
Per tenere sotto controllo la qualità del proprio processo di fabbricazione, la BST effettua regolarmente alcune prove di impatto conformi agli standard del TüV, sottoponendo la ruota anteriore a un urto con carico di 300 Kg e quella posteriore a un urto con carico di 455 Kg.
"Riteniamo che le nostra ruote in fibra di carbonio siano molto più resistenti e leggere rispetto a quelle in magnesio forgiato" - afferma Turner.
Naturalmente, i test di impatto che vengono effettuati all'interno della BST rappresentano un metodo per dimostrarlo, così come quelli di torsione, che prevedono l'applicazione di forze cicliche fino a 540 Nm sulle ruote anteriori, fino a 600 Nm sulle ruote posteriori tradizionali e fino a 700 Nm su quelle a sbalzo.
La BST è dunque titolare di un prodotto ancora piuttosto raro nel mondo motociclistico, oltre che bello e performante. Si tratta di un'attività di cui il Sudafrica può andare fiero, al pari di quanto ha fatto ospitando i campionati del mondo di calcio nel 2010. Se non altro, però, almeno in quell'occasione Gary Turner e Terry Annecke hanno resistito alla tentazione di realizzare una vuvuzela in fibra di carbonio...
Il mozzo è collegato al cerchio in fibra di carbonio attraverso un sistema unico, che prevede sia un fissaggio di tipo meccanico, sia uno di tipo adesivo, entrambi di derivazione aerospaziale. I cerchi posteriori vengono poi equipaggiati con un pneumatico Metzeler (delle giuste dimensioni) gonfiato a 4,0 bar e lasciato "riposare" per 24 ore, durante le quali la pressione deve naturalmente rimanere costante senza margini d'errore.
Ultimamente, la BST si è messa a produrre anche forcelloni monobraccio in fibra di carbonio per la Ducati 1098 e, presto, farà altrettanto per i modelli della MV Agusta. L'azienda sudafricana cura inoltre sia la progettazione che la realizzazione delle attrezzature necessarie per costruire i pezzi che le vengono commissionati dall'esterno, come il telaietto posteriore di una moderna Moto Guzzi, il serbatoio della KTM RC8, il telaio e la sospensione anteriore della Confederate Wraith e molti particolari della nuova Norton Commando, tra cui il cupolino, i parafanghi, le cover per il motore, ecc.
Per tenere sotto controllo la qualità del proprio processo di fabbricazione, la BST effettua regolarmente alcune prove di impatto conformi agli standard del TüV, sottoponendo la ruota anteriore a un urto con carico di 300 Kg e quella posteriore a un urto con carico di 455 Kg.
"Riteniamo che le nostra ruote in fibra di carbonio siano molto più resistenti e leggere rispetto a quelle in magnesio forgiato" - afferma Turner.
Naturalmente, i test di impatto che vengono effettuati all'interno della BST rappresentano un metodo per dimostrarlo, così come quelli di torsione, che prevedono l'applicazione di forze cicliche fino a 540 Nm sulle ruote anteriori, fino a 600 Nm sulle ruote posteriori tradizionali e fino a 700 Nm su quelle a sbalzo.
La BST è dunque titolare di un prodotto ancora piuttosto raro nel mondo motociclistico, oltre che bello e performante. Si tratta di un'attività di cui il Sudafrica può andare fiero, al pari di quanto ha fatto ospitando i campionati del mondo di calcio nel 2010. Se non altro, però, almeno in quell'occasione Gary Turner e Terry Annecke hanno resistito alla tentazione di realizzare una vuvuzela in fibra di carbonio...
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