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Moto & Scooter

Piaggio Beverly 400: il 'ruota alta' definitivo?

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Guidabile anche a 18 anni con la patente A2, ha la ciclistica del Beverly 500 e il vestito del duemmezzo. Gran motore, buona stabilità, per muoversi in città e affrontare con disinvoltura le tangenziali. Ecco la prova completa di rilevamenti

La strumentazione è funzionale e ben leggibile, manca però il contachilometri parziale

Operazione '. Potremmo sintetizzare così la proposta da parte di Piaggio del primo scooter a ruota alta nel segmento dei 400, fino ad oggi di predominanza dei cosiddetti scooter 'poltrona'. E la scelta non poteva che cadere sul best-seller Beverly, da anni in cima alle classifiche di vendita nel segmento dei 250 cc. Ma perché un Beverly 400 quando in listino è già presente il 500? Molto semplice: innanzitutto per coprire un segmento ancora inesplorato dai 'ruota alta', ma soprattutto per offrire un prodotto capace di ridurre ulteriormente i costi di mantenimento (fino al 40% grazie agli intervalli dei tagliandi portati a 10.000 km e per l’assicurazione si può risparmiare fino al 50%) e per allargare l’uso dei maxi anche ai possessori di patente A2, quella con il limite dei 34 CV, per intenderci, conseguibile già a 18 anni. Una mossa strategica che permette anche di offrire un prodotto di un certo "peso" ad un prezzo competitivo rispetto ai vari Suzuki Burgman 400 e Yamaha Majesty 400 (5.190 euro c.i.m., 409 euro in meno del Beverly 500), senza per questo perdere troppo in fatto di prestazioni e praticità d’uso. Difatti, il Beverly 400 si discosta poco dal “fratellone” di 500 cc: cambia l’estetica ereditata dal più giovanile Beverly 250, ma ciclistica e meccanica sono praticamente gli stessi, con solo 5 CV in meno, per rientrare nei limiti della patente A2.
Le prestazioni quasi si eguagliano, il Beverly 400 va forte quasi quanto il 500, perde qualcosa solo nello spunto iniziale.


L’estetica è quella del Beverly 250, il più venduto della famiglia e da anni sempre al top delle classifiche di vendita. Certo si è persa l’originalità estetica dello sguardo "ciclopico" del 500, ma si è guadagnata una linea più sportiveggiante e giovanile.
Tecnicamente, però, il Beverly 400 si discosta poco dal fratello maggiore, dal quale eredita il telaio a doppia culla in tubi di acciaio, il lungo interasse di 1.550 mm, la forcella con steli da 41 mm di diametro, la coppia di ammortizzatori al posteriore regolabili nel precarico della molla, le ruote in lega leggera con i pneumatici dalle dimensioni da moto (110/70-16 all’anteriore, 150/70-14 al posteriore). A cambiare sono solo l’impianto frenante - che sul 400 perde la frenata combinata e un disco freno all’anteriore (contro i due del 500, ma sempre stretti nella morsa delle pinze Brembo) - e il propulsore, che rimane il monocilindrico Master raffreddato a liquido, ad iniezione e omologato Euro 3 montato sul Beverly 500, ma portato a 399 cc con la semplice riduzione dell’alesaggio, passato dai 92 mm del 500 agli 89 mm del nuovo 400, mantenendo inalterata la misura della corsa a 69 mm. Dal punto di vista della praticità, il Beverly 400 dispone di un vano sottosella abbastanza ampio per un "ruota alta", dal disegno pulito e sfruttabile, ma poco capiente perché poco profondo (contiene comunque due caschi jet), mentre dietro allo scudo non manca il comodo gancio portaborse e sotto la piastra del bauletto il gancio estraibile a cui agganciare il casco.
Se esteticamente il Beverly 400 prende le distanze dal "fratellone" di 500 cc, una volta in movimento i due scooter si assomigliano molto. Dinamicamente, infatti, il 400 è una copia del 500, lungo, poco maneggevole negli spazi stretti e con lo sterzo pesante a basse velocità per via di quote ciclistiche votate più alla stabilità di marcia (l’interasse è quello di una moto da turismo) e alla precisione di guida. Difatti, il Beverly 400 cambia faccia una volta fuori dalle mura cittadine dove gli spazi sono più ampi e si possono sfruttare senza troppi patemi la buona agilità mostrata nei tratti guidati e i 34 CV messi a disposizione dal monocilindrico Piaggio. Nel traffico, comunque, il Beverly 400 non si comporta male, non è rapido come il fratellino di 250 cc, ma una volta prese le misure tra le auto ci si divincola con discreta disinvoltura. Inoltre l’erogazione morbida ai bassi regimi lo rende in mani inesperte più gestibile del cinquecento.
Fuori dal caos cittadino, però, le cose cambiano di netto, il Beverly sfoggia doti motoristiche di primo piano, sotto paga qualcosa nello spunto rispetto al 500, ma se confrontato con gli altri 400 in commercio, non c’è storia. Comando del gas e variatore sono come una cosa sola, il Beverly prende giri rapido, senza strappi né incertezze e andare forte è veramente facile. Nel misto veloce, così come nei tratti in tangenziale e autostrada, si apprezzano le doti di stabilità dati dalla ciclistica che permette di correre veloci senza che l’avantreno si alleggerisca troppo, grazie anche alle sospensioni tarate sul rigido. Però più di molla che di idraulica, perché quando il ritmo si fa sostenuto, davanti a buche e imperfezioni le sospensioni mostrano qualche limite: sullo sconnesso la forcella fatica, il ritorno della molla è rapido e sulle buche più profonde l’avantreno tende a rimbalzare, mentre la coppia di ammortizzatori al posteriore ha una corsa troppo corta per assorbire bene i colpi più duri. Per fortuna che la sella è ben imbottita e il pilota non soffre troppo. Anche nel misto, medio-lento, il Beverly convince, la ruota da 16” davanti non lo rende fulmineo negli inserimenti in curva, ma la discesa è progressiva e l’avantreno trasmette solidità e tanta sicurezza, grazie anche al buon appoggio a terra offerto dai pneumatici, dall'erogazione progressiva del motore e dalla buona trazione in uscita di curva. Se non fosse per il cavalletto laterale, si potrebbe piegare molto di più.
Solo nelle curve più lente il Beverly va guidato di forza, l’inerzia nei cambi di direzione si fa sentire parecchio, lo sterzo diventa pesante e nei tornanti dà sempre l’impressione di "cadere dentro" la curva, esattamente come accade sul Beverly 500. Fino ai 110-120 km/h la protezione aerodinamica offerta dallo scudo e dal piccolo cupolino è discreta.
Il freno anteriore offre una risposta decisa, non potentissima ma abbastanza modulabile, anche se il comando rimane sempre un po’ spugnoso. Più pronto e sensibile il disco posteriore che, però, se tirato con decisione porta al bloccaggio.
* rilevamenti effettuati sulla nostra pista di Vairano (Pv)
Motore: monocilindrico orizzontale a 4 tempi, raffreddamento a liquido; alesaggio per corsa 85,8x69 mm; cilindrata 398,9 cc; rapporto di compressione 10,5:1, distribuzione monoalbero a camme in testa e 4 valvole. Alimentazione a iniezione elettronica. Capacità serbatoio carburante 13,2 litri (di cui 3 di riserva). Lubrificazione a carter umido.
Trasmissione: frizione automatica centrifuga a secco. Cambio a variatore automatico CVT.
Ciclistica: telaio a doppia culla in acciaio; sospensione anteriore, forcella da 41 mm, escursione ruota 104 mm; sospensione posteriore, gruppo trasmissione-motore con funzione di forcellone oscillante con doppio ammortizzatore a doppio effetto regolabile nel precarico su quattro posizioni, escursione ruota 78 mm. Cerchi: anteriore 3,00x16”, posteriore 4,50x14”. Pneumatici: anteriore 110/70-16, posteriore 150/70-14. Freni: anteriore a doppio disco in acciaio da 260 mm e pinze a 2 pistoncini, posteriore a disco singolo in acciaio da 240 mm e pinza a singolo pistoncino.
Dimensioni (mm) e peso: lunghezza 2.215, larghezza 770, altezza sella 775, interasse1.550 mm. Peso a secco 189 kg.
Prestazioni dichiarate: potenza max 34 CV (25 kW) a 7.500 giri; coppia max 37,6 Nm a 5.500 giri.
La strumentazione è funzionale e ben leggibile, manca però il contachilometri parziale

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