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Un’altra gara con le Leggende!

il 15/09/2006 in Moto & Scooter

Mastic ci ha preso gusto: dopo la gara di Vallelunga di inizio estate, ha corso onorevolmente anche quella di Varano, dove ha chiuso settimo in sella alla Ducati Sport 1000. E non è finita qui!

Un’altra gara con le Leggende!
Maurizio Romanelli, fra Paola Cazzola e Chiara Valentini, le due pilote ufficiali della Ducati nel Campionato Femminile

di Riccardo Mastic, foto SnapShot



La tranquillità che si prova in certe occasioni è qualcosa di innaturale. Sono sulla linea di partenza della quarta prova del Legend Trophy a Varano de’ Melegari, c’è la bandiera rossa davanti a me, e io sto tranquillo con gli occhi immobili sul semaforo.

Non mi viene neanche da battere le palpebre. Sono concentrato, ma tranquillo. Stavolta so che appena accende il rosso questo ci dà il via. Non mi faccio scappare l’occasione. Ho voglia di farlo, non vedo l’ora.

Il motore mi va su di giri da solo, senza le sgasate che sento intorno a me. Non servono. Il mio è un urlo che sale piano, perché non vedo l’ora che arrivi il via.
Eccolo! Allungo la prima fino a quando la ruota anteriore viene su, poi caccio dentro la seconda e spalanco il gas. Sono nel gruppo, ed ecco la frenata. Il temuto primo imbuto di Varano. Allungo la staccata e ne buco due in un colpo solo. Bella Mastic!”.

E così l’avete capito, dopo l’esperienza di Vallelunga, eccomi a Varano per la quarta prova del Legend Trophy. Stavolta però l’organizzazione è più curata. Abbiamo avuto più di tempo per pianificare l’avventura. E poi c’è il Team Romanelli che mi offre assistenza, facendomi sentire pilota ufficiale.
La moto è già praticamente pronta, ma Fabio -Il Cobra-, me la ripassa tutta, cambia la ruota posteriore e me la consegna accesa per il primo turno di prove libere.
“Non ti conosco, è la prima volta che lavoriamo insieme, devi darmi il tempo di capirti per farti la moto bene. Per ora non ti preoccupare se resti senza benzina a fine turno, perché iniziamo con la prova di consumo per vedere di quanto carburante hai bisogno per la gara”.
I primi due turni scorrono bene, ma ho bisogno di riabituarmi alla moto, sulla quale non salgo da due mesi. Alla domenica mattina mi presento più motivato e deciso a spingere, ma nel primo turno di prove ufficiali la gomma posteriore si strappa parecchio sul fianco.

Ci sono due ore fra un turno e l’altro, e finalmente Fabio decide che mi conosce a sufficienza per tentare delle modifiche più profonde del settaggio della moto. Varia l’altezza dell’ammortizzatore, precarica di più la molla, ma poi ammorbidisce la taratura. Si cambiano le gomme in extremis, con due meccanici che lavorano in coppia sulla mia moto. Mamma mia, che organizzazione. Non sento il peso della responsabilità però: tutto ciò è solo molto bello e gasante.
Quando Fabio mi dà la moto accesa, mi mette le mani sul casco e dice: “ora aspetta tre giri prima di spingere, perché hai troppa adrenalina”.

“Il tempo di togliere la cera, e voglio sentirla ‘sta moto. Sì, è lei! Ora si che mi piace”.
Nel mio piccolo, perché non sono io quello che vince, ma questa moto mi fa guidare come piace a me. Arriva in staccata e mi si piega sotto, la ruota anteriore si lamenta un po’, ma tiene. E poi la metti dentro la curva in un attimo, ci cade dentro, e fa quello che le dici tu. Diavolo d’un Cobra, ha capito come voglio la moto e me l’ha data!”.
A un certo punto, mentre il turno va avanti, mi passa Andrea Brunotti, l’ammazzasette del trofeo, quello che ha già vinto tre prove su tre. Ci conosciamo da vent’anni, uscivamo in moto insieme per strada. Passa a cannone. Sta facendo il giro veloce per lo schieramento. Dopo poco, finito il giro, lo vedo in fondo al rettilineo che va piano e si guarda indietro. Altre due curve, altro rettilineo, è sempre più vicino, e guarda sempre indietro. Chissà chi aspetta. Quando gli sono vicino però si rimette in carena e parte. Aspettava me!

Stavolta metto il gancio, mi dico. Va a un ritmo più alto del mio, ma riesco a stargli dietro. Mi tira, facciamo un giro così, poi mi saluta e va via, decollando verso il suo 1’ e 14”. Grande Andrea! Che regalo! Mi hai fatto fare un 18” che da solo non credo avrei agguantato.
Rientro felice, e mentre qualcuno mi mette il cavalletto dietro, urlo a Fabio davanti a me che adesso la moto è finalmente come la voglio io. Gli vedo la gioia negli occhi, mi prende la testa con tutto il casco fra le mani, ride e dice che avrebbe ancora altre cose da fare sulla moto.
Chi non ha mai corso non sa quanto è importante la fiducia e la stima reciproca fra pilota e meccanico.

Nelle due ore prima della gara si ride e si scherza nel nostro box. Quattro piloti, meccanici, fidanzate, amici, figli. C’è un po’ di tutto, ma nessuno dà fastidio a nessuno. Fino a mezz’ora prima della gara, quando ci si comincia a vestire con calma, e tutti si fanno da parte. Restiamo solo noi che dobbiamo correre e i meccanici. A scherzare, ma piano piano ci si è fatto il vuoto intorno. Gli altri ci lasciano perdere.
E siamo di nuovo alla gara. Uscito dalla prima esse mi accorgo di essere intorno all’ottava posizione. E per tre giri viaggiamo così, senza sgranarci troppo, poi, la sensazione che il pilota davanti a me stesse per cadere, gli occhi che cercano istintivamente uno spazio dove passare, e perdo il contatto.

Da lì in poi, lo spazio mi si è allargato, e ho iniziato a guidare da solo, convinto di essere seguito da vicino dagli altri. Invece avevo già preso un bel vantaggio. Non mi sono mai girato però, per non perdere concentrazione. Così sono andato del mio, cercando di girare forte. E ho fatto la gara su un 18” basso di passo, con una punta appena sotto. Bene, non male, soprattutto considerando che è stato lo stesso ritmo dei primi. Insomma, non avessi perso il contatto, forse avrei fatto di meglio.
A dire il vero, a un certo punto stavo recuperando sul pilota che mi precedeva, lo vedevo, nelle staccate lo puntavo e mi avvicinavo. Ho iniziato a farci un pensierino, finché non è successa la cosa più inattesa che potesse succedere.



Proprio mentre impostavo la esse veloce, ho sentito un dolore forte sulla testa. Istintivamente mi sono lamentato nel casco, ho tenuto a mala pena la concentrazione.
Una vespa! Una maledetta vespa è riuscita a entrare dalla presa d’aria superiore e mi ha punto la testa. Cerco di ragionare e di tenermi concentrato sulla guida. Il dolore è molto intenso, ho paura di sentirmi male, anche se di solito queste punture non mi creano problemi d’allergia. Però questa fa decisamente più male del solito. Si prova a continuare, ma con questo dolore riesco a guidare? Mancano quattro giri alla fine e sul traguardo muovo il casco con la mano sinistra per cercare di schiacciare quella bestiaccia.
Sì, ce la farò, finiremo settimi, io e la vespa. A farla scendere dalla mia zucca ci penserà il solito amico Gentili, nel parco chiuso.
Il complimento più bello però, lasciate che lo dica, è quello del Cobra. I meccanici amano la loro moto, e amano il pilota che sa farla andare e la tratta bene, mentre odiano profondamente i piloti che non capiscono la loro moto e il loro lavoro. Fabio mi è venuto a prendere all’uscita del parco chiuso, mi ha abbracciato, mi ha baciato, e mi ha detto solo tre parole: “hai guidato benissimo”. E’ stato spontaneo. Mi ha colpito.
A questo punto siamo in chiusura, e io approfitto dello spazio gentilmente concessomi per fare i complimenti e salutare Carlo Ceccaroni, mio occasionale compagno di team. Lui scherza simpaticamente sul fatto che non tocca terra con i piedi quando è seduto in moto, e i meccanici gli attaccano sempre la tuta al chiodo più alto. Ma in moto ci sa andare: a Varano ha chiuso terzo, con in più la coppa come “rookie of the year”.
Che dire di più, se non che Maurizio Romanelli, ormai rassegnato, mi ha offerto la moto per correre anche la prossima gara? Ci vediamo a Misano Adriatico il 7 e l’8 ottobre prossimi!

Un’altra gara con le Leggende!
Maurizio Romanelli, fra Paola Cazzola e Chiara Valentini, le due pilote ufficiali della Ducati nel Campionato Femminile

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