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R6 “standard” e Cup: i perché di un successo

il 05/09/2006 in Moto & Scooter

A Vairano in sella alla “moto trofeo” dell’anno per qualche giro assieme alla sorella stradale. Un confronto serrato tra due declinazioni della supersport più venduta ma anche uno sguardo sul monomarca più “affollato” del 2006

R6 “standard” e Cup: i perché di un successo
Le 600 di Iwata in gara

Centocinquanta iscritti e quattro finali per farli correre tutti: basta questo dato per rendere l’idea del successo che il monomarca Yamaha ha avuto nella stagione 2006, un successo quasi annunciato fin dalla presentazione dell’attuale versione della R6, una moto che mai come altre è stata progettata in funzione dell’uso agonistico.
Potremmo parlare quasi di un “fenomeno di costume”, che tra i successi di Valentino Rossi da una parte e le oggettive qualità della moto dall’altra quasi da l’idea di aver dirottato su di sé tutti gli aspiranti “campioni” d’Italia.

Ne ha fatto le spese ad esempio il Ninja Trophy, che dal 2005 al 2006 ha visto dimezzare le iscrizioni. Un trofeo dai grandi contenuti tecnici e che si da quasi delle arie da “mondialino”, con tanto di paddock pieno di camion ricchi e meno ricchi, team professionali ed amatori col furgone, veri e propri professionisti delle piste contro appassionati che nelle varie batterie si danno battaglia con il coltello tra i denti, tanto che (parlando di tempi sul giro) dal primo della finale A all’ultimo della finale D generalmente il distacco è contenuto in meno di 10 secondi.


Quello che stupisce è che il prezzo da pagare per prendere parte alla R6 Cup è in assoluto tra i più alti in tema di costi di gestione: la moto in sé, anche eventualmente scontata, è di gran lunga la 600 più cara del mercato, il kit ufficiale, per quanto completissimo, ha comunque un costo di 4.000 Euro ed ovviamente non si contano tutte le spese relative alla “meccanica” ed alla manutenzione in genere, costi comuni a qualsiasi monomarca di un certo livello.
Tutto ciò fa sì che il conto possa essere molto salato rispetto ad altri trofei ma alla prova dei fatti questo si spiega ampiamente, considerando l’ottimo rapporto qualità prezzo del kit ufficiale e soprattutto alle attenzioni necessarie per ottenere il massimo da quella professionalissima “base di partenza” che è l’attuale 600 di Iwata.


Ad una gara dal termine è il trentacinquenne Sebastiano Zerbo a tenere saldamente la testa della classifica generale. L’esperto siciliano del Team Fox con quattro vittorie in questa stagione ha praticamente monopolizzato il trofeo e dopo il primo posto alla gara di Misano del 27 agosto ha più di una possibilità di aggiungere un altro successo in un palmarès che vanta molte affermazioni tra trofei monomarca e gare di livello nazionale.
Dietro di lui tutta una serie di “specialisti”: Perotti, Mancuso, Magnoni, Brugnara, solo per citarne alcuni a caso, sono nomi familiari per chi frequenta il “circus” delle cosiddette gare minori.
A seguire più di cento appassionati…
La R6 Cup di quest’anno è quindi una sfida impegnativa da raccogliere specie tenendo conto della difficoltà che un privato incontra per ben figurare.
É grazie alla disponibilità di uno di loro che siamo riusciti a portare sulla nostra pista di Vairano una di queste moto in una breve "sfida" con la sorella stradale che vi proponiamo per primi in questa stagione.

Fin dalla presentazione, l’ultima versione della Yamaha R6 ha spaccato l’obiettivo di tutte le macchine fotografiche grazie al suo aspetto estremamente aggressivo eppure così equilibrato che ha fatto diventare un po’ più vecchie tutte le sue concorrenti.
In versione racing, e quindi “a carene chiuse”, tutto ciò viene esaltato all’ennesima potenza, con il codino minimalista e tagliente che una volta privo di targa e portatarga diventa pericolosamente simile al pungiglione di una vespa e lo scarico laterale LeoVince piccolo e corto che, libero da ogni vincolo in materia di emissioni acustiche, non deve fare altro che sparare fuori a 107 decibel l’altissima frequenza del 4 cilindri superquadro che gira a tutto gas.

Rispetto alla versione stradale sono invariati i “fondamentali”, e quindi ritroviamo i preziosismi tecnologici che contraddistinguono questa moto, dal sistema di gestione “drive by wire” dei corpi farfallati serviti da un doppio iniettore alla particolare conformazione del telaio con il cannotto di sterzo, il perno del forcellone e quello dell’asse della ruota posteriore idealmente complanari.
Le modifiche previste nel kit di elaborazione sono come al solito piuttosto limitate, ma alla prova dei fatti (e se eseguite da mani esperte) bastano e avanzano per cambiare radicalmente la resa della motocicletta.

  Il motore non riceve particolari attenzioni: come avviene di solito in questi trofei è assolutamente vietato toccarlo nelle sue misure fondamentali e quindi al bando qualsiasi elaborazione della testata e l’utilizzo di materiali particolari per bielle e pistoni.
Per quanto riguarda l’alimentazione è consentito l’impiego – facoltativo - di un modulo aggiuntivo per ottimizzare la carburazione tramite un “settaggio criptato Trofeo” Diapason Racing mentre lo scarico è il già citato impianto firmato dalla LeoVince.
É così soprattutto la parte ciclistica che riceve modifiche sensibili grazie all’adozione di sospensioni più performanti a cura della Andreani Group: da regolamento la forcella deve essere quella originale, è ammessa la sostituzione delle molle, dei pompanti e della taratura mentre per l’ammortizzatore posteriore si può scegliere tra quello montato di serie o quello, marchiato Öhlins, acquistabile sempre presso lo specialista pesarese.
Per quanto riguarda l’ammortizzatore di sterzo sono previste due possibilità: lineare e rotativo.



Catena a passo 520, dischi Braking a margherita e pneumatici Metzeler Racetec sono solo alcune delle dotazioni del completissimo kit ufficiale e vanno a completare il corredo tecnico di questa preparazione.
A livello estetico non si può non restare affascinati dalle grafiche “Laguna Seca” che la R6 Trofeo sfoggia senza timore reverenziale rispetto a “ben altre” Yamaha. Con quel corredo cromatico, l’aspetto oltremodo aggressivo e le carene racing, si finisce davvero col pensare di trovarsi in sella alla M1 di Valentino Rossi e già questo basterebbe per far contenti molti appassionati. A quei pochi che non fossero del tutto convinti non rimane che accendere il motore e farsi qualche giro in pista per fugare definitivamente ogni dubbio…

apete quale rischio si corre a voler affilare ulteriormente un coltello che taglia già perfettamente? Si rischia di rovinare la lama. È con questo timore che abbiamo affrontato i primi metri della pista di Vairano in sella alla Yamaha R6 in versione Trofeo: se già la versione standard ai medi non stupisce e chiede di essere tenuta molto alta di giri, come bisognerà pilotare la versione “pronto gara” di questa 600 estrema? Dovremo tartassare cambio e frizione come e più che sulla R6 standard per tenere il motore in poche migliaia di giri utili sui circa 16.000 rilevati dal preparatore e non cadere vittime di un attacco di depressione non appena si scende sottocoppia? E invece ecco la sorpresa: bastano poche curve per sentire il motore che spinge con decisione in un range molto più ampio di quello che ci si aspetterebbe, a tutto vantaggio della resa cronometrica e soprattutto del piacere di guida.



Già, perché nei pochi giri in cui abbiamo potuto provare questa moto (sotto l’occhio vigile del suo proprietario) abbiamo anche trovato il tempo per divertirci come e più che sulla standard.
Il confronto con quest’ultima è interessante ed in buona sostanza il verdetto vede primeggiare la versione da corsa, quasi a voler dire che sorprendentemente tra le due “quella buona” è la più estrema, da cui poi si è ricavata la versione con targa e fanali.
Non che la stradale mostri delle pecche, anzi, semplicemente la R6 Cup fa tutto meglio in barba al pregiudizio, spesso vero, che vuole le moto da corsa scorbutiche e difficili da gestire al di fuori di un ristretto range di utilizzo.
Su questa R6, invece, il motore si rivela sempre omogeneo nella risposta, comincia a spingere "seriamente" già dagli 8.000/8.500 giri e una volta superati i 10.000 si fa perentorio come e più della stradale ed arriva in un lampo al limitatore in tutti i rapporti intermedi. Quello della standard, invece, sotto i 9.000 manca crudelmente di schiena: il risultato è che nel confronto diretto la “Trofeo” grazie all’erogazione più corposa finisce con l’essere più gestibile in percorrenza e soprattutto in uscita di curva, un frangente dove sbagliare di 1.000 giri può compromettere una qualificazione.



Una volta raddrizzata la moto, invece, quando cioè contano solo i cavalli, la R6 Cup è di poco superiore alla standard, una differenza minima ma pur sempre sensibile.
Anche la ciclistica risente moltissimo delle migliorie subite: è soprattutto la già valida forcella di serie che si mostra ancor più comunicativa.
Le due moto scendono in piega velocissime, ma la Trofeo rende al pilota una maggior sensazione di stabilità ed in definitiva, fosse anche solamente a livello psicologico, il risultato è che si osa di più e con più tranquillità.
L’ammortizzatore posteriore sulla moto a nostra disposizione è quello di serie: l’unità fornita da Andreani purtroppo era in revisione. Malgrado questo abbiamo potuto notare come già solo la differente taratura, in un contesto di eccellenza, riesca a far dare il meglio anche da questa unità.



Voto praticamente pari per i freni: l’impianto Braking a margherita non supera di molto i dischi di serie, un altro evidente segno della bontà di questa moto.
Quello che invece non ha prezzo sono le sensazioni che questa moto sa dare: anche chi non apprezza particolarmente una categoria “tecnica” come l’attuale 600 cc non può che rimanerne affascinato.
Per farla rendere davvero ci vogliono delle capacità superiori alla media: per raggiungere il limite e “fare il tempo” ” con questa R6 bisogna proprio essere dei piloti molto esperti. Quello che è certo è che le infinite possibilità di regolazioni già presenti sul modello di serie associate al completo kit di elaborazione e ad una valida messa a punto rendono questa moto un’arma micidiale ma anche più “sfruttabile” ed è quasi un peccato che non si possa beneficiare di tutto ciò anche su strada.

Che cosa vuol dire partecipare ad un trofeo come la R6 Cup da “privato tra i privati”? Per farci un’idea delle difficoltà che un amatore incontra in queste gare abbiamo fatto due chiacchere con Marco Martini (foto a lato), il proprietario della moto di questo servizio.
Chiara e netta la sua soddisfazione nel prendere parte a questo campionato:
Dopo aver corso in vari trofei prima con la Ducati 996 e poi con la R1 volevo provare una 600 e l’offerta della Yamaha mi è sembrata la più completa in rapporto alla cifra richiesta.
Le prime difficoltà le ho però incontrate nella messa a punto della moto e soprattutto, benché ci sia parecchia gente al mio livello, si sente molto la differenza tra chi corre a livelli quasi professionistici e chi invece vuole divertirsi pur prendendo questo impegno con serietà.
Entrare in sintonia con questa moto non è stato facilissimo, sto cominciando solo ora a capire davvero “com’è girata”… sai com’è… durante la settimana io vado a lavorare…
La disponibilità economica e soprattutto di tempo da dedicare fa veramente la differenza quando invece uno si aspetterebbe una maggior “parità tecnica” da moto che sulla carta dovrebbero essere tutte perfettamente uguali. Invece, fermo restando il regolamento, chi è in grado di investire di più nella migliore ricerca della messa a punto ha dei vantaggi sensibili in pista…
E poi c’è il manico che fa la differenza!
Qui di gente con talento ed esperienza ce n'è moltissima, per un comune mortale come me è difficilissimo stare coi migliori. L’importante è che ci si può divertire tanto lo stesso, basta non farsi prendere dalla foga di “fare il risultato” a tutti i costi.
Ottima l’organizzazione delle gare benché da parte dello staff spesso c’è qualche difficoltà nel gestire le esigenze di tutti i 150 e rotti piloti iscritti, senza volersi assolutamente lamentare, sarebbe però bello vedere un briciolo di attenzione in più verso noi piloti “minori”.
Per contro il sito del trofeo è sempre aggiornato, il rovescio della medaglia è che se uno non ha internet è un po’ tagliato fuori. L’anno prossimo mi piacerebbe ripetere questa esperienza, e chissà mai che con un anno di trofeo sul groppone non riesca anche a far meglio!

* rilevamenti effettuati sulla nostra pista di Vairano (Pv)

 

Vento: 2 m/s
Temperatura aria: 13° C
Umidità: 59 %
Pressione: 1005 mb
Temperatura asfalto: 27° C

 

Yamaha YZF R6 2006 standard

Velocità a 1.500 m con partenza da fermo

249,0 km/h – 28,6 s

Accelerazione

0-400 m: 11,6 s – 203,6 km/h
0-1.000 m: 21,3 s – 238,6 km/h
0-90 km/h: 3,5 s – 43,7 m
0-130 km/h: 5,3 s – 98,8 m

Prova Sorpasso ( nella marcia più alta)

80-130 km/h: 7,0 s – 203,7 m

Frenata

130-80 km/h: 2,5 s – 79,9 m (36,1 m)
50-0 km/h: 2,5 s – 25,0m (13,9 m)

Consumo

Urbano: n.d.  km/l
Extraurbano: n.d. km/l
Autostrada (130 km/h indicati): n.d. km/l

Peso

In ordine di marcia con serbatoio pieno: 190,0 kg (52,0/48,0 %)
Distribuzione masse con conducente: 48,0/52,0 %

 

Motore: 4 cilindri in linea trasversali a 4 tempi, raffreddamento a liquido, alesaggio per corsa 67,0x42,5 mm; cilindrata 599 cc, rapporto di compressione 12,8:1. Distribuzione bialbero a camme in testa con comando a catena e 4 valvole per cilindro. Alimentazione a iniezione elettronica con doppio iniettore per cilindro e valvole a farfalla controllate con sistema YCC-T. Capacità serbatoio carburante 17,5 litri (di cui 3,4 di riserva). Lubrificazione a carter umido.

Trasmissione: primaria ad ingranaggi, finale a catena (2,813). Frizione multidisco in bagno d’olio con dispositivo antisaltellamento e comando meccanico. Cambio a sei marce.

Ciclistica: telaio a doppio trave diagonale in alluminio; sospensione anteriore, forcella rovesciata da 41 mm completamente regolabile (in compressione anche per alte e basse velocità), escursione ruota 120 mm; sospensione posteriore, forcellone con monoammortizzatore completamente regolabile (in compressione anche per alte e basse velocità), escursione ruota 120 mm. Cerchi: anteriore 17x3,5”, posteriore 17x5,0”. Pneumatici: anteriore 120/70-ZR17, posteriore 180/55-ZR17. Freni: anteriore a doppio disco flottante in acciaio da 310 mm e pinze con attacco radiale a 4 pistoncini, posteriore a disco singolo in acciaio da 220 mm e pinza a doppio pistoncino.

Dimensioni (mm) e peso: lunghezza 2.040, larghezza 700, altezza sella 850, interasse 1.380. Peso a secco 161 kg.

Prestazioni dichiarate: potenza 93,4 kW (127 CV) a 14.500 giri, coppia 66 Nm (6,73 kgm) a 12.000 giri.

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