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Test: Buell XB12X Ulysses

il 26/09/2005 in Moto & Scooter

100 CV per 1.200 cc, divisi equamente per due cilindri a stelle e strisce. Così la casa di East Troy invade il settore della BMW R1200GS, mostrando caratteristiche da all terrain. Ma a guardar bene le sue vere rivali sono più stradali rispetto a quanto d

Test: Buell  XB12X Ulysses
la nostra tester è un peso piuma, n.d.r.

di MariaVittoria Bernasconi

Per il marketing d’oltre Oceano il settore delle enduro stradali è ancora vergine e insondato, e la Ulysses ne è il primo approdo. Così ecco che la bicilindrica americana si trasforma: da cattiva street-fighter per motociclisti metropolitani e attenti allo stile, ad abbondante sport-adventure, con assetto rialzato e parafanghi antispruzzo.

Le ruote però rimangono da 17 ”, scelta che predilige l’asfalto, così come la posizione del grosso scarico che, stando sotto al motore, è altamente soggetto a forti botte e sassate, in caso di percorso sterrato.
Per Buell il passo da fare è davvero lungo: far accettare a un pubblico più vasto e “spartano” un marchio dalla tradizione non solo stradale, ma anche “fighetta”.



I tecnici ce l’hanno messa tutta, progettando appositamente alcuni particolari, aggiungendo soluzioni più uniche che rare, come il Triple Tail posteriore, che vedranno il successo solo con la risposta del pubblico. In più per aggredire ogni tipo di strada con la Ulysses, il modello più costoso di casa Buell, ci vogliono 12.495 euro, che non sono pochi.
Le antagoniste di questa moto ci paiono differenti: sono due ruote dalla vocazione più stradale che enduro, come la KTM Super Duke 990 e la Suzuki V-Strom. Naturalmente la Ulysses può essere portata su strade sterrate, e alcuni dettagli lo fanno comprendere, ma come nella migliore filosofia Buell, non è adatta a tutti: va gestita, domata, e noi crediamo che incontrerà i gusti degli appassionati del marchio.

Qualcosa è cambiato davvero: Buell abbandona la coda mozza e allarga la sella. L’impensabile è avvenuto, perché se gli altri modelli si riconoscono a colpo d’occhio per la muscolosa corporatura e il posteriore tronco, questa XB12X riacquista l’equilibrio perduto e trova lo spazio per il passeggero e – udite udite - un top case posteriore, oltre alle valige laterali. Si allungano i parafanghi e le sospensioni, si alza il cupolino che viene diviso in due parti, col parabrezza a sgancio rapido per la pulizia più profonda. Gli pneumatici sono un capitolo a sé, perché progettati e realizzati ad hoc da Dunlop: si chiamano D616 e mostrano un bel disegno di intagli, abbinato a una morbidezza che promette molto grip. Anche il manubrio, come la sella, si allarga ed acquisisce i paramani staccabili.

Un punto di forza sono le sospensioni Showa: regolabili in precarico, compressione ed estensione sia all’anteriore sia al posteriore. La forcella si allunga, di conseguenza cresce l’escursione della ruota anteriore a 165 mm, mentre quella posteriore raggiunge i 163 mm, ed è dotato di comoda manopola di regolazione del precarico sotto il lato sinstro della sella.
Il serbatoio è come sempre nel vistoso telaio in alluminio, con una capacità di 16,7 litri; ospitato dal generoso forcellone, invece, il serbatoio dell’olio. Il motore è il V-Twin Buell Thunderstorm 1203, raffreddato ad aria e olio, mentre il cambio dovrebbe risultare differente, più preciso, grazie alla nuova trasmissione. Gli ingegneri americani hanno modificato la cinghia di trasmissione, con nuovi innesti in acciaio, e gli ingranaggi del cambio ora elicoidali. Una tecnologia mutuata dal mondo racing a quattro ruote che riduce le masse in movimento, rende di conseguenza più veloce il cambio di marcia e più morbida la leva della frizione. Un ultimo vantaggio è la minor frequenza con cui portare a tagliandare la moto: ogni 16.000 km anziché 8.000.



Innovativo il sistema Triple Tail che vede una paletta, ancorata ad un perno tra le maniglie posteriori, assumere tre posizioni: appoggiata parallela alla sella del passeggero, come base per un bagaglio, perpendicolare (e quindi utilizzabile come schienalino), oppure esterna alla moto, come base d’appoggio per il top case. Sembra comodo ma non è del tutto convincente: come schienalino non funziona perché è troppo lontano dalla posizione corretta del passeggero, come porta bagagli sembra utile solo per il top case siglato Buell. Nel complesso la XB12X appare massiccia e alta – la sella è posta a 841 mm da terra ed è piuttosto rigida – adatta a piloti abbondanti. All’aspetto, anche se così particolare, ci si abitua presto, perché ha un family feeling evidente col resto della gamma.

L’approccio non è di quellli facili o immediati: la sella è troppo alta, troppo spigolosa. Molto meglio, anche per i piloti più alti, optare per la sella ribassata, che recupera 1,5 cm di altezza, ma soprattutto ha una forma più giusta, arrotondata e sinuosa, che permette di assumere una posizione di guida più corretta. Il manubrio è largo, con le manopole piuttosto grosse, che si fanno agguantare bene. La leva della frizione non è regolabile, ma la rinnovata cedevolezza non fa risentire troppo della mancanza, mentre quella del freno si può posizionare su quattro distanze.
La frizione attacca dopo pochi millimetri dali rilascio della leva, e il motore scalpita: dai 1.000 ai 2000 giri l’erogazione è davvero turbolenta e nervosa, difficile da gestire. Nei tornantini stretti bisogna sfrizionare per far non procedere a singhiozzi. Allungando un po’, la musica cambia: il motore sale poderoso e graduale fino al picco di coppia dei 6000 giri, con una quarta marcia favolosa nel misto veloce.
Gli innesti del cambio sono più precisi delle altre XB12, ma comunque il comando resta duro: la leva va sollecitata forte perché si decida a cambiare. Stessa solfa per il freno posteriore che sembra non entrare in funzione: bisogna proprio pestare duro perché la pinza inizi a lavorare davvero. In più la posizione della leva è infelice per chi ha una misura inferiore al 40 di piede. Un ultimo dettaglio “no” sono le pedane che hanno una forma arrotondata sul fianco anteriore, così lo stivale tende a scivolare e perdere la presa.
La ciclistica invece sull’asfalto è decisamente valida: con una guida fluida, la Ulysses si mostra agile e stabile come nessuna Buell. Precisa nell’inserimento di curva, percorre senza tentennamenti la traiettoria ed esce senza scomporsi anche aprendo forte il gas con la moto un po’ inclinata.


Le sospensioni sono adeguate anche con la taratura standard, ma per una risposta della moto più sportiva abbiamo irrigidito l’idraulica della forcella; abbiamo invece ridotto il precarico molla al posteriore (). I freni sono efficaci, tendono però a raddrizzare in curva, pinzando con l’anteriore. La protezione aerodinamica è buona fino ai 120 km/h, dopo la turbolenza inizia a farsi sentire.
In fuoristrada, nelle manovre da fermo e alle basse velocità, il peso si fa sentire, così come il limite di un angolo di sterzo davvero troppo ridotto. Tutto diventa difficile, dalle gimkane nel traffico, alle inversioni a U, fino agli sterrati. In quest’ultima situazione la moto ha messo in luce un limite ben più alto di quello che i suoi cerchi da 17” e le caratteristiche stradali le impongono.

L’utilizzo perfetto per questa moto è quello turistico, anche a lungo raggio: se pensate di intraprendere un viaggio lungo più di 16.000 km (cosa che non capita spesso!), però, cercatevi un’officina autorizzata sul tragitto, perché dovrete fare un tagliando. Il passeggero è davvero comodo, anche se non può far troppo conto sul sistema Triple Tail, che – usato come schienalino - è troppo lontano e comporta l’antipatico “effetto bandiera”. Però chi siede dietro ha una larga porzione di sella e comode maniglie a cui aggrapparsi. E, come il pilota, può contare su un angolazione sella-pedane avvero ottimale.

Motore: bicilindrico a V a 45°, 4 tempi, 2 valvole (OHV) per cilindro, raffreddato ad aria/olio/ Alesaggio x Corsa 88,9 x 96,8 mm, rapporto di compressione 10 : 1, Potenza massima 74,6 kW a 6600 min-1 (95/1/EC) Coppia massima 110 Nm a 6000 min-1 (95/1/EC), Alimentazione Iniezione elettronica (PGM-FI), Corpi farfallati (diametro) 30mm, Filtro aria Di carta a secco, del tipo a cartuccia, Capacità serbatoio carburante 12 litri Lubrificazione con olio nel carter, avviamento elettrico, alimentazione iniezione dinamica digitale con posizionemento verticale del condotto da 49 mm (DDFI II). Accensione elettronica, avviamento elettrico.

Trasmissione: Frizione multidisco in bagno d'olio, funzionamento frizione meccanico, con attuazione a cavo, cambio a 5 rapporti, Trasmissione finale cinghia in Hibrex/ Flexten a corsa costante, 14 mm profilo GT, rapporto 2,4

Ciclistica: Telaio in alluminio con sistema Uniplanar di isolamento delle vibrazioni della catena cinematica, Sospensioni: anteriore forcella regolabile a steli rovesciati Showa da 43 mm, escursione 165 mm; posteriore Ammortizzatore regolabile Showa, escursione 163 mm Ruote: di rinforzo XB, getto a 6 raggi, anteriore 120/70 ZR-17; posteriore 180/55 ZR-17 Freni: anteriore tipo ZTL (carico torsionale zero) pinza a sei pistoncini; rotorre flottante da 375 mm in acciaio; posteriore pinza flottante a un pistoncino, rotore da 240 mm in acciaio.

Dimensioni: lunghezza max 2.180 mm; larghezza 900 mm ; altezza 1250 mm; interasse 1370 mm; inclinazione cannotto di sterzo 23,5 ° ; altezza della sella 841 mm; altezza da terra 171 mm; peso a secco 193 kg; Massima capacità di carico 205 kg; capacità serbatoio: 16,70 litri

Test: Buell  XB12X Ulysses
la nostra tester è un peso piuma, n.d.r.

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  • sportser
    Imperfetta amica - Ho un Ulysses da sue anni, e' tutto meno che una moto perfetta, e' alta, e' brusca nell'erogazione, ha un angolo di sterzo cosi' piccolo che per fare inversione ci vule il piazzale dell'ipercoop e d'estate brucia il c.. Tuttavia appena trovi una bella strada piena di curve e di saliscendi l'esuberante coppia ti fa' dimenticare tutti i difetti, e si fa' amare.

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