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Moto Guzzi Breva V1100

il 25/03/2005 in Moto & Scooter

Una moto vera, sana, attuale, come ci si aspetta da un marchio con una storia densa di modelli mitici. La Breva è la brezza del bel tempo sul lago di Como, e in questo caso più che un augurio sembra una probabilità

di Alberto Dell'Orto

L’attesa è stata lunga, ma alla fine è stata premiata. Sarà da almeno quindici anni che si aspetta un vero passo in avanti da quelli di Mandello, sarà almeno quindici anni che l’immobilismo concettuale e industriale si è fatto davvero stretto. Guizzi come la trasmissione con coppia conica flottante, l’iniezione elettronica e il cambio a sei marce non hanno mai tirato fuori dal tunnel il marchio più ricco di storia che il nostro Paese possa vantare. Ma siccome con la storia, le coppe e le foto di Ombono Tenni che curva con pazzo abbandono non si producono né utili né chilometri, era fin troppo evidente che la strada da imboccare fosse un’altra.

Eh sì, perché Guzzi, in fondo, si è sempre rovinata il mercato da sola, con difetti snervanti, sviste inaccettabili, ritardi incomprensibili: quanti modelli potremmo annoverare tra quelli “buoni”, se una serie di aspetti più o meno secondari non fossero stati colpevolmente trascurati? Allora è diventato sempre più difficile giustificare scelte che, trincerandosi dietro la tradizione, hanno semplicemente significato la rinuncia al rinnovamento; soprattutto se confrontato con chi (un nome a caso: Harley) giocando bene con la tradizione vende 300.000 pezzi l’anno e lotta con Kawasaki per il quarto posto nella classifica mondiale.

Ora arriva la Breva 1100, con un ritardo dovuto a un altro, ennesimo cambio di proprietà. Eppure, anche alla luce dell’esperienza precedente, questa sembra davvero la volta buona: la nuova dirigenza ha permesso una continuità industriale, non ha gettato via i progetti in evoluzione, anzi ha voluto portarli a compimento rapidamente. Il risultato è in queste pagine.

Forse è un po’ plasticosa, un po’ scooter. In effetti la carrozzeria è caratterizzata, oltre che dalle linee sinuose (e a tratti forse leziose), anche da una raccordatura tra le componenti che a volte può sembrare forzata. Ma al di là del giudizio puramente estetico, che ognuno può esprimere senza che ci sia il sottoscrtitto a suggerirglielo, la moto appare subito “vera”. C’è, è concreta, è curata, mostra un’attenzione complessiva del costruttore.

Noi avremmo preferito che il carter motore e i gruppi termici fossero verniciati dello stesso grigio titanio di cambio e forcellone, ma bisogna dire che la cura del dettaglio, la qualità dei materiali, la verniciatura, gli accoppiamenti fanno segnare un balzo in avanti addirittura epocale. La Breva non appare come una vecchia moto rivestita, ma come un nuovo progetto, e tale è, in effetti: pesantemente rivisto il motore, nuova tutta la trasmissione e il telaio, nuova la carrozzeria e l’ergonomia.

Una moto progettata per offrire comfort e un piacere “europeo” della guida, pensata per essere utilizzata in due su lunghi tragitti o tutti i giorni in città: ecco borse e parabrezza come accessori da integrare (e il silenziatore ad altezza regolabile), ecco i ganci per fissare piccoli bagagli sulla sella, ecco la chiave a riconoscimento elettronico, ecco un pannello strumenti completissimo e leggibile, con tanto di display a menù per la personalizzazione delle informazioni. Ecco pedane disegnate apposta, ecco una sella conformata a dovere, ecco maniglioni e fanale bene integrati con la linea del codone. Manca, per ora, l’ABS, che sarà disponibile come optional dall’anno prossimo.

 

Il motore è forse l’unica cosa che davvero è rimasta degli altri progetti che l’anno preceduto. L’unità, elemento di riconoscimento e di identità del marchio, è rimasto bicilindrico, a V di 90°, ad aste e bilancieri e raffreddato ad aria. Ma in realtà i cambiamenti sono stati molti, non solo per mantenerlo in linea con le normative antiinquinamento (è la prima moto Euro3 disponibile sul mercato), ma anche per ringiovanirlo un po’.

 E’ stata adottata la doppia accesione per migliorare la completezza di combustione e togliere qualche ruvidità di funzionamento e le guarnizioni sono ora di tipo metallico rendere più omogenea la temperatura di teste e cilindri, mentre le bielle sono più lunghe (4 mm) e alleggerite per ridurre le vibrazioni e le accelerazioni dei pistoni, che sono stati a loro volta accorciati e dotati di differenti fasce elastiche per ridurre al minimo il passaggio di gas al di sotto dei segmenti e dunque la pressione nel carter. Il generatore (ora da ben 540 watt) è tornato tra i cilindri come le dinamo dei primi V7 per ridurre di 40 mm la lunghezza del motore, e dunque poter posizionare quest’ultimo più a ridosso della ruota anteriore, con ciò risolvendo i problemi di distribuzione delle masse e di interferenza dei coperchi valvole con le ginocchia del conducente. Infine, la coppa dell’olio è stata ridisegnata per razionalizzare il circuito di lubrificazione e la sostituzione del filtro, oltre a offrire un pescaggio più sicuro nella guida sportiva.

La frizione è rimasta la solita bidisco a secco, mentre il cambio a sei marce è del tutto nuovo: niente albero secondario sdoppiato, niente selettore a piastre, ricalca gli standard progettuali comuni, e quindi può sfruttare il grande know-how Aprilia in questo senso.

Il telaio è completamente riprogettato e utilizza un disegno a doppio trave superiore, realizzato in tradizionali tubi d’acciaio. Nella parte anteriore, ampiamente triangolata intorno al cannotto, sono stati cambiati i punti di vincolo con il motore, disegnati per coniugare un legame più rigido con la meccanica (utilizzata come parte integrante della struttura) con un effetto “filtro” delle vibrazioni che giungono dal motore. Grazie alla maggior peso che grava sull’avantreno è stato possibile adottare una geometria di sterzo agile, con 25,5° di inclinazione del cannotto, mentre gli attacchi della sospensione posteriore sono supportati dal telaio propriamente detto al centro dietro il cambio e esternamente da due piastre in alluminio che fungono anche da supporto alle pedane.

Il forcellone monobraccio è realizzato in lega leggera, e al suo interno ruota l’albero di trasmissione, mentre a controllarne i movimenti provvede un monoammortizzatore comandato (finalmente!) da leveraggi progressivi. La scatola della coppia conica è fissata rigidamente al braccio, mentre l’effetto flottante è ottenuto permettendo al gruppo degli ingranaggi di ruotare intorno al perno della corona, e di scaricare le forza di reazione all’asta esterna. Rispetto alla soluzione tradizionale, con scatola flottante, questo schema (denominato Ca.R.C. – Cardano Reattivo Compatto – e brevettato) permette, oltre a una riduzione delle inerzie del sistema, una superiore rigidità torsionale del braccio della sospensione e la possibilità di continuare la marcia in caso di rottura (per quanto improbabile) dell’asta di reazione.

I 250 km di misto della nostra prova, sulle meravigliose colline che circondano Siena, ci hanno offerto la possibilità di prendere piuttosto bene le misure con la nuova Guzzi. A tutta prima ha sopereso il senso di familiarità, di confidenza offerta dalla Breva: un feeling che si instaura subito, diversamente dalle Guzzi della tradizione, generose e personali ma spigolose e impegnative. Adesso, un altro mondo. Il motore, depotenziato di qualche cavallo rispetto al V11, non mostra i denti, ma gira con una “rotondità” finora sconosciuta. E questo aspetto, pure piacevole, rimane un dettaglio se rapportato alla piacevolezza del resto della meccanica: cambio e trasmissione appaiono veramente molto ben concepite, probabilmente la migliore realizzazione tra le trasmissioni ad albero che equipaggiano moto di impostazione sportiveggiante. Il cambio è un vero burro, a livello (incredibile ma vero) delle migliori unità giapponesi, mentre il CaRC posteriore è esemplare per dolcezza di funzionamento e assenza di reazioni fastidiose.

Anzi, grazie anche a un mono certamente ben tarato, offre un senso di leggerezza inconsueto, mentre la trazione è eccellente anche sullo sconnesso, sullo sporco, sul liscio, dove, cioè, la rigidità dei sistemi ad albero porta normalmente a perdere confidenza, a faticare per interpretare il limite dell’aderenza.
Le sospensioni hanno una taratura sostenuta, all’italiana, e questo, unitamente a una azzeccata scelta delle quote ciclistiche (i tecnici Aprilia sono una certezza, in questo senso) offre una piacevole naturalezza di guida anche nello stretto, dove le Guzzi “grosse” hanno sempre mostrato qualche impaccio. Ecco, sarà la posizione di guida naturale e confortevole (a proposito: ci sarebbe piaciuto un manubrio regolabile, e magari meglio isolato dalle vibrazioni, pur sensibilmente diminuite), sarano i pneumatici Metzeler Roadtec di primo equipaggiamento, saranno i freni potenti (quello dietro fin troppo), sarà un po’ tutto, però la Breva 1100 non ha solo divertito. Ha anche convinto.

Motore: bicilindrico a V di 90°, a 4 tempi, raffreddamento ad aria. Distribuzione ad aste e bilancieri, 2 valvole per cilindro. Alesaggio e corsa 92 mm x 80 mm, cilindrata 1064 cc. Alimentazione a iniezione elettronica integrata con l’accensione, 2 candele per cilindro.
Lubrificazione con pompa a ingranaggi e radiatore dell’olio. Avviamento elettrico

Trasmissione: frizione bidisco a secco con comando idraulico, cambio a 6 marce, trasmissione primaria a ingranaggi, secondaria ad albero e coppia conica

Ciclistica: telaio a doppio trave superiore in tubi d’acciaio. Sospensione anteriore: forcella telescopica regolabile con steli da 45 mm; sospensione posteriore: forcellone monobraccio in lega di alluminio con coppia conica flottante sistema Ca.R.C., regolazione idraulica continua del precarico della molla mediante manopola, freno in estensione dell'ammortizzatore regolabile Freno anteriore: doppio disco flottante da 320 mm, pinze a 4 pistoncini; freno posteriore: disco fisso da 265 mm, pinza flottante a doppio pistoncino

Dimensioni e peso: lunghezza 2.195 mm, larghezza 870 mm, altezza 1125 mm, altezza sella 800 mm, interasse 1.495 mm. Capacità serbatoio: 23 l. Peso a secco 231 kg.

Prestazioni dichiarate: potenza massima 63 kW (86 CV) a 7.500 giri/min, coppia massima 85 Nm a 6.800 giri/min, velocità n.d.

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