Moto & Scooter
Harley-Davidson Street Rod 1.130
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La prima H-D che si guida con la tuta: questa è una notizia! Deriva dalla V-Rod, il modello che più si distacca dalla classica produzione Harley. Modifiche al telaio e al motore ne hanno fatto una gustosa stradale, dalle prestazioni briose sulle stra
Di Riccardo Capacchione, foto Alessio Barbanti
Siamo nel circuito di Vairano di Vidigulfo, vicino a Pavia, dove sull’impegnativo tracciato di handling (manovrabilità, per chi non mastica l’inglese) abbiamo messo a dura prova la nuova Harley, la Street Rod.
Proprio qui l’Harley-Davidson ha deciso di presentare il modello che può essere considerato il più rivoluzionario nella storia recente della Casa di Milwaukee. Per certi versi questo modello si discosta dallo stile Harley ancor più della V-Rod da cui deriva e che ha introdotto il nuovo motore raffreddato a liquido a V di 60° (i bicilindrici ad aria H-D sono a V di 45°), e un inedito telaio in acciaio le cui volute sono realizzate con una particolare tecnologia denominata hydro forming (che impedisce il formarsi di grinze sulle curvature più strette). Tutto questo viene mantenuto sulla Street Rod che porta ancora più in là il concetto di moto sportiva per Harley-Davidson. Bisogna infatti pensare che se le novità appena esposte da almeno vent’anni non fanno muovere un ciglio ai possessori di moto giapponesi, nella mentalità yankee rappresentano un vero e proprio terremoto. In più, per gli americani il concetto di moto sportiva è strettamente legato ai dragtster, tanto che in occasione della presentazione della V-Rod venne organizzata una vera gara di accelerazione tra giornalisti. Ora le pedane avanzate hanno lasciato spazio a delle più europee pedane centrali (quelle normali, via), il manubrio è riposizionato più avanti e, udite udite, la Street Rod è capace di 40° di inclinazione per lato. Insomma, un’Harley che piega sul serio. Tutto nuovo l’avantreno, a partire dal cannotto di sterzo meno inclinato (30° contro i 34° della V-Rod) e anche le piastre della, forcella angolano meno la sospensione anteriore (2°, sono 4° sulla V-Rod).
Sono valori esagerati per una moto stradale (le sportive si aggirano attorno ai 24°), ma come dicevamo, gli schemi euro-nipponici qui non hanno valore. Altra grande novità la forcella rovesciata e l’impianto frenante firmato Brembo, con pinze dalle dimensioni “america” ma dalla funzionalità - -ottima – tutta italiana. Ma non è finita, in H-D dichiarano che il motore, grazie al nuovo impianto di scarico straight-shot, ha guadagnato in potenza, salendo dai 115 CV della V-Rod ai 120 CV a 8.250 giri della “Street”. Completano il quadro la nuova sella, il parafango posteriore ridisegnato, la cornice degli strumenti dal nuovo look, il serbatoio maggiorato (da 18,9 litri contro gli striminziti 14 litri della V-Rod) e il gommone posteriore da 180 mm di sezione.
Siamo nel circuito di Vairano di Vidigulfo, vicino a Pavia, dove sull’impegnativo tracciato di handling (manovrabilità, per chi non mastica l’inglese) abbiamo messo a dura prova la nuova Harley, la Street Rod.
Proprio qui l’Harley-Davidson ha deciso di presentare il modello che può essere considerato il più rivoluzionario nella storia recente della Casa di Milwaukee. Per certi versi questo modello si discosta dallo stile Harley ancor più della V-Rod da cui deriva e che ha introdotto il nuovo motore raffreddato a liquido a V di 60° (i bicilindrici ad aria H-D sono a V di 45°), e un inedito telaio in acciaio le cui volute sono realizzate con una particolare tecnologia denominata hydro forming (che impedisce il formarsi di grinze sulle curvature più strette). Tutto questo viene mantenuto sulla Street Rod che porta ancora più in là il concetto di moto sportiva per Harley-Davidson. Bisogna infatti pensare che se le novità appena esposte da almeno vent’anni non fanno muovere un ciglio ai possessori di moto giapponesi, nella mentalità yankee rappresentano un vero e proprio terremoto. In più, per gli americani il concetto di moto sportiva è strettamente legato ai dragtster, tanto che in occasione della presentazione della V-Rod venne organizzata una vera gara di accelerazione tra giornalisti. Ora le pedane avanzate hanno lasciato spazio a delle più europee pedane centrali (quelle normali, via), il manubrio è riposizionato più avanti e, udite udite, la Street Rod è capace di 40° di inclinazione per lato. Insomma, un’Harley che piega sul serio. Tutto nuovo l’avantreno, a partire dal cannotto di sterzo meno inclinato (30° contro i 34° della V-Rod) e anche le piastre della, forcella angolano meno la sospensione anteriore (2°, sono 4° sulla V-Rod).
Sono valori esagerati per una moto stradale (le sportive si aggirano attorno ai 24°), ma come dicevamo, gli schemi euro-nipponici qui non hanno valore. Altra grande novità la forcella rovesciata e l’impianto frenante firmato Brembo, con pinze dalle dimensioni “america” ma dalla funzionalità - -ottima – tutta italiana. Ma non è finita, in H-D dichiarano che il motore, grazie al nuovo impianto di scarico straight-shot, ha guadagnato in potenza, salendo dai 115 CV della V-Rod ai 120 CV a 8.250 giri della “Street”. Completano il quadro la nuova sella, il parafango posteriore ridisegnato, la cornice degli strumenti dal nuovo look, il serbatoio maggiorato (da 18,9 litri contro gli striminziti 14 litri della V-Rod) e il gommone posteriore da 180 mm di sezione.
La tecnica
Il motore deriva da quello della V-Rod: bicilindrico a V di 60°, con 4 valvole per cilindro comandate a catena e raffreddamento a liquido. Il rapporto di compressione è di 11,3:1. La cilindrata totale è di 1.130 cc, ottenuta da un alesaggio per corsa di 100x72 mm. Si tratta quindi di un motore dal rapporto spiccatamente superquadro e per questo adatto a regimi di rotazione piuttosto elevati (ricordiamo che i bicilindrici classici Harley sono a corsa lunga: gran coppia in basso e pochi giri).
Il nuovo impianto di scarico ha regalato 5 CV in più rispetto all’unità montata sulla V-Rod, arrivando a quota 120 CV a 8.250 giri. L’alimentazione ad iniezione elettronica sequenziale si avvale di un doppio corpo farfallato con diametro del venturi di 53 mm. La frizione a bagno d’olio ha comando idraulico ed è asservita a un cambio a cinque marce.
Il telaio è a tubi tondi di acciaio e segue uno schema che riprende quello a doppia culla scomponibile inferiormente. Il cannotto di sterzo è inclinato di 30°, ma l’inclinazione della forcella è superiore, dato che le nuove piastre hanno i fori di supporto dei foderi forcella inclinati di ulteriori 2° rispetto al cannotto. L’interasse è notevole, 1.700 mm, mentre è aumentata rispetto alla V-Rod l’altezza della sella: 792 mm. Il serbatoio del carburante è di 18,9 litri, il che ha drasticamente incrementato l’autonomia. La disposizione del nuovo scarico e altri piccoli accorgimenti hanno portato l’angolo di inclinazione laterale a 40°, valore record per una H-D. All’anteriore troviamo due dischi flottanti in acciaio Sunstar da 300 mm lavorati da pinze Brembo a 4 pistoncini da 32 mm (foto a lato), mentre al posteriore il disco singolo, sempre da 300 mm, è accoppiato a una pinza identica a quelle anteriori.
Il nuovo impianto di scarico ha regalato 5 CV in più rispetto all’unità montata sulla V-Rod, arrivando a quota 120 CV a 8.250 giri. L’alimentazione ad iniezione elettronica sequenziale si avvale di un doppio corpo farfallato con diametro del venturi di 53 mm. La frizione a bagno d’olio ha comando idraulico ed è asservita a un cambio a cinque marce.
Il telaio è a tubi tondi di acciaio e segue uno schema che riprende quello a doppia culla scomponibile inferiormente. Il cannotto di sterzo è inclinato di 30°, ma l’inclinazione della forcella è superiore, dato che le nuove piastre hanno i fori di supporto dei foderi forcella inclinati di ulteriori 2° rispetto al cannotto. L’interasse è notevole, 1.700 mm, mentre è aumentata rispetto alla V-Rod l’altezza della sella: 792 mm. Il serbatoio del carburante è di 18,9 litri, il che ha drasticamente incrementato l’autonomia. La disposizione del nuovo scarico e altri piccoli accorgimenti hanno portato l’angolo di inclinazione laterale a 40°, valore record per una H-D. All’anteriore troviamo due dischi flottanti in acciaio Sunstar da 300 mm lavorati da pinze Brembo a 4 pistoncini da 32 mm (foto a lato), mentre al posteriore il disco singolo, sempre da 300 mm, è accoppiato a una pinza identica a quelle anteriori.
Su strada
Lunga lunga e dall’aspetto massiccio, la Street Rod non è una sportiva, ma nemmeno una custom. Roadster è la sua nicchia di appartenenza, così ci dicono alla presentazione di questo modello e non vediamo l’ora di scoprire cosa significhi in concreto. La sorella V-Rod l’abbiamo conosciuta da vicino un po’ di anni fa, per questo le differenze balzano subito evidenti: non bisogna cercare la pedana laggiù, nei pressi della ruota anteriore, basta sistemarsi in sella come su una moto “normale”, il busto correttamente inclinato in avanti e le gambe angolate il giusto. La postura a nostro parere ne ha guadagnato, le vertebre lombari soffrono meno dopo lunghe permanenze in sella e anche il controllo della moto nella guida è migliorato. Il manubrio offre una buona leva (necessaria per gestire i 280 kg della Street Rod) ed è posizionato più in avanti: così il pilota ha la possibilità di caricare meglio l’anteriore negli ingressi di curva, avanzando col busto.
In questo modo, però, la strumentazione è troppo vicina e non correttamente angolata per essere letta con un colpo d’occhio. Peccato, perché la nuova cornice che la racchiude ha un design molto gradevole e originale: un piccolo contagiri è alloggiato sulla sinistra, mentre il tachimetro centrale con contachilometri digitale è affiancato, a destra, dalla lancetta dell’indicatore livello carburante. L’8 valvole a iniezione elettronica (con doppio corpo farfallato da 53 mm) borbotta più sonoro che sulla V-Rod dai nuovi terminali sovrapposti. Il blocchetto d’avviamento è ora posizionato sotto al cannotto dis terzo invece che appena dietro la sella risparmiandovi scottature ogni volta (sempre…) che vi cadano le chiavi tra le marmitte.
L’innesto della prima, una volta superato il carico d’azionamento, piuttosto gravoso, della frizione è un po’ lungo ma abbastanza preciso, come per le altre marce. Il peso si sente, e la geometria di sterzo molto aperta contribuisce a rendere la Street Rod piuttosto lenta nei cambi di direzione. Un po’ di abitudine e di mestiere però aiutano a brandeggiare con sicurezza, se non con rapidità, la nuova H-D nelle successioni strette di curve. Lo stesso vale per gli ingressi nei curvoni, dove il pilota si deve muovere con un certo anticipo per ottenere la “messa in piega” dell’americana. Già sentiamo le voci di chi dice che comprando una giapponese stradale si acquista una moto sicuramente più efficace nella guida. Vero, ma l’efficacia non è sempre tutto: a bordo della roadster H-D ci si sente protagonisti e se anche una goccia di sudore comparirà sulla fronte, una volta in cima al passo di montagna, state sicuri che si asciugherà nelle rughe del sorriso di soddisfazione sul viso di chi la guida. Il nuovo avantreno è protagonista nelle emozioni di guida: la forcella rovesciata Showa, ben tarata di molla e d’idraulica, amministra bene il buon grip della Dunlop ZR, frenata dalle nuove pinze Brembo a 4 pistoncini: il look è Harley, ma l’efficienza è tutta made-in-Italy. Morbido e dolce l’attacco della frenata, utile nei panic-stop su strada, mentre, se c’è bisogno di potenza frenante pura, basta insistere col carico alla leva per ottenerla. Assente il fading anche dopo molte tornate in pista. Se non siete abituati a guidare moto dalla forcella molto inclinata, tenete conto che al contrario di geometrie “standard” in questo caso la moto tende a spingere la ruota anteriore in avanti piuttosto che a chiudere l’avantreno in caso di frenate estremamente potenti. Basta saperlo e si amministra il tutto abbastanza facilmente.
Un po’ nascosta la leva del freno posteriore che può sfuggire alla punta dello stivale. Nella guida stradale questi problemi quasi svaniscono: dimenticavamo, finora abbiamo parlato della guida della Street Rod in pista e questa è già una gran notizia. Il tiro del propulsore è cambiato: decisamente più possente agli alti, fa schizzare la lancetta del contagiri verso i 9.000 senza esitazioni, mentre in basso sembra aver perso un po’ di verve. Merito e colpa del nuovo scarico, più aperto di quello della V-Rod. Già dai 4.000 la giri la spinta però è robusta, anche se la goduria vera arriva dopo i 6.000 giri: sottolineiamo il fatto che a questa quota i bicilindrici old-style di Milwaukee stanno quasi per rendere l’anima… Il passeggero è davvero poco considerato, con la sella a lui dedicata molto inclinata all’indietro (l’ideale per scaricarlo a un semaforo) e le gambe contorte nel tentativo di trovare un appoggio ai piedi. Ma il piacere è tutto là davanti, dove si gusta la coppia ruotando il gas e si sente il vento sulla faccia.
In questo modo, però, la strumentazione è troppo vicina e non correttamente angolata per essere letta con un colpo d’occhio. Peccato, perché la nuova cornice che la racchiude ha un design molto gradevole e originale: un piccolo contagiri è alloggiato sulla sinistra, mentre il tachimetro centrale con contachilometri digitale è affiancato, a destra, dalla lancetta dell’indicatore livello carburante. L’8 valvole a iniezione elettronica (con doppio corpo farfallato da 53 mm) borbotta più sonoro che sulla V-Rod dai nuovi terminali sovrapposti. Il blocchetto d’avviamento è ora posizionato sotto al cannotto dis terzo invece che appena dietro la sella risparmiandovi scottature ogni volta (sempre…) che vi cadano le chiavi tra le marmitte.
L’innesto della prima, una volta superato il carico d’azionamento, piuttosto gravoso, della frizione è un po’ lungo ma abbastanza preciso, come per le altre marce. Il peso si sente, e la geometria di sterzo molto aperta contribuisce a rendere la Street Rod piuttosto lenta nei cambi di direzione. Un po’ di abitudine e di mestiere però aiutano a brandeggiare con sicurezza, se non con rapidità, la nuova H-D nelle successioni strette di curve. Lo stesso vale per gli ingressi nei curvoni, dove il pilota si deve muovere con un certo anticipo per ottenere la “messa in piega” dell’americana. Già sentiamo le voci di chi dice che comprando una giapponese stradale si acquista una moto sicuramente più efficace nella guida. Vero, ma l’efficacia non è sempre tutto: a bordo della roadster H-D ci si sente protagonisti e se anche una goccia di sudore comparirà sulla fronte, una volta in cima al passo di montagna, state sicuri che si asciugherà nelle rughe del sorriso di soddisfazione sul viso di chi la guida. Il nuovo avantreno è protagonista nelle emozioni di guida: la forcella rovesciata Showa, ben tarata di molla e d’idraulica, amministra bene il buon grip della Dunlop ZR, frenata dalle nuove pinze Brembo a 4 pistoncini: il look è Harley, ma l’efficienza è tutta made-in-Italy. Morbido e dolce l’attacco della frenata, utile nei panic-stop su strada, mentre, se c’è bisogno di potenza frenante pura, basta insistere col carico alla leva per ottenerla. Assente il fading anche dopo molte tornate in pista. Se non siete abituati a guidare moto dalla forcella molto inclinata, tenete conto che al contrario di geometrie “standard” in questo caso la moto tende a spingere la ruota anteriore in avanti piuttosto che a chiudere l’avantreno in caso di frenate estremamente potenti. Basta saperlo e si amministra il tutto abbastanza facilmente.
Un po’ nascosta la leva del freno posteriore che può sfuggire alla punta dello stivale. Nella guida stradale questi problemi quasi svaniscono: dimenticavamo, finora abbiamo parlato della guida della Street Rod in pista e questa è già una gran notizia. Il tiro del propulsore è cambiato: decisamente più possente agli alti, fa schizzare la lancetta del contagiri verso i 9.000 senza esitazioni, mentre in basso sembra aver perso un po’ di verve. Merito e colpa del nuovo scarico, più aperto di quello della V-Rod. Già dai 4.000 la giri la spinta però è robusta, anche se la goduria vera arriva dopo i 6.000 giri: sottolineiamo il fatto che a questa quota i bicilindrici old-style di Milwaukee stanno quasi per rendere l’anima… Il passeggero è davvero poco considerato, con la sella a lui dedicata molto inclinata all’indietro (l’ideale per scaricarlo a un semaforo) e le gambe contorte nel tentativo di trovare un appoggio ai piedi. Ma il piacere è tutto là davanti, dove si gusta la coppia ruotando il gas e si sente il vento sulla faccia.
Dati tecnici
Motore: 2 cilindri a V longitudinale di 60°, distribuzione bi albero in testa, 4 valvole per cilindro, raffreddamento a liquido, alesaggio x corsa: 100x72 mm, rapporto di compressione: 11.3:1, potenza massima: 120 CV a 8.250 gpm, coppia massima 108 nm a 7.000 gpm.
Trasmissione: frizione multidisco in bagno d’olio, cambio a 5 marce, finale a cinghia
Cicilsitca: telaio a doppia culla scomponibile inferiormente in tubi tondi di acciaio. Sospensioni: anteriore forcella a steli rovesciati da 43 mm. Posteriore: due ammortizzatori regolabili nel precarico molla
Freni: anteriore a due dischi flottanti in acciaio Sunstar da 300 mm con pinze Brembo a 4 pistoncini da 32 mm, posteriore a disco singolo da 300 mm, con pinze Brembo a 4 pistoncini Pneumatici: antreiore 120/70 ZR 19, posteriore 180/55 ZR-18
Dimensioni: lunghezza 2.445 mm, altezza sella 762 mm, peso a secco280 kg, capacità serbatoio 18.9 lt
Trasmissione: frizione multidisco in bagno d’olio, cambio a 5 marce, finale a cinghia
Cicilsitca: telaio a doppia culla scomponibile inferiormente in tubi tondi di acciaio. Sospensioni: anteriore forcella a steli rovesciati da 43 mm. Posteriore: due ammortizzatori regolabili nel precarico molla
Freni: anteriore a due dischi flottanti in acciaio Sunstar da 300 mm con pinze Brembo a 4 pistoncini da 32 mm, posteriore a disco singolo da 300 mm, con pinze Brembo a 4 pistoncini Pneumatici: antreiore 120/70 ZR 19, posteriore 180/55 ZR-18
Dimensioni: lunghezza 2.445 mm, altezza sella 762 mm, peso a secco280 kg, capacità serbatoio 18.9 lt