Moto & Scooter
Confronto a tre: le nude turistiche
BMW R850R, Guzzi Breva 750, Yamaha Bulldog: tre stili diversi, tre prezzi diversi. Ma tre moto paragonabili, perchè simili nell’inclinazione e nella facilità d’uso. Nei fatti, due belle conferme e una grande sorpresa. Con gli occhi a mandorla
di Fabio Cormio, foto Alberto Cervetti
Tester: Fabio Cormio, Alberto Dell'Orto, Massimo Della Piega
Si ringrazia per il suporto logistico Alessandro "AleCafè" D'Aiuto
C’è qualcuno –i soliti malfidenti– che sospetta che le comparative e i loro esiti siano decisi a tavolino, in base a chissà quali logiche occulte.
Perchè questa premessa? Ad esempio perchè il sottoscritto, quando le tre moto del confronto sono arrivate (praticamente in contemporanea) nel garage della redazione, si è chiesto davvero se la comparativa che aveva ideato avesse un senso o meritasse di essere mandata a monte. Già, perché guardandole una per una, poi tutte insieme, una a fianco all’altra, i conti non mi tornavano più: troppo diverse le dimensioni delle tre nude. Troppo piccola e un po’ dimessa la Breva, che peraltro sulla carta non avrebbe mai potuto tenere il passo delle concorrenti.
Troppo perfetta la R850, talmente ben rifinita che la si vorrebbe portare in salotto, ma anche troppo costosa per essere una vera concorrente dell’italiana. Infine, troppa la diffidenza a priori verso la Bulldog: il motore fiacco e lo scarso appeal l’avrebbero – pensavo - certamente condannata a una posizione di rincalzo. Ma ormai le moto c’erano, il fotografo anche, i tester pure: si va. E per fortuna! Dopo un approfondito esame, è emerso che la realtà era tutt’altra cosa.
Siete mai saliti su una “R”? E’ un’ esperienza rassicurante. Eccezion fatta per il comando degli indicatori di direzione (quelli tipici BMW, con un pulsante a sinistra e due a destra, di cui uno per disattivare il lampeggiante), per il resto è esattamente quello che ci si attende da una nuda bicilindrica con vocazione turistica. Sali e non sei solo “comodo”: ti senti il padrone.
Le braccia distese e abbastanza larghe, le gambe ben inserite nei fianchi del serbatoio e non costrette a rannicchiarsi: la sensazione, poi supportata dai fatti, è quella di poter percorrere centinaia di chilometri senza stancarsi.
Anche perchè, pur essendo una naked, la R850 R monta un cupolino che non si fa notare troppo ma è protettivo. Considerando la temperatura atmosferica durante la prova (eravamo vicini allo 0°C), anche le manopole riscaldate (opzionali), regolabili su due livelli d’intensità, costituiscono un altro incentivo all’utilizzo della moto in tutte le stagioni.
Davvero elegante il quadro strumenti: analogico a fondo nero, è incastonato in una cornice di metallo satinato di ottima fattura. In questo panorama di efficienza e di cura dei dettagli, lascia perplessi la mancanza dell’indicatore del livello carburante.
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Scendi dall’R850, sali sulla Breva, e ti chiedi: “ma è uno scherzo, o cosa?”. Il paragone, così a freddo, infatti è impietoso, soprattutto se sei più alto della media. Rispetto alla ieratica bavarese, la settemmezzo lariana pare un giocattolino: per chi scende da una V35 (e soprattutto per chi ha dimensioni da pivot) può non essere un problema, ma a noi la Breva è parsa francamente troppo piccina, soprattutto considerando che è nata proponendosi come una turistica tuttofare. Quel che ha, però, la guzzina lo vende bene: basta abituarsi alle ginocchia un po’ in alto, ed ecco che emerge la natura easy della nuda di Mandello, che pesa una trentina (abbondante) di chili meno delle concorrenti, e non fa nulla per nasconderlo.
La posizione in sella è ben studiata, anche il passeggero si ritaglia una seduta discretamente confortevole. La strumentazione non brilla nè per originalità nè per fattura, ma è funzionale, facilmente consultabile, e non si fa mancare nulla (tranne il famoso livello carburante): c’è anche l’indicatore della temperatura atmosferica, peraltro piuttosto preciso. Ampia anche la gamma degli accessori, a partire dalle borse rigide e dal parabrezza più protettivo (quello di serie è del tutto insufficiente). Le finiture, nel complesso, sono di qualità acettabile (pregevole la sella), anche se alcuni particolari restano davvero poco consoni all’aquila lombarda: ci riferiamo, ad esempio, al parafango anteriore, che durante la marcia si abbassa e usura il pneumatico al centro.
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Così, col serbatoio tutto arancione, non l’avevo mai vista. Altro che insulsa, la BT1100 è una gran bella moto. Ricorda il Monster? Capisco. Devo dunque dedurre che voi non uscireste con una ragazza perchè somiglia a Monica Bellucci?
Fascinosa è tutta la moto, partendo dallo splendido telaio a vista, per arrivare alla forcella, alla sella, al manubrio e alla strumentazione: molto compatta ma completa (tranne che del solito indicatore del livello carburante...). Come sulla Breva, il cupolino è insufficiente a garantire protezione dall’aria.
In sella si comprende che il progetto Bulldog non è nato solo per operare il riciclaggio di un vecchio motore. Ci si sente parte integrante della moto, ben inseriti tra sedile, serbatoio e manubrio. Peccato che questa sensazione non possa essere condivisa col passeggero, al quale il sellino spiovente (ma verso l’esterno!) sembra suggerire caldamente di starsene a casa. In effetti un debolezza congenita della bicilindrica di Iwata (in realtà è stata progettata e viene costruita in Italia) sta proprio nella sua indole di fun bike: la cavalleria è fin troppo esigua, ma la Bulldog si dà quasi arie da sportiva. Come dire: “che ci fa un motore buono per andare a spasso su una moto dall’aspetto così aggressivo?”.
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E’ vero, una volta c’era anche il K75: ma fatta eccezione per quella parentesi a tre cilindri, la nuda turistica è, per BMW, motorizzata boxer. L’850R, in particolare, è il più tradizionale dei bicilindrici bavaresi, visto che non adotta la doppia accensione, in voga su tutte le altre motorizzazioni. Le caratteristiche chiave restano il raffreddamento ad aria, la distribuzione monoalbero e la trasmissione finale ad albero cardanico. Eroga circa 71 cavalli a 7.000 giri.
Il V2 trasversale della Breva, coi cilindri che formano tra loro un angolo di 90°, è, nella sostanza, quello dell’ormai datata Nevada, che affonda le sue radici nella vecchia serie V35-V50.
E’ un propulsore dalle prestazioni limitate, tanto che i 48 cavalli (35 kW) sono esattamente sufficienti (e non è un caso, visto il target di riferimento) a permettere il conseguimento della patente senza limitazioni. Come da tradizione, il settemmezzo Guzzi è raffreddato ad aria e ha distribuzione a due valvole comandate da aste e bilancieri. Ovviamente la trasmissione finale è a cardano.
Se è vero che, in generale, Yamaha ha una tradizione meno radicata di Guzzi e BMW nei bicilindrici quattro tempi, è anche vero che questo motore in particolare ha una storia lunga decenni: negli anni ’80 equipaggiava la robusta TR1 (la cilindrata era, allora, di 980 cc), mentre attualmente è montato sulla custom Drag Star.
È un V2 (la sigla BT sta, appunto, per Big Twin) longitudinale raffreddato ad aria, con distribuzione monoalbero a due valvole. Si tratta di un motore decisamente superquadro (alesaggio x corsa: 95 x 75 mm) e dal rapporto di compressione tutt’altro che spinto (8,3:1). A differenza dei rivali europei, il motore della Bulldog è alimentato a carburatori. La potenza (64,9 CV) non è elevata, ma la coppia è ragguardevole: 88 Nm a 4.500 giri.
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Fossi furbo, potrei cavarmela facendo contenti tutti: titillerei l’orgoglio biemmevuista affermando che la R850 è l’unica vera turistica a 360°, più accessoriata delle rivali e buona anche per l’autostrada. Poi potrei farmi perdonare dai Guzzisti, complimentandomi per l’agilità e la maneggevolezza della Breva, finalmente una “moto vera” capace di far concorrenza agli scooteroni. Infine potrei lodare il favorevole rapporto qualità-prezzo della Bulldog.
Potrei, anche perché quanto detto è tutto vero: ognuna ha il proprio terreno ideale, e si fa preferire da una diversa tipologia di centauro. Queste moto, però, noi le abbiamo provate dappertutto (città, extraurbane, autostrada), e crediamo sia giusto dare a qualcuno la soddisfazione della vittoria. Quel “qualcuno” è la Bulldog. La nudona dei tre diapason è facile in sella, ma ha anche un carattere spiccato: la ciclistica c’è, e fa venir voglia di aprire il gas.
Certo, il motore non ha un grande allungo, anzi. Ma la spinta ai medi è vigorosa, e il rombo galvanizzante. Pennellando le curve e seguendo la propria traiettoria si può tenere un ottimo passo nel misto, anche grazie a freni persino sovradimensionati (derivano da quelli dell’R1); se però si cerca la guida sportiva, fatta di staccate decise e pieghe al limite… beh, in quel caso si fanno notare il peso eccessivo e le sospensioni troppo morbide (ma di buona qualità, soprattutto il mono posteriore). Il cardano, invece, non dà mai fastidio: anzi, c’è da dire che il reparto trasmissione della BT1100 non teme confronti in questa categoria. E poi, i 190 all’ora di tachimetro non sono così deludenti per una naked.
La R850 R, questo è evidente, è invece la più completa. Rimproverarle qualcosa è difficile: personalmente non mi ha entusiasmato il cambio, dagli innesti un po’ bruschi che fanno beccheggiare la moto. Per il resto, è una signora due ruote. Va forte quanto basta (e anche qualcosa in più), non è una moto da signorine ma dà confidenza a tutti, frena alla grande, è protettiva. Certo, costa 10.500 euro: che, con l’ABS, le manopole riscaldate e il parabrezza diventano oltre 12.000. Una vera mazzata, appesantita dai costi di gestione non indifferenti.
Infine, la Breva: l’ammortizzatore posteriore economico e gli pneumatici dalla stretta sezione la penalizzano nella stabilità sul dritto alle alte velocità. Si viene risucchiati e schiaffeggiati dai tir durante i sorpassi. Il comportamento dinamico, per il resto, è ineccepibile: la moto frena bene nonostante il disco singolo anteriore (ma è un Brembo serie Oro, ricordiamolo!), la forcella è sincera e rigida il giusto, il motore è poco potente ma è un esempio di perfetta erogazione. Ho avuto qualche problema con gli innesti del cambio, ma mi par di capire che fosse un problema di questo singolo esemplare.
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