Moto & Scooter
A Jerez con la Honda RC211V
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Ha conteso fino all’ultimo il titolo a un fuoriclasse come Valentino Rossi. Lei, la Honda MotoGP, il suo dovere l’ha fatto, altri hanno mancato. Anche perché in versione 2004 la cinque cilindri, da noi provata, si dimostra realmente cresciuta
di Antonio Vitillo
Jerez de la Frontera - È la grande occasione (per divertirsi, sia chiaro: non c’è in palio niente!). Di quelle che capitano una volta l’anno. E non è detto. Del nostro “Martedì da leoni” raccogliamo qualche nota a ridosso del muretto dei box, tra il tenue odore d’olio sintetico del 4 tempi e il rumore assordante di tromboni di scarico aperti. Già, perché questa volta HRC ci ha concesso di provare la RC211V in un normale giorno di test postcampionato in quel di Jerez de la Frontera, in una giornata di sole che ha coinvolto la maggior parte delle squadre della MotoGP.
Passa Checa, con la Desmosedici in livrea nera. E Capirossi, poi Nakano. Le “rosse” e la Bridgestone fanno insieme il loro primo brillante debutto in società.
Qui di fianco ci sono Nicky Hayden, Chris Vermeulen, Karl Muggeridge. Possono ancora permettersi di osservare distratti, ma da domani si lavora!
Lo stato maggiore HRC è presente al gran completo.
È il nostro terzo test, uno l’anno: possiamo dire, modestamente, che Honda Italia ci ha in qualche modo fatto testimoni diretti dello sviluppo della RC211V, una moto che dal 2002 rivela talenti, consacra o abbatte i migliori del mondo.
Quest’anno la moto da battere è stata battuta, almeno per quanto concerne il titolo piloti (ha vinto quello costruttori): ma dall’altra parte c’era Valentino, non uno come gli altri.
Jerez de la Frontera - È la grande occasione (per divertirsi, sia chiaro: non c’è in palio niente!). Di quelle che capitano una volta l’anno. E non è detto. Del nostro “Martedì da leoni” raccogliamo qualche nota a ridosso del muretto dei box, tra il tenue odore d’olio sintetico del 4 tempi e il rumore assordante di tromboni di scarico aperti. Già, perché questa volta HRC ci ha concesso di provare la RC211V in un normale giorno di test postcampionato in quel di Jerez de la Frontera, in una giornata di sole che ha coinvolto la maggior parte delle squadre della MotoGP.
Passa Checa, con la Desmosedici in livrea nera. E Capirossi, poi Nakano. Le “rosse” e la Bridgestone fanno insieme il loro primo brillante debutto in società.
Qui di fianco ci sono Nicky Hayden, Chris Vermeulen, Karl Muggeridge. Possono ancora permettersi di osservare distratti, ma da domani si lavora!
Lo stato maggiore HRC è presente al gran completo.
È il nostro terzo test, uno l’anno: possiamo dire, modestamente, che Honda Italia ci ha in qualche modo fatto testimoni diretti dello sviluppo della RC211V, una moto che dal 2002 rivela talenti, consacra o abbatte i migliori del mondo.
Quest’anno la moto da battere è stata battuta, almeno per quanto concerne il titolo piloti (ha vinto quello costruttori): ma dall’altra parte c’era Valentino, non uno come gli altri.
Un anno di cambiamenti
Rispetto al 2003, la RC211V è evidentemente mutata nelle forme. Non che le proporzioni siano cambiate, però c’è una nuova carena: il frontale e i fianchi migliorerebbero l’aerodinamica e la capacità di scambiare calore tra il motore e l’esterno, mentre il codone si è plasmato a racchiudere quegli accattivanti terminali di scarico. Il serbatoio, che ancora è di 24 litri, è diverso per ogni pilota, adattandosi alla corporatura ed allo stile di guida di ciascuno.
Gli scarichi: era l’ultima parte della stagione 2003 quando la Honda adottò il 5 in 3 a terminali tagliati a “fettina di salame”. Ma, a 2004 inoltrato, il numero di tromboncini diventa 4, ed è chiaro che a suggerire il cambiamento sono stati miglioramenti emersi sperimentalmente al banco.
Non ci è dato sapere (abbiamo pur sempre a che fare con dei giapponesi “molto riservati”), come sia fatto il telaio in alluminio, nè le quote caratterizzanti la ciclistica. Tuttavia, ciò che è evidente è la diversa distribuzione dei pesi, con uno spostamento verso l’indietro, probabile effetto di un differente ancoraggio del motore. In linea teorica, quindi, la RCV sembrerebbe più votata all’aumento della trazione che ad avere un avantreno granitico.
Il forcellone è totalmente diverso, più robusto e con un altro sistema di attacco dell’ammortizzatore che, al pari della forcella, ha la parte idraulica modificata. Peraltro lì sotto, dietro a quella V composta da 3 cilindri avanti e 2 dietro, (che insieme significano 990 centimetri cubi e sono capaci di potenze stratosferiche, ben oltre i 240 cavalli), anche i leveraggi della sospensione posteriore sono cambiati, abbandonando un originale sistema di fulcraggio del mono in favore di uno che ora è simile a quello della CBR600RR. A proposito: l’ammortizzatore di sterzo elettronico non c’è più. Ed una curiosità: il radiatore dell’acqua è così ampio che copre completamente il motore dal vento relativo generato dal movimento, da cima a fondo!
Gli scarichi: era l’ultima parte della stagione 2003 quando la Honda adottò il 5 in 3 a terminali tagliati a “fettina di salame”. Ma, a 2004 inoltrato, il numero di tromboncini diventa 4, ed è chiaro che a suggerire il cambiamento sono stati miglioramenti emersi sperimentalmente al banco.
Non ci è dato sapere (abbiamo pur sempre a che fare con dei giapponesi “molto riservati”), come sia fatto il telaio in alluminio, nè le quote caratterizzanti la ciclistica. Tuttavia, ciò che è evidente è la diversa distribuzione dei pesi, con uno spostamento verso l’indietro, probabile effetto di un differente ancoraggio del motore. In linea teorica, quindi, la RCV sembrerebbe più votata all’aumento della trazione che ad avere un avantreno granitico.
Il forcellone è totalmente diverso, più robusto e con un altro sistema di attacco dell’ammortizzatore che, al pari della forcella, ha la parte idraulica modificata. Peraltro lì sotto, dietro a quella V composta da 3 cilindri avanti e 2 dietro, (che insieme significano 990 centimetri cubi e sono capaci di potenze stratosferiche, ben oltre i 240 cavalli), anche i leveraggi della sospensione posteriore sono cambiati, abbandonando un originale sistema di fulcraggio del mono in favore di uno che ora è simile a quello della CBR600RR. A proposito: l’ammortizzatore di sterzo elettronico non c’è più. Ed una curiosità: il radiatore dell’acqua è così ampio che copre completamente il motore dal vento relativo generato dal movimento, da cima a fondo!
Più equilibrata, più matura
In sella è un mare di sensazioni, che ricordiamo come una gita fugace nel Nirvana. I cordoli, “sfiorati” col casco, erano istantanei flash psichedelici sulla visiera, come in un caleidoscopio. E quell’urlo roco di scarico, una sinfonia.
Vedere e sentire. E toccare quel manubrio, poggiare le umili terga su quella sella che, paradosso, invita ad abbracciare un mito piuttosto che a sopportarne il peso.
Se guidare le moto in pista, alle presentazioni ufficiali, è una splendida routine per noi che lo facciamo abitualmente, il test di fine stagione delle Honda ufficiali è diventato una dose di droga purissima.
E questo è il giorno della festa: abbiamo l’abito nuovo. Sulla tuta intonsa, sul cuore, è cucito il nome di chi vorremmo portare con noi a spasso sulla maestosa fuoriserie per le vie di Jerez, cordolate di bianco e azzurro.
Stavolta la RCV ci dà più confidenza. Uhm… non riteniamo d’esser diventati più bravi, ma la nostra non è più la bestia bastarda dello scorso anno. Sempre bestia è, forse di più addirittura. Ma meno recalcitrante, più equilibrata, matura. La moto di Hayden sembra non manifestare quegli evidenti galleggiamenti d’avantreno di cui deve aver parlato Randy Mamola, ancora una volta nostro compagno di ventura, seppure a cavallo della numero 4, quella di Barros.
Vedere e sentire. E toccare quel manubrio, poggiare le umili terga su quella sella che, paradosso, invita ad abbracciare un mito piuttosto che a sopportarne il peso.
Se guidare le moto in pista, alle presentazioni ufficiali, è una splendida routine per noi che lo facciamo abitualmente, il test di fine stagione delle Honda ufficiali è diventato una dose di droga purissima.
E questo è il giorno della festa: abbiamo l’abito nuovo. Sulla tuta intonsa, sul cuore, è cucito il nome di chi vorremmo portare con noi a spasso sulla maestosa fuoriserie per le vie di Jerez, cordolate di bianco e azzurro.
Stavolta la RCV ci dà più confidenza. Uhm… non riteniamo d’esser diventati più bravi, ma la nostra non è più la bestia bastarda dello scorso anno. Sempre bestia è, forse di più addirittura. Ma meno recalcitrante, più equilibrata, matura. La moto di Hayden sembra non manifestare quegli evidenti galleggiamenti d’avantreno di cui deve aver parlato Randy Mamola, ancora una volta nostro compagno di ventura, seppure a cavallo della numero 4, quella di Barros.
Un giudizio? No, grazie
Intanto il motore impenna ruggendo, da 10 a 16.000 giri; a 7/8.000 va, ti porta fuori, ma è come essere al minimo, pur senza spegnersi. Intorno ai 12.000 l’alleggerimento di avantreno è brivido freddo, piacevole come una doccia gelata dopo il bagno turco. Poi arriva la paura che iberna il sangue nelle vene, quando i freni in carbonio non ancora in temperatura, sembrano non svolgere il compito loro assegnato: alla fine frenano, ovviamente, ma sarebbe stato meglio convincerli prima, pizzicandoli con un dito, magari lungo l’uscita box o in rettilineo.
Poi è libidine, quando, sia chiaro, involontariamente aumentiamo la morsa delle due dita sulla leva: la RCV serpeggia inquieta in fondo al dritto del traguardo: il dietro si è alleggerito, ma non perde la linea inserendosi lo stesso nella stretta curva a destra. A sostegno c’è un’erogazione di potenza continua, costante e fluida, che dà pure una certa confidenza, ma, perbacco, la 16 pollici e mezzo posteriore non finisce mai di sbattere a terra cavalli. Pensare ai marziani che ne vorrebbero di più ci fa sentire umani. Troppo umani.
Le marce si infilano a gas aperto e senza tirare la frizione: un sensore sulla leva interrompe per un istante la corrente al motore e i giri calano. E l’istante è meno lungo che se si chiudesse e riaprisse il gas. In staccata tutto torna alla normalità, per gas e frizione. La RC211V è stabile? Si, diciamo… un bel po’. Ed è agile? Sì… lo stesso “po’”. Anche se siamo chiamati a farlo, è difficile per noi dire quale delle qualità emerga. Da tester un pelo avvilito per questo senso di impotenza a giudicare, occhi fessurati, zigomi alzati e sorriso da bambino ruffiano, proponiamo: “Signori della Honda, grazie! Appuntamento per l’anno prossimo… vero?”
La faccia tosta non ci manca.
Poi è libidine, quando, sia chiaro, involontariamente aumentiamo la morsa delle due dita sulla leva: la RCV serpeggia inquieta in fondo al dritto del traguardo: il dietro si è alleggerito, ma non perde la linea inserendosi lo stesso nella stretta curva a destra. A sostegno c’è un’erogazione di potenza continua, costante e fluida, che dà pure una certa confidenza, ma, perbacco, la 16 pollici e mezzo posteriore non finisce mai di sbattere a terra cavalli. Pensare ai marziani che ne vorrebbero di più ci fa sentire umani. Troppo umani.
Le marce si infilano a gas aperto e senza tirare la frizione: un sensore sulla leva interrompe per un istante la corrente al motore e i giri calano. E l’istante è meno lungo che se si chiudesse e riaprisse il gas. In staccata tutto torna alla normalità, per gas e frizione. La RC211V è stabile? Si, diciamo… un bel po’. Ed è agile? Sì… lo stesso “po’”. Anche se siamo chiamati a farlo, è difficile per noi dire quale delle qualità emerga. Da tester un pelo avvilito per questo senso di impotenza a giudicare, occhi fessurati, zigomi alzati e sorriso da bambino ruffiano, proponiamo: “Signori della Honda, grazie! Appuntamento per l’anno prossimo… vero?”
La faccia tosta non ci manca.