Moto & Scooter
Comparativa 1000 hypersport
Prima di tutti, vi proponiamo una comparativa tra le ipersportive giapponesi quattro cilindri, corredata da due gallery fotografiche e una tabella con tutti i dati tecnici
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Tutto sulla nuova R1! |
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Hai già letto la prima prova della supersportiva di Iwata? Ora abbiamo pubblicato il test completo, con la prova approfondita in strada e in pista |
I risultati del nostro primo sondaggio hanno detto che il pubblico è rimasto ammaliato dalle doti di sportiva estrema della Kawa ZX-10. Ma, ora che le tre nuove supersportive (oltre alla Suzuki GSX-R 1000, provata l’anno scorso) ci sono passate tutte sotto mano, quali sono le conclusioni da trarre? La lotta si gioca veramente sul filo del chilogrammo in più o in meno, sul paio di cavalli guadagnati quando l’airbox è in pressione, oppure sono altri i parametri in grado di regalare all’uno o all’altro modello il predominio in questo settore di mercato? Rispondere non è facile, ma cercheremo di farlo in questa e nelle prossime pagine. Cominciamo da prezzi, colori e disponibilità delle quattro moto.
- La Honda CBR1000 RR ha un prezzo indicativo di 13.000 euro f.c. e sta arrivando in questi giorni dai concessionari. I colori sono tre: rosso, nero e tricolore bianco/rosso/blu.
Vai alla prova singola della Honda CBR1000 RR!
- La Kawasaki ZX-10R costa 13.200 euro f.c.. E’ già dai concessionari ed è disponibile in tre varianti cromatiche: il tradizionale verde lime, blu e nero.
Vai alla prova singola della Kawasaki ZX-10R!
- La Suzuki GSX-R 1000 è in vendita dall’anno scorso: attualmente il prezzo di listino è di 13.222 euro f.c.. I colori sono due: l’istituzionale bianco/blu Suzuki e un sobrio Silver.
Vai alla prova singola della Suzuki GSX-R 1000!
- La Yamaha YZF R1 costa 13.790 euro ma chiavi in mano. Sarà in vendita tra fine febbraio e l’inizio di marzo, nei colori: rosso, blu, nero/silver.
Vai alla prova singola della Yamaha R1!
Quando si tratta di dare giudizi estetici bisogna andarci coi piedi di piombo, data la soggettività intrinseca nell’argomento. C’è chi dice che le giapponesi, soprattutto se carenate, sono tutte uguali, altri le trovano semplicemente tutte brutte. Prima di tutto va detto, invece, che le queste quattro ipersportive del Sol Levante sono molto diverse tra loro: per dimensioni e stile.
Tutte e quattro sono aggressive (ovvio), ma R1 e ZX-10 hanno un’aria “no compromise” che le distingue leggermente dalle altre due, imponendo anche una posizione di guida più estrema. La Kawasaki, poi, è anche visibilmente più compatta delle rivali (in pratica ha dimensioni simili a quelle di una Supersport: basti pensare che è ben 5 centimetri più corta della GSX-R, a suo tempo acclamatissima per le misure ridotte).
Tutte e quattro hanno frontali caratterizzati dalle grandi “bocche” che portano l’aria all’air-box: ancora una volta la verdona si distingue leggermente perché ha una singola, ampia feritoia, in opposizione alle concorrenti, che ne hanno due a lato dei gruppi ottici. A proposito: se le altre “millone” hanno begli occhi a mandorla, l’ipersport di Hamamatsu ha un grande, bislungo faro centrale che la accomuna alle versioni 600 e 750. Altro elemento caratterizzante è il terminale di scarico: Suzuki e Kawasaki hanno pragmaticamente optato per il classico 4-in-1 (comunque in materiali leggerissimi), mentre Honda e Yamaha non si sono fatte mancare le (apprezzatissime) bocche di fuoco sotto la sella (una la CBR, sdoppiata la R1).
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Già, “piccole belve”. Lo sforzo dei quattro colossi giapponesi per migliorare le prestazioni non ha - infatti - inibito la ricerca di misure più compatte. Gli ingredienti usati dalle Case per raggiungere questo scopo sono simili: in generale le teste sono state riviste in funzione di una maggior compattezza; ad esempio sono stati ridotti gli angoli d’inclinazione delle valvole. A proposito: la distribuzione è ovviamente bialbero per tutte, ma Yamaha resta fedele alle 5 valvole (soluzione sulla cui efficacia dubitano in molti, ma che la Casa di Iwata continua ad utilizzare anche in MotoGP). La Kawasaki adotta leggerissime valvole di scarico in titanio, che favoriscono il raggiungimento dei regimi più alti. Inoltre, se è vero che la coppia massima della verdona è inferiore (di una decina di Nm) a quella delle concorrenti, c’è da notare che lo scarico è dotato di una speciale valvola che regola le onde di pressione, accorgimento che favorisce proprio l’erogazione della coppia ai regimi di rotazione più ridotti.
Per quanto riguarda la CBR, rispetto alla Fireblade 2003 l’incremento della corsa da 54 a 56,5 mm è un intervento d’importanza (quasi) secondaria: questo per dare un’idea della portata dei cambiamenti nel quattro cilindri Honda. Il propulsore è diventato molto più piccolo (circa 5 cm in lunghezza) grazie al riposizionamento dell’albero motore e del motorino d’avviamento. Nonostante la CBR sia la più pesante del lotto (179 kg), il lavoro degli ingegneri per ridurre le masse al minimo è davvero lodevole: i pistoni sono in alluminio forgiato, valvole e molle valvole sono state alleggerite con soluzioni raffinate. Anche la 1000RR, dopo la 600, adotta il sistema di doppia iniezione sequenziale PGM-DSF1, che si basa su due set separati di iniettori (di cui uno alla sommità dell’airbox).
L’impianto d’iniezione della GSX-R 1000 si basa sul sistema SDTV (corpi farfallati con doppia valvola). L’opera di alleggerimento, nel caso della Suzuki, ha interessato, tra gli altri componenti, gli spinotti dei pistoni e il condotto di lubrificazione del tendicatena della distribuzione. Ma la soluzione più interessante riguarda i cilindri: tra uno e l’altro sono stati praticati fori al fine di compensare le differenze di pressione generate nel carter dal sali-scendi dei pistoni.
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Seppur con risultati molto differenti, tutte e quattro le case giapponesi hanno partecipato al mondiale MotoGp: sarebbe quindi stato controproducente non sfruttare l’esperienza, in termini di know-how o anche semplicemente di marketing.
Naturalmente Honda, protagonista del motomondiale, progettando l’ultima CBR ha enfatizzato le somiglianze con la RC211: il telaio, completamente nuovo, presenta varie sezioni realizzate in fusione Gravity Die Cast. Deriva dalla ex-moto di Valentino anche la sospensione posteriore, con il forcellone che è stato allungato (già, perché è stato accorciato il motore). Quanto ai freni, grazie all’adozione della pinza radiale, si è potuto ridurre il diametro (quindi il peso e gli effetti giroscopici) dei dischi anteriori. La pompa è a pistoncino verticale.
Al vertice opposto del quadrato troviamo la ZX-10R, molto più corta della rivale Honda: l’interasse, di soli 1.385 mm, è da vertigine. Anche qui è stato allungato il forcellone, a tutto favore della stabilità nell’erogazione della nutrita cavalleria: in generale, la sospensione posteriore ha fatto un grosso balzo in avanti rispetto al passato. I dischi, a margherita, sono anche in questo caso morsi da pinze ad attacco radiale.
”Rigidità” e “reattività” sono state le parole d’ordine dei tecnici Yamaha nella progettazione della nuova R1: inclinare i cilindri in avanti di 40° ha portato un gran beneficio alla rigidità del telaio (si dichiara un +200%!). Inoltre quest’inclinazione ha fatto sì che il travi del telaio non debbano più contenere il blocco testata: la conseguenza è una decisa riduzione della sezione orizzontale. Lo splendido forcellone è in alluminio pressofuso a riempimento controllato, e dotato di capriata di rinforzo inferiore. Nonostante le pinze radiali, il diametro dei dischi (Brembo) anteriori è rimasto di 320 mm.
Suzuki ha invece montato dischi da 300 mm, e pinze da 4 pistoncini (prima erano 6) in virtù del potenziamento dell’impianto dovuto all’adozione delle pinze radiali. Rispetto a quello delle rivali appena nate, l’ingombro del telaio nettamente superiore, anche se lo chassis nel complesso ha un peso ridotto (basti pensare che la GSX-R resta la più leggera delle 4 jap, con 168 kg).
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| Motore | ||||
| Cilindri | 4 in linea | 4 in linea | 4 in linea | 4 in linea |
| Cilindrata | 998 cc | 998 cc | 998 cc | 998 cc |
| Alesaggio x corsa | 75x56,5 mm | 76x55 mm | 73x59 mm | 77x53,6 |
| Rapporto di compressione | 11,9:1 | 12,7:1 | 12:1 | 12,3:1 |
| Potenza massima/giri | 172 CV/11.250 | 175 CV/11.700 |
164 |
172 |
| Potenza max con airbox in pressione | nd | 184 CV | nd | 180 CV |
| Coppia max/giri | 115,1 Nm/8.500 | 115 Nm/ 9.500 |
110 Nm/8.400 |
103,9 Nm/ 10.500 |
| Alimentazione | iniezione elettronica | iniezione elettronica | iniezione elettronica | iniezione elettronica |
| Frizione | multidisco in bagno d'olio | multidisco in bagno d'olio | multidisco in bagno d'olio | multidisco in bagno d'olio |
| Cambio | 6 rapporti | 6 rapporti | 6 rapporti | 6 rapporti |
| Trasm. finale | catena | catena | catena | catena |
| Ciclistica | ||||
| Telaio | doppio trave in alluminio | doppio trave in alluminio |
doppio trave in alluminio | Deltabox V in alluminio |
| Forcella | steli rovesciati da 43 mm: regolazione di
precarico, compressione e ritorno |
steli rovesciati da 43 mm: regolazione |
steli rovesciati, completa-mente regolabile | steli rovesciati da 43 mm completa-mente regolabile |
| Forcellone | Pro-link con ammortizza- tore a gas regolabile nel precarico (13 posizioni), in compressione e ritorno |
Uni-trak con ammortizza-tore a gas, regolabile in compres-sione, estensione e precarico |
Forcellone oscillante con leveraggio progressivo mono-ammortizza-tore idraulico regolabile | Forcellone oscillante (con capriata di rinforzo) in alluminio a leveraggi progressivi |
| Freno ant. | doppio disco da 310 mm, pinze a 4 pistoncini, attacco radiale | doppio disco semi-flottante da 300 mm a
margherita, pinza ad attacco radiale a 4 pist. contrapposti |
doppio disco da 300 mm, pinze a 4 pistoncini,
attacco radiale |
doppio disco flottante da 320 mm, attacco radiale |
| Freno post. | disco singolo da 220 mm, pinza a pistoncino singolo | disco singolo a 220 mm con profilo a margherita |
disco singolo da 220 mm | Disco singolo da 220 mm |
| Cerchi | 17", alluminio pressofuso | 17" | 17" | 17" |
| Pneum. ant. | Bridgestone BT014, 120/70 | Michelin Pilot 120/70 | Bridgestone, 120/70 | Michelin Pilot Power 120/70 |
| Pneum. post. | Bridgestone BT014, 190/50 | Michelin Pilot 190/50 | Bridgestone, 190/50 | Michelin Pilot Power 190/50 |
| Dimensione | ||||
| Lunghezza | 2.025 mm | 2.045 mm | 2.070 mm | 2.065 mm |
| Interasse | 1.410 mm | 1.385 mm | 1.410 mm | 1.395 mm |
| Altezza sella | 820 mm | 825 mm | nd | 835 mm |
| Peso a secco | 179 kg | 170 kg | 168 kg | 172 kg |
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N.B.: Le quattro moto sono state provate da due tester differenti: Honda e Yamaha dal nostro Antonio Vitillo, Suzuki (l’anno scorso) e Kawasaki dal collega inglese Kevin Ash. Ci atteniamo dunque alle valutazioni di questi giornalisti e collaudatori esperti e stimati, non potendo tuttavia fornirvi una valutazione complessiva e unitaria da parte della nostra redazione. Almeno per ora, visto che contiamo di realizzare ben presto una comparativa in pista e in strada coi giornalisti interni a Motonline.
Antonio Vitillo in azione con la CBR1000 RR Fireblade a Phoenix, Arizona
È difficile dire se la GSX-R sia l’ultima delle 1000 della “vecchia scuola” o la prima di quelle di nuova generazione. Il motore è potentissimo, non accusa mai vuoti e si rivela di una fluidità entusiasmante: riesce addirittura a sembrare dolce, anzi lo è.
La stabilità sul veloce è eccellente: il telaio è una vera roccia e dà sicurezza. Meno positivi i capitoli riguardanti maneggevolezza (ed è in questo che la Suzuki può apparire un po’ “vecchiotta”) e freni: l’impianto è sì leggero, ma la leva richiede una forte pressione in staccata.
Con la nuova Fireblade, Honda segue una linea simile: la CBR1000 nasce per essere potentissima ed efficace, certo, ma anche godibile da chi non ha velleità da pilota di GP. Il motore, generosissimo, ha un’erogazione della coppia piatta, e per questo non mette mai in apprensione. La posizione di guida non è troppo caricata sui polsi, e questa Honda si fa condurre in scioltezza, anche grazie a comandi morbidi e non affaticanti: i freni, potentissimi, sono migliorabili quanto a modulabilità, ma è cercare il pelo nell’uovo. Tra le quattro, la Fireblade è certamente quella con cui è più facile andar forte.
Della Kawasaki ZX-10 si apprezza la compattezza da 600 e, in sella, l’incredibile potenza del motore: pur con un avantreno tradizionalmente granitico e un forcellone allungato (e un gran monoammortizzatore) che rappresenta un grande miglioramento rispetto al passato, in accelerazione tenere la ruota anteriore attaccata a terra non è sempre facile. L’agilità è del tutto inedita per una mille di serie, grazie a una geometria dello chassis da Supersport. Assolutamente esenti da critiche i freni.
L’R1 è la più racing del gruppo, risultando ancor più estrema della Kawasaki: il tiro del motore è sempre presente, ma il carattere pistaiolo della quattro cilindri d’Iwata si manifesta in pieno dopo i 6.000 giri. Le marce alte sono molto vicine, e la ciclistica rende l’R1 agile e rigida come solo una moto da pista sa essere: queste caratteristiche, però, la rendono potenzialmente la più pericolosa in strada, soprattutto nelle mani di un pilota poco esperto.
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