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Moto Guzzi California Stone Touring

il 09/12/2003 in Moto & Scooter

Semplice, solida, la sorella spartana della EV si addobba da viaggiatrice. Accessori di qualità, consumi da ciclomotore, prezzo invitante e pochi difetti da segnalare

di Alberto Dell'Orto, foto Alberto Cervetti

Sì, lo so. I più critici, quelli per cui la moto deve emettere sibili e vibrare pochissimo (anzi, meglio per nulla) avranno già qualcosa da ridire sul sommario: quei "pochi" difetti diventano moltissimi nella mente di chi ha sposato un altro modo di andare in moto, fatto di manutenzione limitata al pieno del serbatoio, sensazioni ovattate, accessori tecnologici. Ma se quello che cercate è una moto che ha fascino, personalità e un rapporto qualità/prezzo decisamente interessante, forse la Stone Touring fa al caso vostro. Prendete una California EV, grande, imponente, massiccia; lasciate inalterato il suo carattere turistico, "virile", infaticabile; togliete tutto ciò che non è indispensabile: cromature, cerchi tubeless, sospensioni regolabili, un disco.

Alla fine avrete la Stone, erede della Jackal, la prima della stirpe delle California semplificate. Eppure l’evoluzione c’è stata: finiture migliori, interessanti modifiche tecniche e una veste grafica più azzeccata hanno dato alla Stone quell’aria di curata essenzialità che forse con la Jackal aveva il sapore di una semplice operazione di sottrazione: la Stone è semplice sì, ma non povera. E, soprattutto, mantiene intatto tutto il carattere che ci sia aspetta da una Guzzi così imparentata con la storia del marchio; anzi, con i chili persi nell’operazione di dimagrimento, ha recuperato un po’ di spigliatezza persa nel corso dell’evoluzione, dalla T3 in avanti.

Ora la versione Touring, dotata di parabrezza e borse laterali, sembra andare a riprendere proprio lo spirito più puro con cui nacque la sua progenitrice. Traguardo raggiunto? Pare proprio di sì: seguiteci e lo scoprirete meglio.

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La lista delle "eliminazioni" che portano una EV a diventare un Stone è sensibile, e resa necessaria dall’obbiettivo di contenere i costi e dunque il prezzo di listino. Per prima cosa, via i cerchi tubeless a raggi tangenziali, via il disco destro e la sua pinza a quattro pistoncini. Via poi la possibilità di regolare la forcella e gli ammortizzatori (questi ultimi ora decisamente più economici), via il cavalletto centrale (rimasto come accessorio), via il paramotore. Via anche il contagiri, via la lamiera cromata che orna i parafanghi e riveste le pedane, gomma posteriore da 140/80 invece che da 150/70. Insomma, via una serie di cose che, effettivamente, non appaiono del tutto indispensabili.

Per il resto, la California Stone rimane una moto grande, semplice ma imponente, sobria ma in grado di attirare gli sguardi al semaforo. Certo, qualche particolare potrebbe essere più curato: non mi è piaciuto il fanale posteriore, eredità delle serie precedenti; il cavalletto laterale, pur molto stabile, impone una tecnica ben precisa e gambe lunghe per l’azionamento; le leve di freno e frizione non sono regolabili nella distanza dalle manopole; sbloccare la sella è inutilmente complicato e il sottosella contiene il bloccadisco solo se lasciate a casa il manuale d’uso.

Piccolezze, che proprio per questo varrebbe la pena di risolvere, se non altro per completare un quadro complessivo soddisfacente: intuitivi i blocchetti elettrici (con il claxon al posto "giusto"), curata la verniciatura, azzeccata la copertura della sella, sufficientemente completa la strumentazione, buoni gli specchietti. E soprattutto borse di notevole livello, facili da usare, capienti e regolari, assolutamente stagne, resistenti ai carichi, esenti da turbolenze: insomma, veramente un prodotto di alto valore d’uso.

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La California Stone mostra una strategia Guzzi che punta ad alcune economie di scala, quelle, cioè, che permettono di abbassare i costi a parità di qualità, oppure di offrire di più allo stesso prezzo. Il primo esempio è il motore, lo storico bicilindrico a V su cui sono stati scritti fiumi d’inchiostro: raffreddamento ad aria, distribuzione ad aste e bilancieri, cambio a cinque marce separato di schema automobilistico e in mezzo una frizione bidisco a secco unica nel panorama motociclistico (e assai raro anche in quello delle auto...). Le novità sono costituite dall’adozione delle punterie idrauliche apparse inizialmente sulla EV, che recuperano automaticamente il gioco di funzionamento della distribuzione rendendo il motore più silenzioso nel funzionamento ed eliminando la necessità di registrazioni periodiche delle valvole, e con questo realizzando una parte di quella standardizzazione della meccanica a cui ho fatto riferimento prima Accanto a ciò è apparso lo scarico catalizzato e dotato di sonda Lambda: quest’ultima consente di tenere sotto controllo la composizione dei gas di scarico per allungare la vita del catalizzatore, comunicando con la centralina per informarla su eventuali correzioni da apportare al rapporto tra aria e benzina. Ciò ovviamente è possibile solo a velocità costante o quasi, perché in piena accelerazione il sistema non può essere così veloce nel suo funzionamento: ne conseguono comunque consumi eccezionali, addirittura insperati su una moto di queste dimensioni, per di più capace di prestazioni ben superiori alla media delle concorrenti: in due con bagaglio non è assolutamente difficile sfiorare i 20 km con un litro! La ciclistica ha anch’essa ricevuto qualche modifica: un disco freno anteriore di nuovo disegno e con un coefficiente d’attrito superiore; invariata invece la forcella da 45 mm e gli ammortizzatori posteriori, il cui livello qualitativo non appare allineato al resto dell'equipaggiamento.

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Sulle California si è sempre stati comodi: lo spazio non manca, le gambe possono essere posizionate in modo del tutto naturale e senza interferire con il coperchi delle valvole. Azzeccatissimo anche il manubrio, caratterizzato da una conformazione ottimale che permette alla braccia di mantenere una posizione rilassata e al tempo stesso di offrire un grande controllo del mezzo.

Chiudete gli occhi e allungate la braccia nella posizione che vi sembra migliore: le mani troveranno immediatamente le manopole. La sella, invece, non convince completamente per la sezione molto arcuata e l’imbottitura piuttosto rigida, che offre un’ottima padronanza del mezzo, ma può causare indolenzimenti dopo qualche centinaio di chilometri.
Semplicemente stupefacente, invece, il piccolo parabrezza orientabile: nonostante le dimensioni compatte, in posizione completamente abbassata/arretrata offre una sorprendente protezione dal vento in corsa fino a velocità da limite autostradale; in più ha buone qualità ottiche e non crea "effetto vela" in caso di vento laterale. Il passeggero è accolto con riguardo: la sella è ben imbottita e conformata, la postura naturale e il piano di seduta appena più alto di quello del conducente, le pedane sono ampie e ben posizionate, le maniglie d'appiglio comode. Peccato che gli ammortizzatori segnino un po’ il passo quando si viaggia a pieno carico.



Le vibrazioni, purtroppo, sono sempre un po’ la nota dolente: sono troppe e troppo fastidiose per una moto che si propone come compagna di lunghi viaggi; conviverci non è certo impossibile, però sarebbe il caso che a Mandello sistemassero il problema. Il che non significa eliminarle: una Guzzi non è un frullatore, e per i guzzisti è importante sentire la propria moto come una creatura "viva". Una smussatina a quelle più fastidiose, però, non potrà che far piacere anche a loro!

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La Stone non vuole essere una "nuova" California, ma solo una possibile variante. Ed è proprio per questo che, appena in sella, si respira tutto l’aroma della guida vecchio stile, delle moto sincere ma impegnative, di epoche in cui una moto era una moto, un motociclista un motociclista, e bisognava mettere bene in chiaro chi era a decidere. La Stone è stabile, sicura, pronta; ha una buona accelerazione, è piuttosto neutra nelle riposte, ma ha un carattere ben definito, che richiede una guida fluida e precisa che arriva solo dopo qualche migliaio di chilometri di affiatamento. Prima sembra tutto difficile; dopo, tutto naturale. Se cercate una moto guizzante, agile, che vi da subito del tu, lasciate perdere, la Stone non fa per voi; ma se quello che cercate sono le emozioni, il gusto della guida pennellata, la bella piega senza fretta, la moto tranquilla e grintosa a seconda delle necessità o delle voglie, il gusto di guidare una viaggiatrice dall’aspetto così classico, che però sa farsi rispettare quando c’è da aggredire l’asfalto, allora le alternative sono davvero poche.

 La "birra" non le manca, il cambio un po’ lento e rumoroso (decisamente migliorato, comunque) non è un grande limite nella guida disimpegnata, la forcella è generosa per dimensioni e taratura. Certo, ammortizzatori e gomme non vi permetteranno di vincere un Gran Premio, ma in complesso ci si può togliere la soddisfazione di spegnere qualche sorrisetto ironico. Se vi piace guidare davvero, alla Stone potete rimproverare seriamente una cosa sola: il disco singolo anteriore va bene per andare a passeggio e anche per la frenata d’emergenza, ma non per sfruttare a fondo le prestazioni della meccanica e della ciclistica: in questo caso comincia a scaldare, a perdere di prontezza e potenza, ad allungare la corsa della leva. In soccorso può arrivare il grande disco posteriore, che frena dignitosamente e non tende a bloccare, ma ovviamente non può fare miracoli. Ma non temete: nel catalogo Guzzi il kit con il secondo disco è regolarmente previsto.

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Motore: a 4 tempi, bicilindrico a V trasversale di 90°, raffreddamento ad aria, alesaggio e corsa 90 x 78 mm, cilindrata 1.064 cc, rapporto di compressione 9,8:1; distribuzione ad aste e bilancieri con punterie idrauliche, due valvole per cilindro, comando a catena; lubrificazione a carter umido. Alimentazione a iniezione elettronica integrata con l’accensione, corpi farfallati da 40 mm, scarico con sonda lambda e catalizzatore a tre vie; capacità serbatoio 19 litri. Avviamento elettrico

Trasmissione: primaria a ingranaggi, finale ad albero e coppia conica. Frizione a secco con comando a cavo, cambio a cinque marce

Ciclistica: telaio a doppia culla in tubi d'acciaio, inclinazione perno di sterzo 29,5°, avancorsa n.d.. Sospensione anteriore: forcella teleidraulica con steli da 45 mm, escursione n.d.; sospensione posteriore: forcellone in acciaio con doppio ammortizzatore, escursione n.d.. Ruote: anteriore e posteriore a raggi, pneumatico anteriore 110/90-18", posteriore 140/80-17". Freni: anteriore a disco semiflottante da 320 mm con pinza a 4 pistoncini contrapposti; posteriore a disco da 282 mm con pinza a 2 pistoncini contrapposti

Dimensioni e peso: interasse 1560 mm, lunghezza 2355 mm, larghezza 850mm, altezza sella 760 mm. Peso a secco: 246 kg.

Prestazioni dichiarate: potenza 75 CV (55 kW) a 7000 giri, coppia 9 kgm (88,5 Nm) a 5200 giri, velocità n.d.

Omologazione antinquinamento: Euro 2

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