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Triumph Bonneville 1000 SS

il 23/07/2003 in Moto & Scooter

“Prendi una Bonnie, trattala male, falla diventare un reattore…”. Cathcart travisa così la sdolcinata canzone di Ferradini, ad uso e consumo di questa super-Triumph realizzata da un americano con 60 anni e una malsana passione per la velocità

Triumph Bonneville 1000 SS
Matt Capri durante l'intervista con Alan Cathcart

a cura di Fabio Cormio



E’ un peccato che con Carlo Talamo non si siano mai riusciti ad incontrare, perché avrebbero certamente scoperto di avere qualcosa in comune. Il sessantenne proprietario di South Bay Moto (catena californiana di concessionari Triumph e Aprilia), Matt Capri, è uno che di velocità, di moto europee e di progetti all’apparenza folli ne capisce eccome.

Newyorkese doc, ma californiano d’adozione, Matt è un sanguigno, uno che – parole sue – si è pagato l’università coi soldi vinti correndo clandestinamente con una special su base Tiger 100. Di sua realizzazione, neanche a dirlo.


Molti anni più tardi, e dopo un lungo periodo in cui si è dedicato esclusivamente alle BMW, Capri ritorna al suo primo amore, le Triumph, e lo fa con la consueta dedizione: nel 1998, proprio nella mitica città di Bonneville, nello Utah, dove nel 1956 Johnny Allen stabilì il record di velocità per moto (214,5 miglia orarie), Matt allestì la Daytona T595 che fece segnare il record assoluto per moto di serie da 1000 cc (173,735 miglia orarie, quasi 280 all’ora), e ci tiene a ricordare che questo è il solo primato che la Triumph sia riuscita ad aggiudicarsi con una moto non da competizione: primato battuto, solo qualche anno dopo, dalla Yamaha con l’ hypersport quattro cilindri R1.
Inutile dire che, per un tipo come lui, la nuova Bonnie, così come esce dalla fabbrica, scarseggia di grinta: dopo la cura ricostituente, però, ha iniziato a vederla con occhi diversi. E se ha convinto lui…

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Per una special su base Bonneville, Capri voleva prima di tutto trasformare il bicilindrico parallelo in modo da renderlo in grado di competere, per caratteristiche di erogazione, con il desmodue della Ducati Monster 900.
Il primo step è consistito, naturalmente, nell’incremento della cubatura. Aumentando di 6 mm l’alesaggio (da 86 a 92) e lasciando invariata la corsa (68 mm), la cilindrata è passata da 790 a 944 cc. Capri ha agito anche sul rapporto di compressione, portandolo da 9,2:1 a 10:1. I pistoni sono ora degli Arias a testa piatta, che montano bielle e spinotti ad alte prestazioni, più leggeri del 35%.


Risultato? 84 cavalli a 7.250 giri, misurati su quello stesso banco Dynojet che ne aveva rilevati 61 sul motore di serie. Dunque 40% di potenza in più, e un altrettanto sensibile aumento di coppia motrice. “Molti non credevano che ce l’avrei fatta – afferma Capri – invece ci sono riuscito”. E provoca: “se lo avessi voluto, avrei potuto far girare questo motore fino a 11.000!”.
Sono state cambiate le valvole (quelle di scarico hanno molle prese a prestito dalla Daytona), gli alberi a camme, i carburatori (da 42 invece che da 36 mm), i filtri dell’aria (K&N), accoppiati a un airbox costruito proprio da South Bay.

Impressionante la “crescita” della ruota posteriore, passata da 130/70 a 180/55: la gomma di serie, una Bridgestone di tipo turistico, è stata sostituita da una più performante Pirelli Dragon. La geometria di sterzo è rimasta la medesima: 29 i gradi d’inclinazione del cannotto di sterzo, e 117 i mm d’avancorsa. Ovvio che anche l’impianto frenante ha subito delle modifiche: i dischi (da 310 mm l’anteriore) e le pastiglie sono marchiati EBC.

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Sottile, leggera, bruciante nello scatto e generosa quando si tratta di farsi spremere a fondo, la Bonneville 1000 di Matt Capri è una café racer in stile anni Sessanta che sembra uscita da un vecchio film di Warren Beatty. Sembra che Capri abbia voluto punzecchiare la casa di Hinckley, mostrando quanto sarebbe accattivante una nuda retrò di serie dall’aspetto aggressivo (ricordiamo che oggi c’è in listino la fascinosa Thunderbird Sport, che abbiamo testato lo scorso inverno): Carlo Talamo avrebbe decisamente approvato.



Finalmente abbiamo potuto saggiare davvero la rigidità di questo telaio, per una volta alle prese con un motore non sottodimensionato… e dobbiamo dire che ci ha fatto un’ottima impressione, non essendo nemmeno penalizzato più di tanto dalle sospensioni tradizionali, non regolabili. Il manubrio largo restituisce in parte quell’agilità persa a causa degli pneumatici più dimensionati (che, tra l'altro, induriscono notevolmente lo sterzo e non aiutano se si vuole entrare rapidi in curva). I freni d'impronta sportiva consentono di non fare come sulle altre streetrod, che costringono ad attaccarsi alle leve, entrare in curva quasi fermi ed infine aprire facendo affidamento sulla spinta dei cilindroni: con questa Bonnie si può aspettare, frenare all'ultimo, poi impostare la curva e aprire il gas quando si è ancora un po' piegati: divertente!

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Triumph Bonneville 1000 SS
Matt Capri durante l'intervista con Alan Cathcart

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