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Yamaha R6 SS Belgarda

il 09/07/2003 in Moto & Scooter

La moto di Vd Goorbergh supera a pieni voti il severo esame di Alan Cathcart, che l'ha provata a Monza e che la confronta non solo con le concorrenti, ma anche con la precedente versione a carburatori

Yamaha R6 SS Belgarda
Ma che cosa sono quei tre dischetti gialli sotto la sella?

di Alan Cathcart, foto Paul Barshon



Non deve essere stato facile per la Belgarda l'inizio del campionato Supersport 2003. Rispetto alla stagione precedente, le Yamaha R6 in dotazione al Team presentavano sostanziali modifiche, tali da richiedere una messa a punto ex-novo. Tanto per cominciare, l'iniezione elettronica ha sostituito i carburatori, le sospensioni WP hanno rimpiazzato le Ohlins e gli scarichi sono ora Termignoni anziché Arrows.


Oltretutto, i piloti più qualificati per portare a termine nel minor tempo possibile una simile operazione erano proprio gli espertissimi Paolo Casoli e James Whitham, ma entrambi avevano dovuto rinunciare a proseguire la carriera agonistica alla fine del 2002, creando così un duplice problema alla squadra.


Ma Consonni, il team manager, ha preso subito le dovute contromisure ingaggiando come prima guida l'ex pilota del motomondiale 500 Jurgen Van Den Goorbergh, un pilota che appena tre mesi prima del suo test con la Belgarda in sella ad una Supersport, aveva ottenuto la prima fila con la sua Honda NSR 500 gommata Bridgestone sul circuito di Phillip Island.
Assieme a Jurgen è stato scelto un pilota dalle caratteristiche diametralmente opposte: Simone Sanna, proveniente dalla classe 125 del motomondiale, dove guidava una moto di appena 50 CV e dal peso di 136 kg, pilota compreso.



Il lavoro di Vd Goorbergh è stato rapido ed estremamente efficace, come confermato dalle sue eccellenti prestazioni nelle prove di campionato del mondo fin dalla prima disputatasi sul circuito di Valencia. La Yamaha R6 ora è a punto perfettamente e in corsa per il titolo mondiale.

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Non guidavo una Yamaha R6 Supersport da due anni, per cui ero particolarmente curioso di valutare la differenza esistente fra quella di Paolo Casoli da me provata a Misano nel 2001 e quella di Vd Goorbergh che mi è stata proposta al termine del GP d'Italia dello scorso maggio a Monza.
L'ultima versione della R6 dimostra, a prima vista, di appartenere a quel genere di moto molto più vicine a una Superbike o addirittura a una MotoGP, che ad un modello di normale produzione: si tratta in realtà di una moto da corsa costruita in serie, dotata di targa e quant'altro serve per circolare su strada, ma pronta in qualsiasi momento ad essere restituita alla sua funzione primaria.


Sulla R6 Supersport Belgarda si nota la presenza, nella zona della testa di forcella, di un interruttore a tre posizioni che consente al pilota di scegliere, mentre corre, fra tre diverse mappature dell'iniezione/accensione, così da poter intervenire sul settaggio del motore a seconda delle esigenze di guida e delle situazioni di corsa. Non manca un apparato telemetrico completo, con sensori sull'impianto frenante e sulle sospensioni, e un interruttore di massa anche sul semimanubrio sinistro, utilizzato da Vd Goorbergh per ottenere manualmente, nel cambio di marcia, lo stesso effetto consentito dai cambi a gestione elettronica che il regolamento Supersport vieta.

Sempre sull'affollato semimanubrio sinistro si trova - secondo la moda corsaiola più recente - la leva di azionamento del freno posteriore, che libera così la pedana di sinistra e non crea problemi di ingombro in piega.
Il telaio è il nuovo Deltabox III in alluminio, con appena un paio di saldature in confronto alle 16 del precedente modello Deltabox II, più pesante e meno rigido, e le ruote a cinque razze in alluminio, assai più leggere di quelle montate sulla R6 a carburatori, combinate coi nuovi e alleggeriti dischi dell'impianto frenante, riducono il peso delle masse non sospese a tutto beneficio dell'efficienza delle sospensioni.

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Il responsabile motori della Belgarda, Mauro Saleppico, e il mago della telemetria, Luigi Mascheroni, sono riusciti a mettere perfettamente a punto un motore che eroga 136 CV a 15.800 giri (sei in più della versione precedente) e che al primo approccio in pista rivela subito un eccezionale appetito per gli alti regimi di rotazione, differenziandosi in questo dalla moto a carburatori. Il vecchio motore vantava un'erogazione corposa a partire da 10.000 giri, ma il nuovo è decisamente superiore alla massima apertura e in allungo, pur mantenendo una formidabile energia anche ai bassi regimi, tale da far impennare sempre la ruota anteriore nelle prime due marce aprendo il gas fuori della prima chicane di Monza a circa 7000 giri.



Il minimo molto alto, a 3000 giri sulla moto di Vd Goorbergh, aiuta il motore a riprendere agevolmente dopo l'intervento sul bottone di massa in fase di crescita delle marce e riduce l'effetto del freno motore in staccata. A proposito di staccata, per fermare in 200 metri la R6 lanciata a 280 km/h sul rettilineo dei box a Monza, bisogna agire di brutto sull'anteriore e scalare una marcia sull'altra, in compenso l'impianto frenante coi dischi a margherita e le pinze Sumitomo fanno egregiamente il loro dovere.
Ho avuto la netta sensazione che la nuova R6 sia davvero più stabile di quella di Casoli da me guidata due anni fa, più portata a mantenere la linea impostata nelle staccate al limite, ma anche tanto maneggevole da non creare la minima resistenza al cambio repentino di inclinazione da destra a sinistra, come ha dimostrato nella seconda chicane e anche nella più veloce variante Ascari, dove il ridotto effetto giroscopico dei dischi dei freni migliora la risposta dello sterzo.



La nuova Yamaha R6 di Vd Goorbergh ha la stessa inclinazione di 24° del cannotto di sterzo e lo stesso interasse di 1380 mm della R6 Supersport a carburatori, ma un'avancorsa leggermente aumentata (84 mm anziché 81 mm). L'altezza della sella è stata ridotta per diminuire il trasferimento di carico e questa nuova posizione di guida è più redditizia, in termini di stabilità, sul velocissimo Curvone, o in accelerazione all'uscita della Parabolica. La moto di Goorbergh, paragonata a quella di Casoli, appare meglio bilanciata sotto ogni aspetto, più stabile in frenata, e usando la leva del freno posteriore in ingresso di curva, prima di azionare il freno anteriore, il trasferimento di carico è assai contenuto e rende più efficace l'azione energica del doppio disco della ruota direttrice.
La Yamaha R6 Supersport preparata dalla Belgarda è veramente una moto entusiasmante che offre grande confidenza al pilota. A parte un sensibile affondo della forcella in frenata, la moto è esente da critiche ed è probabilmente la migliore Supersport che abbia potuto guidare fino ad oggi.

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