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Moto Guzzi MGS 01 Corsa

il 27/06/2003 in Moto & Scooter

E’ stata una, e forse la più ammirata, delle regine del salone di Monaco: la Guzzi MGS 01 era stata esposta come provocazione e segno di vitalità. Ma ora la creatura nata dalla collaborazione con Ghezzi & Brian calca le piste, dona emozioni e promette

Moto Guzzi MGS 01 Corsa
Il forcellone è in alluminio scatolato per ottenere il massimo rapporto peso/rigidità, mentre la coppia conica, dal montaggio flottante, scarica le forze di reazione sul telaio attraverso un puntone registrabile. Ben visibili i raffinati leveraggi p

di Alberto Dell'Orto, foto T. Maccabelli e A. Piredda

L’avevamo vista l’ultima volta sotto i riflettori alogeni dei capannoni della Munich Messe, in occasione di Intermot 2002. Dopo quell’apparizione, la voce che si è levata verso l’azienda dalle rriviste specializzate, dai concessionari e dagli appassionati è stata una sola: producetela al più presto, e senza modifiche.

In Guzzi parlano di clienti che hanno versato la caparra supito dopo aver visto le foto del Salone; forse è un’esagerazione, ma la cosa non stupirebbe, perché la MGS (e la Griso che le stava di fianco) ha costituito un autentico scossone nel panorama moto, tanto più per il fatti di provenire da un’azienda che negli ultimi vent’anni aveva fatto della politica dei piccoli(ssimi) passi la sua bandiera. Un immobilismo giustificato a parole con il legame alla tradizione, mentre la realtà, nuda e cruda, è che per fare le belle moto bisogna investire bene, e che per investire bene ci vogliono i fondi e gli uomini per gestirli al meglio.

Intorno alla Guzzi, poi, sono sempre gravitati preparatori dai nomi noti, alcuni con una bagaglio tecnico così completo da poter riprogettare completamente una moto tenendo solo motore e trasmissione Guzzi, e con questa creatura togliersi il gusto, ad appena 27 anni, di mettersi dietro tutti i concorrenti della Supertwin italiana (all’epoca BoTT -battle of the twins). Il ragazzo in questione risponde al nome di Giuseppe Ghezzi, che con il socio Bruno Saturno ha messo su la Ghezzi & Brian, il marchio che produce la Supertwin 1100 e la cattivissima Furia, entrambe con meccanica Guzzi. Quando a Mandello la nuova dirigenza ha cercato una partnership esterna per proporre qualcosa di nuovo, che si scostasse dal solco della tradizione (una tradizione, per la verità, che le ha permesso di galleggiare anche nei momenti peggiori), hanno pensato subito a loro: conoscenza della meccanica Guzzi, idee innovative, senso pratico, esperienza di gestione della produzione sono state le caratteristiche che nessun altro poteva offrire tutte insieme.

Il risultato è la MGS 01, la prima di una futura serie di sportive (02, 03...), la prima vera sportiva moderna della Moto Guzzi. A noi è stata offerta la possibilità di provare la versione Corsa, sensibilmente potenziata e la prima ad essere prodotta, rigorosamente in serie limitata e con montaggio manuale, a cavallo tra la fine del 2003 e l’inizio del 2004, e destinata alle competizioni (monomarca o altro, a seconda dei regolamenti).

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Un prototipo, insomma. La prima Guzzi bicilindrica con una distribuzione dei pesi 50-50 tra avantreno e retrotreno, addirittura una dei due esemplari esistenti. Non sembra una Guzzi, o meglio, c’è sempre in bella vista la meccanica, ma qui tutto il resto ha proporzioni inaspettatamente compatte, tanto che i due cilindroni sporgenti sembrano ancora più grandi del solito. E in parte ciò è vero: le termiche monoalbero a quattro valvole, nate per la Daytona e regalate anche alla Centauro (e con loro scomparse dalla produzione tre anni fa), hanno le testate decisamente più ingombranti dei motori ad aste e bilancieri da cui derivano Il motore, all’epoca del debutto il più potente bicilindrico raffreddato ad aria mai prodotto in serie (102 CV sulla RS), ha diverse particolarità che lo rendono davvero un po’ unico nel panorama moto: alberi a camme "rialzati" (cioè di fianco e non sopra alle valvole) con punterie e bilancieri e comando a cinghia dentata erano scelte tecniche esclusive, anche se in buona parte rese necessarie dalla necessità di salvare quanti più pezzi possibile dal motore a due valvole.


Ora una mezza rivoluzione è in atto con la Corsa: cilindrata (non ancora definitiva) di 1225 cc ottenuto con pistoni Cosworth da 100 mm, valvole portate a 36 e 31 mm, rapporto di compressione (in predicato di aumentare un po'...) di 11:1, corpi farfallati da 54 mm, scarico 2 in 1, bielle lunghe per ridurre le accelerazioni dei pistoni, volano alleggerito, frizione bidisco sinterizzata. Utilizzando le camme già disponibili (quelle del kit "C" allora commercializzato dalla Casa) sono usciti 122 CV (ma già si punta ai 130...) a 8.000 giri, dati che indicano rendimenti termodinamici e volumetrici di buon livello. Tutto questo sarà riunito in un kit disponibile anche per i clienti della versione stradale, che dovrebbe essere in vendita a partire da ottobre 2004. Il motore è stato accoppiato alla trasmissione della V11: cambio a sei marce e coppia conica "lunga".


La ciclistica (che utilizza l’avantreno della Aprilia RSV/R e cerchi OZ di disegno specifico) unisce il concetto di telaio monotrave investigato per primo dal Dr. John con una soluzione tutta nuova per la sospensione posteriore: per ottenere compattezza e stabilità ci vuole il passo corto e il forcellone lungo, per cui non c’era scelta, bisognava far sì che i due perni del forcellone fossero di fianco e non dietro il cambio. Il risultato è un interasse di 1420 mm (come la Aprilia RSV) e un forcellone di 495 mm, mentre la V11 si ferma a 1490 e 400 mm rispettivamente. L’attuale angolo di sterzo di 23,5° verrà reso regolabile a 24° + o - 0,5°, per cui dovrebbe aumentare un poco l’interasse medio (+ 10 mm) e la stabilità in frenata.

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Fa un caldo boia, qui ad Adria. C’è un sole che spacca le pietre, e intanto l’aria è fermissima e i fotografi, oscuri ma preziosissimi compagni del nostro lavoro, sfiorano il collasso sopra un asfalto che non permette loro nemmeno di appoggiare il ginocchio a terra. Acqua, the freddo, succhi di frutta scorrono a rivoli per mantenere l’idratazione e i sali minerali di noi giornalisti, chiusi nelle nostre tute di pelle ad aspettare il nostro turno sull’unica moto disponibile per la presa di contatto. Ma nessuno si lamenta più di tanto: l’attesa e la curiosità di provare a mettere sotto le chiappe e sotto il polso destro questa moto così immediatamente e universalmente apprezzata ci permettono di andare oltre, e di soffrire, se non in silenzio, almeno con dignità. L’unica che non si lamenta è lei: si ferma solo per cambiare pilota e ricevere qualche litro di benzina, e poi via, sull’asfalto rovente, a convincere il giornalista di turno che non è solo bella da vedere e da ascoltare (ragazzi, che voce...!), ma anche da guidare. E’ il mio turno: sei giri che diventeranno otto, non il massimo ma abbastanza per prendere le misure e capire il carattere.

La Guzzona mi stupisce subito, anche e soprattutto me che tengo per soprammobile (guidarla è solo per uomini votati al martirio) una Daytona Racing: il motore risponde al gas in modo eccezionalmente rapido, due sgasate e sembra di essere un pilota ufficiale. Poi metto la prima e parto: bella prima lunga stile Guzzi, anche perché si gira con i rapporti per Monza, anche se Adria è una pista un po’ diversa... L’erogazione è per lo meno polposa: il motore si porta dietro ancora come neo la flessione di coppia a 5000 giri della vecchia serie, ma 11,4 kgm a 6400 giri credo dicano già molto, anche perché a 2900 giri ce ne sono già 9, e la rapidità a salire di giri è notevole. In più (sorpresa!) il motore praticamente non vibra, anche se fa sentire ancora la coppia di reazione nelle curve (si piega più facile a sinistra che a destra con il motore usato come freno). Ma è proprio la guida a convincere: la Guzzona è agile, prevedibile, stabile, reattiva; si conduce con facilità e naturalezza, e solo al limite mostra qualche serpeggiamento in staccata e un certo autoraddrizzamento frenando in ingresso di curva, che si fa perdonare con un quel gran tiro del motore, che ti fionda lungo il rettilineo successivo verso una nuova staccata.

Le sospensioni lavorano bene, e finalmente (onore a Ghezzi che l’ha fatto e alla Guzzi che gli ha dato retta) il retrotreno ha un leveraggio progressivo per il mono: il comportamento è molto più lineare, morbido e competente del cantilever della V11, copia meglio l’asfalto nonostante il peso della coppia conica. Insomma, non è ancora l’arma totale, ma già in questa acerba fase di sviluppo la MGS 01 mostra di saper appagare anche il conducente esperto, senza rinunciare né alla sportività, né al carattere tipico delle grosse Guzzi. Aspettiamo ansiosi la versione definitiva...

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