Moto & Scooter
Il Pasolini Day a Rimini
Tre giorni nella capitale del turismo romagnolo per rievocare il grande campione scomparso trent'anni fa e il circuito cittadino della sua città. Anche Motonline in pista con una Ducati d'epoca
Il 20 maggio del 1973 un tremendo incidente sulla pista di Monza tolse al nostro sport due dei campioni più bravi e amati dal pubblico: Renzo Pasolini e Jarno Saarinen. Trent'anni dopo la loro scomparsa, i loro volti, le loro gesta, sono ancora ben impressi nella mente di tanti appassionati che li ricordano con immutato affetto.
Dal 9 all'11 maggio a Rimini, patria di Renzo Pasolini, ma anche sede di un circuito cittadino in cui si svolsero tante gare che videro "Paso" protagonista, si terrà una manifestazione in memoria del campione scomparso e intitolata "Pasolini Day".
Nell'occasione verrà consegnata alla famiglia di Pasolini, e anche a quella di Saarinen, una targa commemorativa.
Il 10 maggio a Rimini risorgerà dopo tanti anni di oblio il circuito cittadino che si snodava sul lungomare e vi faranno ritorno le motociclette che allora si davano battaglia sul filo dei 200 all'ora in mezzo a due ali di pubblico entusiasta e... incosciente, visto che molti, per godersi meglio e più comodamente lo spettacolo, si sedevano addirittura sulle balle di paglia che delimitavano la pista.
Non sarà naturalmente una corsa, ma una semplice per quanto sincera rievocazione: un'occasione per rivivere un'atmosfera ormai improponibile, per rivedere moto e campioni, per riascoltare il rombo libero e possente dei quattro tempi che ancora imperversavano senza cilindrate di favore e il sibilo dei due tempi che stavano per prendere il sopravvento.
Il programma della giornata si concluderà alle 21.30 con uno spettacolo musicale in Piazza Fellini e la premiazione dei partecipanti al motoraduno Malatestiano. La rievocazione storica terminerà domenica 11 maggio, giorno in cui la suggestiva cornice di piazza Cavour ospiterà tutti i partecipanti per il saluto finale della manifestazione che coinciderà con la partenza di un motogiro organizzato nell'entroterra romagnolo.
Che in Romagna ci sia una smisurata e innata passione per la motocicletta è cosa nota. Le origini di questa passione, prima che il motociclismo nascesse, sono forse da ricercarsi in quell'altra mania locale che già alla fine del 1700 era considerata un'autentica piaga sociale: il gioco d'azzardo.
Qualunque sia la vera origine, la storia del motociclismo ci insegna che in Romagna le corse in motocicletta per molti anni hanno fatto parte della vita comune della popolazione sotto forma di gare sociali, tornei provinciali, semplici sfide, fino alle competizioni internazionali alle quali partecipavano non solo i piloti locali, o nazionali, ma anche i più forti assi di tutto il mondo.
Negli Anni '60 ebbe fama internazionale la "Mototemporada Romagnola", ossia una serie di gare organizzate su circuiti cittadini della riviera adriatica di Romagna allestiti annualmente a Rimini, Riccione, Cesenatico e Milano Marittima, città di grande fama turistica, con enorme ricettività alberghiera e con grandi e collaudate capacità di coordinamento fra le associazioni e le amministrazioni locali.
Ogni anno quindi a Rimini, come nelle altre sedi della "Mototemporada", arrivavano decine di migliaia di spettatori (ben più di quanti riescano a richiamarne oggi gli autodromi più famosi), per vedere da vicino (anzi, da vicinissimo, visto che il pubblico stava sui marciapiedi a bordo pista) i più celebri campioni del momento sfidarsi in sella ai bolidi più veloci del mondo.
Le prove erano affascinanti almeno quanto le corse, poiché il paddock non era altro che un piazzale mal recintato e quindi facilmente accessibile per chiunque, inoltre i campioni andavano molto spesso a scaldare i motori in mezzo alla gente, e la sera, quando le moto tacevano e i piloti andavano a cena nelle tende, nelle roulotte o in albergo, gli appassionati potevano chiacchierare con loro, capire di che pasta umanamente fossero fatti, godere di una vicinanza che oggi è semplicemente impensabile e che se fosse possibile sarebbe sicuramente ossessiva.
Pasolini, riminese, era naturalmente il re della "Mototemporada", un po' per il fatto di essere il campione di casa, un po' perché la sua guida irruente ben si adattava a questi circuiti, dove tutto si giocava sulla "staccata" e sulla determinazione nei sorpassi e nei doppiaggi, mentre quasi nulla contava la guida fine o l'esecuzione perfetta di una traiettoria.
Inoltre Pasolini amava stare in mezzo alla gente e come tutti i romagnoli non aveva peli sulla lingua: era lo sfidante (di Agostini) e svolgeva naturalmente il suo ruolo, visto che tra l'altro il suo carattere era esattamente l'opposto di quello del campione lombardo: divo e antidivo, l'ideale per il pubblico e per i giornali.
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di Luigi Rivola
La Benelli 350 e Pasolini al via di una corsa sul circuito di Rimini
La prima corsa della mia vita fu sul circuito di Riccione nel 1970 in sella ad una Ducati 250 acquistata usata dal corridore bolognese Gianni Ribuffo al prezzo di 550.000 lire. I soldi erano arrivati da due polizze infortuni che mi avevano pagato per un grave danno ad entrambe le ginocchia riportato durante una discesa un po' troppo veloce con gli sci al Passo Rolle. Smisi di sciare e cominciai a correre in moto.
La stagione (campionato italiano juniores) non andò affatto male: fui sempre fra i primi e mi feci notare. L'ultima corsa dell'anno la disputai sul circuito di Rimini e fu quella che andò peggio a causa di una banalissima foratura che mi tolse di mezzo senza remissione perché le gomme "a pera" che si usavano allora in corsa, una volta afflosciate, non si schiacciavano al centro, ma andavano da una parte o dall'altra, finendo per uscire dal canale e impedendoti così di arrivare al box.
A Rimini, come succedeva sempre allora nei circuiti della Riviera Romagnola, gli Juniores correvano prima o alla fine delle corse dei Seniores. Questo offriva a noi, giovani leve, la possibilità di conoscere da vicino i grandi campioni del momento e i componenti del Continental Circus, ossia i piloti professionisti che su moto spesso molto antiquate, seguiti dalle famiglie, facevano la vita dei corridori nomadi vivendo di ingaggi e di premi di classifica, paghi di un ruolo da comprimari, ma senza mai rinunciare alla speranza di essere chiamati un giorno a guidare la MV Agusta o un'altra moto ufficiale.
Visto che molti fra i piloti del Continental Circus correvano con le stesse moto degli Juniores italiani (soprattutto Aermacchi e Ducati), questa comunità saltuaria consentiva anche scambi di natura tecnica e confronti di prestazioni: non di rado gli Juniores, a parità di cilindrata, spiccavano tempi molto più veloci di tanti Seniores.
Il circuito di Rimini era simile a quello delle altre città balneari romagnole: due lunghissimi rettilinei e poche curve, generalmente ad angolo retto, salvo quella della grande rotonda, che aveva un raggio più ampio. In pratica, col cambio ravvicinato tutte le curve si facevano in prima, dopodiché ci si schiacciava sul serbatoio e si spalancava il gas fino alla successiva staccata. L'asfalto era generalmente scivolosissimo a causa degli aghi di pino, del fatto che si trattava di una strada usata fino al giorno prima per la normale circolazione, della vicinanza del mare e per la presenza dei segnali orizzontali verniciati sulla carreggiata. In più le staccate iniziavano quasi sempre sulle strisce pedonali, creando ogni volta comprensibili preoccupazioni...
Torno a Rimini non per correre, naturalmente, e neanche per rievocare. Torno per ridere di me stesso, che nel 1970 pesavo 60 kg e la tuta mi ballava addosso, mentre adesso ne peso tanti di più e la nuova tuta, di ben altra taglia, mi impedisce di respirare. Ma anche per divertirmi con gli amici e coi colleghi di questo mestiere che senza aver corso a Rimini non avrei mai potuto fare e che a distanza di trent'anni mi fa ancora andare in moto. E mi ringiovanisce a dispetto dei ricordi.
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