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Ducati Multistrada: una moto unica

il 09/04/2003 in Moto & Scooter

Le perplessità dovute alla linea decisamente anticonvenzionale svaniscono d’incanto dopo poche curve. La nuova e originale bicilindrica è una moto sportivissima che non si confonde con nessun’altra. Provare per credere

Ducati Multistrada: una moto unica

di Luigi Rivola



Chia Laguna (CA) -
Prima se ne parlava. Adesso c’è.
La Ducati Multistrada da oggi è in giro per le strade della Sardegna; la Ducati crede fermamente che da domani tutte le strade del mondo possano essere sue.
La ragione di tanta fede è nella formula della moto, fondata su una grande flessibilità di utilizzo, ma con una propensione dichiarata per i percorsi su cui fino ad oggi si sono ritrovati i cultori della moto sportiva stradale, quella da asfalto tortuoso, con cavalli a profusione e con ciclistica da pista.





La Multistrada non si mette in concorrenza con le ipersportive: si limita a proporsi come alternativa, ma con l’intima convinzione che i suoi contenuti siano sufficienti a persuadere molti motociclisti che su quei percorsi – ma anche su tanti altri preclusi alle iper – è in grado di ben figurare in termini di divertimento e prestazioni, offrendo però molto di più quanto a comodità di guida, a versatilità.
Pierre Terblanche, lo stilista sudafricano responsabile di Ducati Design, che ha già firmato la 900 MH, la 999, e che ora propone la Multistrada, ci ha abituato all’originalità della sua matita, che crea modelli la cui caratteristica è di non far mai innamorare a prima vista, ma sui quali bisogna effettivamente ragionare perché, a differenza di quanto avviene per tante creazioni vagamente artistiche ma difficilmente giustificabili, quelli di Terblanche sono ricchi di contenuti che, una volta spiegati, possono convincere, e una volta messi alla prova, convincono.



Alla Ducati erano ben consci che il rischio più grosso per la 999 era di scendere in pista a Misano una domenica mattina di prove libere e farsi battere da una 998. Non è accaduto perché i contenuti sono emersi e ora emergono anche nel Mondiale SBK e soprattutto nel campionato Superstock. Sarà lo stesso per la Multistrada? Intanto vediamo il prezzo: 11500 € chiavi in mano. Non è a buon mercato, ma neanche esoso; bisogna dire che, esaminando nei dettagli la qualità dei componenti e la dotazione, il prezzo è giustificabile, anche se ci aspettavamo qualcosa meno. E in più è una Ducati, il che oggi non è poco, visto che, ultima arrivata nel mondo delle MotoGP, ha fatto tremare tutti alla prima gara.

Ad occhio, come andrà la Multistrada?
Abbiamo aperto un argomento sul FORUM

La Multistrada è una moto diversa. E’ un compromesso fra una entrofuoristrada e una superbike, eppure è anche una moto senza compromessi: il suo destino – anche in previsione di una gamma completa di cilindrate – è il successo, oppure il rifiuto.
C’è molta innovazione nella Multistrada ed è un’innovazione che riguarda i processi costruttivi, le soluzioni adottate, le scelte tecniche ed estetiche.
Il cupolino è in due parti: una inferiore, fissa, che ospita il fanale a sviluppo verticale, regolabile in funzione del carico di bordo tramite un motorino elettrico con comando sul cruscotto, ed una superiore, mobile, che segue gli spostamenti angolari del manubrio in modo da evitare qualsiasi interferenza fra lo stesso e le pareti interne del cupolino nelle sterzate più accentuate.



Nel prolungamento verso il basso del cupolino, che si raccorda col serbatoio, figura anteriormente una griglia aguzza che funge da presa d’aria per il radiatore del circuito di lubrificazione. La sua prominenza non si collega armonicamente con quella del cupolino e crea anzi una discontinuità che non convince, ma che indubbiamente è il punto di maggior caratterizzazione estetica della Multistrada. La presa d’aria anteriore si allarga sui fianchi e genera una sorta di protezione aerodinamica laterale che, sul lato destro, nasconde un vano di ridotto spessore, comunque apprezzabile, apribile con la chiave dell’interruttore elettrico generale.




Il serbatoio è un autentico pezzo di industrial design, visibile solo per quella porzione che sembra un serbatoio tradizionale. In realtà si tratta di un monoblocco in plastica, costruito con una raffinata tecnologia, che si estende con una complessa sagomatura dal cannotto di sterzo al sottosella del passeggero, in modo da risolvere in un colpo solo il problema dell’alloggiamento di un sufficientemente voluminoso air-box e della capacità del serbatoio del carburante, che si voleva non inferiore a 20 litri.
Il cruscotto ospita un contagiri analogico di grandi dimensioni e un display a cristalli liquidi nel quale sono facilmente leggibili le informazioni classiche sulla velocità, sulla temperatura del motore e sui chilometri percorsi, oltre ad altri dati generati dal computer di bordo (velocità media e autonomia) e all’orologio.

Il telaio della Multistrada è il classico traliccio Ducati in acciaio con motore facente parte della struttura. La Casa di Borgo Panigale si fa vanto di aver adottato per questo modello le stesse sospensioni della sua Superbike, a ribadire il concetto espresso inizialmente, ossia che la Multistrada non vuole essere tanto una “tuttoterreno”, quanto una moto sportiva stradale di nuova concezione. Anteriormente è stata quindi adottata una forcella Showa completamente (e facilmente – come ha precisato l’ingegner Forni) regolabile, con corsa di ben 165 mm, mentre posteriormente spicca un inedito forcellone monobraccio servito da un monoammortizzatore Showa, anche questo completamente regolabile. Il precarico molla è registrabile con un sistema idraulico e non meccanico, la qual cosa facilita l’operazione rendendola praticabile semplicemente con la rotazione di un pomello che sporge sul lato destro della moto.



Le ruote sono di nuovo disegno, studiate appositamente per poter applicare i dischi dei freni direttamente sul mozzo, senza l’intermediazione delle classiche flange portadisco. Il mozzo è quindi maggiorato, ed il complesso freni-dischi risulta più leggero, inoltre il cerchio si è dimostrato nettamente più resistente alle sollecitazioni flessionali. Infine le gomme: la Multistrada è equipaggiata coi nuovi pneumatici Pirelli Scorpion Sync, che nella prova su strada si sono rivelati eccellenti per grip e sensibilità.
Il motore è il nuovo DS 1000 (Dual Spark, ossia: doppia accensione) che, nato proprio per la Multistrada, è stato montato in anticipo sui nuovi Monster e SS 1000.



Si tratta dell’ultima evoluzione del due valvole raffreddato ad aria con distribuzione desmodromica monoalbero ed alimentazione ad iniezione elettronica. Eroga una potenza di 84 CV a 8000 giri, con una coppia massima di 8,5 kgm a 5000 giri, ma soprattutto con una curva di coppia molto piatta nell’arco che va da 4500 a 7500 giri. Le modifiche, rispetto alla precedente versione di 900 cc, non si limitano naturalmente al cambiamento delle misure di alesaggio e corsa (94x71,5 mm, anziché 92x68 mm), ma spaziano praticamente su tutto il motore: dalle testate, rifatte ex novo riducendo tra l’altro l’angolo incluso fra le valvole (più leggere e maggiorate), ai cilindri, ai pistoni, fino alle bielle e all’albero motore. Migliorata anche la distribuzione, con alberi a camme che ora ruotano su cuscinette idrodinamici anziché a sfere, e con cinghie di nuovo disegno con due denti in più di prima.
In questo totale rinnovamento non è stata trascurata la lubrificazione, che ora è dotata nuova pompa e nuovi condotti, e nemmeno la trasmissione, che gode di una frizione migliorata e alleggerita e di un nuovo cuscinetto sull’albero di rinvio del cambio.

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Molto semplicemente potrei chiudere questo capitolo esortandovi a provarla personalmente, più che leggere le mie impressioni. Non per sfatica, certo, ma perché la Multistrada ha una capacità unica – riconosciuta senza esitazioni da tutti i tester italiani e stranieri presenti alla prova in Sardegna – di stregare immediatamente chi vi sale in sella.
Già, salire in sella. Il codone della Multistrada non facilita questa operazione, essendo proiettato nettamente verso l’alto nella sua parte terminale. Bisogna quindi scavalcarlo con decisione, ma appena arrivati al proprio posto si scopre un mondo molto diverso da quello a cui sono abituati i motociclisti amanti delle moto sportive. La sella di guida nella sua parte che si congiunge al serbatoio è strettissima rispetto al normale, e questo facilita il posare i piedi a terra, non stanca l’interno delle cosce e consente il miglior inserimento a contatto con le svasature ergonomicamente ricavate sui fianchi del serbatoio, facendo sì che il pilota possa davvero sentirsi tutt’uno con la moto.



Le braccia si appoggiano con la massima naturalezza al largo manubrio, apparentemente rialzato, ma in realtà alla giusta altezza, considerando che la sella alta porta a caricare (ma in modo appena percettibile) i polsi. Insomma, la posizione di guida è sportiva quanto basta per aver tutto perfettamente sotto controllo e per garantire un corretto assetto, ma non è coercitiva nei confronti del pilota.
Bastano poche curve per capire che cosa sa fare la Multistrada. Bastano poche curve per apprezzarne l’estrema e rassicurante sincerità, la grande coerenza di comportamento in ogni situazione, l’assoluta stabilità nelle curve lente, come nei curvoni, la potenza e la grande modulabilità della frenata.
Il motore è sorprendente: la sua capacità di fornire sempre un’erogazione lineare ma in fortissima progressione, caratterizzata da una coppia straordinaria, è il complemento ideale delle doti ciclistiche della Multistrada.


Provare per credere: farsi tirar fuori da una curva da questo pompone tutto muscoli ma anche pieno di cervello è una soddisfazione praticamente unica. La moto sembra una supermotard con un motore particolarmente potente; i 200 kg di peso quasi non si avvertono e non è affatto facile trattenersi dall’aggredire le curve, sapendo che la moto asseconderà ogni richiesta e perdonerà facilmente molti errori.
La Multistrada è dunque una moto al momento unica: non è una naked, non una enduro twin, non una ipersportiva, però, credetemi, è una gran moto. E lo dice chi ancora non è convinto che la sua linea possa piacere a tutti quei motociclisti che potrebbero invece entusiasmarsi per le sue caratteristiche tecniche e di guida.
Difetti? La sella è un po’ troppo alta da terra e gli specchietti retrovisori, belli e ben regolabili, non tengono la regolazione ed hanno un campo visivo limitato.

Motore: bicilindrico 4 tempi, distribuzione desmodromica 2 valvole, raffreddamento ad aria, cilindrata 992 cc, alesaggio per corsa 94x71,5 mm, rapporto di compressione 10:1, potenza massima 84 cv/8.000 giri/min, coppia massima 8,5 kgm/5.000 giri/min, iniezione elettronica Marelli.
Trasmissione: primaria a ingranaggi, secondaria a catena. Cambio a sei marce, frizione multidisco a secco.
Ciclistica: telaio a traliccio in tubi d'acciaio, forcella Showa a steli rovesciati da 43 mm completamente regolabile, forcellone con monoammortizzatore Showa completamente regolabile; regolazione idraulica remota del precarico. Freni: anteriore 2 dischi semiflottanti da 320 mm, pinza a 4 pistoncini, posteriore disco da 245 mm, pinza a 2 pistoncini, cerchi da 17". Pneumatici: 120/70 e 180/55.
Dimensioni e pesi: altezza sella 850 mm, interasse 1.462 mm, peso 200 kg.

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