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Test: Ducati 620 Sport i.e.

il 13/02/2003 in Moto & Scooter

La nuova entry level al mondo delle Ducati cattive non è una moto per principianti: la semicarenata di Borgo Panigale ripropone in scala ridotta pregi e difetti tipici delle sportive bolognesi

Test: Ducati 620 Sport i.e.
Una delle più apprezzate prove di stile di Pierre Terblanche: la MH900 i.e.

di Fabio Cormio, foto Alberto Cervetti



Diventare Ducatista, come tutte le decisioni impegnative, implica una scelta che qualcuno definirebbe "di campo". Si deve, in sostanza, rinunciare a qualcosa per avere in cambio qualcos'altro, per noi più sacro e prezioso.



Lasciando da parte il fatto che il marchio di Borgo Panigale sia attualmente in una fase positiva, avvolto da com'è da un'aura trendy che fa impennare le vendite e suscita interesse, all'atto pratico, se facciamo eccezione per le top di gamma, la formula delle sportive emiliane è da anni la medesima: linee fortemente caratterizzate in senso sportivo, ma molto lontane da quelle delle supersport giapponesi, motori non particolarmente potenti, ma ricchi di coppia ai bassi e ai medi regimi.

Il momento storico, dicevamo, è favorevole: la serie Supersport viene prodotta da 30 anni, ma mai come oggi può essere appetibile al grande pubblico.



La 620 Sport rappresenta il tentativo di far avvicinare alle sportive anche i neofiti, coloro che scendono da uno scooter e (perché no?) le ragazze, senza togliere totalmente la soddisfazione di un motore vivace a chi è un po' più esperto. Comunque, per chi non ha troppa fretta, la nuova entry level della serie sportiva Ducati è proposta anche in versione con potenza limitata a 34 cavalli, adatta ai neopatentati.

Alla BMW, reparto design auto, il mattatore è da anni l'americano Chris Bangle. Alla Ducati,  Pierre Terblanche. Sono personaggi un po' sopra le righe, di quelli che o li ami o li detesti, perché prendono qualcosa che consideri un mito e te la cambiano sotto il naso, secondo il proprio gusto. Allora scatta la spaccatura: da una parte quelli che incensano il "nuovo genio", dall'altra chi grida allo scandalo per lesa maestà.


Troppo facile, e perciò sconsigliabile, prendere una posizione "integralista": in effetti la differenza tra le vecchie Supersport e quella in vendita dal 1998 è tutt'altro che trascurabile; le linee, tuttavia, sono rimaste originali, e sembrano portatrici dei germi che hanno dato la vita alle più recenti supersportive 999 e 749.



Di certo alla matita di Terblanche non è mancato l'estro: tante le superfici che inscrivono carena e serbatoio, sofisticati i raccordi delle linee, d'avanguardia il frontale. La verità è che, lo si ami o lo si odi, tutti aspettano il prossimo coniglio che il francese estrarrà dal cilindro.



La 620 è una moto sportiva. Punto e basta. La comodità (neanche poi tanta, a dire il vero) la lascia alla serie ST, o magari alla Multistrada, che nei prossimi mesi sarà forse presentata ufficialmente. Certo è che con un piccolo sforzo qualcosa poteva essere migliorato, per rendere meno faticosa la permanenza in sella: a partire dalla superficie (troppo liscia e scivolosa) e dall’imbottitura (troppo rigida) della sella stessa.



La mancanza del cavalletto centrale si sente soprattutto quando si tiene la moto ferma in box (gli pneumatici si quadrano) o quando si devono eseguire le operazioni di manutenzione. Ma la 620 S si rifà alla voce “strumentazione”: non manca niente, nemmeno l’indicatore della pressione dell’olio e gli schermi LCD per temperatura del liquido e contachilometri totale e parziale.



Peccato che per avere informazioni sul livello del carburante ci si debba accontentare della spia della riserva: un piccolo quadro analogico di certo non avrebbe guastato.





Dati dichiarati:
bicilindrico a L raffreddato ad aria, quattro tempi, distribuzione desmodromica due valvole per cilindro, cilindrata 618 cc, alesaggio e corsa 80x61,5, rapporto di compressione 10,5:1, potenza 61 CV a 8.750 giri, coppia 54 Nm/6.500 giri, alimentazione a iniezione elettronica Marelli, corpo farfallato di 45 mm. Cambio a cinque marce, trasmissione primaria a ingranaggi, finale a candela, frizione multidisco in bagno d'olio. Omologazione Euro 2.



Commento: i poco più di 50 cavalli erogati dal Desmodue 600 montato fino all'anno scorso sulla Monster e precedentemente sulla vecchia serie Supersport hanno sempre un po' penalizzato l'immagine del motore Ducati, oscurata dai ben più prestanti quattro cilindri giapponesi.

Tuttavia il pompone, che assicura una sezione frontale stretta e reattività in uscita di curva, non ha mai smesso di fare proseliti, e questo incremento di cilindrata, ottenuto tramite un aumento della corsa da 58 a 61,5 mm, ha decisamente giovato alla sportiva bolognese, in termini di potenza (circa 5 cavalli guadagnati) e coppia. Vantaggiosa in termini di erogazione e consumi (e quindi anche di emissioni) l'adozione dell'iniezione elettronica. A proposito: il catalizzatore a tre vie permette alla 620 Sport di rientrare nei termini di omologazione Euro 2.

 

Dati dichiarati: telaio a traliccio in tubi d'acciaio, sospensione anteriore forcella Marzocchi a steli rovesciati da 43 mm; escursione ruota anteriore: 120 mm. Sospensione posteriore: forcellone in acciaio, cantilever progressiva con monoammortizzatore Sachs completamente regolabile. Escursione ruota posteriore: 136 mm. Freni: anteriore doppio disco da 320 mm, posteriore disco da 245 mm. Cerchi in lega leggera da 17", pneumatici: 120/70 (anteriore), 160/60 (posteriore). Peso: 181,6 kg.
Interasse: 1.405 mm, inclinazione cannotto 24°, altezza sella 815 mm, capacità serbatoio 16 l.



Commento: anche questa semicarenata, come tutte le sportive Ducati, poggia su una ciclistica solida e collaudata. I componenti (in particolare la sospensione anteriore, Marzocchi e non Showa, non regolabile) sono tuttavia decisamente più economici rispetto a quelli montati sulle versioni 800 e 1000. Di ottima qualità e dotato di quote importanti l'impianto frenante: i dischi semiflottanti anteriori sono frenati da pinze fisse a quattro pistoncini.



L’entry level Ducati è secondo noi un ottimo strumento per imparare la guida sportiva, senza per questo smettere di dar soddisfazione al momento in cui ci accorda confidenza. La propensione del desmodue a salire di giri resta quella cui eravamo abituati, ossia piuttosto scarsa: rumorosità e vibrazioni quasi costringono a cambiar marcia quando si superano i 7.000 giri.



Tuttavia il bicilindrico bolognese non è affatto fiacco, e sul misto ci si può davvero divertire grazie all’erogazione corposa e lineare, e soprattutto a doti ciclistiche che restano sempre il più grande pregio di casa Ducati. La forcella, come detto, non è regolabile; d’altra parte noi non abbiamo sentito il bisogno di regolarla: ci è parsa molto solida, così come il forcellone in acciaio.



La sella e il baricentro un po’ alti, comunque, non aiutano a sentirsi particolarmente sicuri quando si scende in piega: ma, appunto, è esclusivamente un’impressione, perché nella nostra prova la 620 Sport non ha evidenziato alcun problema di stabilità, se non sul dritto alle alte velocità (dopo i 140 km/h). Molto potente la frenata, coadiuvata peraltro da un freno motore sempre molto presente: il bloccaggio della ruota posteriore è raro, e avviene solo se cercato con insistenza.

Test: Ducati 620 Sport i.e.
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