Moto & Scooter
Hornet 900 contro Fazer 1000
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Lo scontro ancestrale tra ragione e passione è il tema dominante del confronto fra queste due moto. Simili anche se diverse, differenti pur se affini: la scelta è ardua, ma anche sbagliando si cade in piedi
La fine degli anni novanta è stata (tralasciando fatti di più macroscopica rilevanza) testimone di un duello dal sapore antico ma dai contenuti decisamente moderni: quello tra i due modi d’intendere le naked alla giapponese, ovvero quelle con motori a quattro cilindri che girano in alto e mettono in riga (almeno sul dritto) pomponi di ben altri costi e dimensioni.
Una, la CB 600 meglio nota come Hornet, è la moto più venduta sul mercato italiano ormai da lungo tempo (si è appena concessa una visita dall’estetista), mentre l’altra, la Yamaha FZS 600 alias Fazer, per tener botta di fronte al dilagare dell’avversaria ha avuto bisogno di un consistente restyling oltre un anno fa.
La formula proposta era e rimane vincente: moto leggere, polivalenti (la Yamaha soprattutto), relativamente economiche (in particolare la Honda), buone anche per il neopatentato, data la trattabilità del motore, cui peraltro non mancano i cavalli.
A Tokyo e Iwata hanno impiegato ben poco a farsi i conti in tasca: il mercato viaggia verso le grosse cilindrate, le naked hanno sempre più successo (forse anche perché i mototuristi veri non sono moltissimi?) e incastonare nel loro telaio motori da supersportive, leggi CBR e YZF, non è operazione particolarmente complicata e costosa.
Così, com’era prevedibile, sono arrivate la Hornet 900 e la Fazer 1000, le proposte large size delle celeberrime nude, anch’esse dotate di styling accattivanti e motori eccezionali. Ma non è tutto facile come sembra: per prezzo e per indole le due giapponesi riscuotono successi diversi e, marchio a parte, sono veramente alternative l’una all’altra. Vai ai test: Hornet 900 Fazer 1000
La formula proposta era e rimane vincente: moto leggere, polivalenti (la Yamaha soprattutto), relativamente economiche (in particolare la Honda), buone anche per il neopatentato, data la trattabilità del motore, cui peraltro non mancano i cavalli.
A Tokyo e Iwata hanno impiegato ben poco a farsi i conti in tasca: il mercato viaggia verso le grosse cilindrate, le naked hanno sempre più successo (forse anche perché i mototuristi veri non sono moltissimi?) e incastonare nel loro telaio motori da supersportive, leggi CBR e YZF, non è operazione particolarmente complicata e costosa.
Così, com’era prevedibile, sono arrivate la Hornet 900 e la Fazer 1000, le proposte large size delle celeberrime nude, anch’esse dotate di styling accattivanti e motori eccezionali. Ma non è tutto facile come sembra: per prezzo e per indole le due giapponesi riscuotono successi diversi e, marchio a parte, sono veramente alternative l’una all’altra. Vai ai test: Hornet 900 Fazer 1000
Considerazioni estetiche
Chi compra una nuda, spesso mette la soddisfazione dell’occhio davanti a ogni altro genere di considerazione. E qui, al primo sguardo, emerge chiaramente la prima grande differenza tra la Hornet e la Fazer. Se la Honda è nuda completamente, la Yamaha è meno “sfacciata” e si concede un aggressivo e aerodinamico cupolino, che tuttavia non nasconde i robusti tubi del telaio.
Mentre una ancora ammicca, sebbene con discrezione, ai fasti delle mitiche “four” anni settanta
(si notino gli specchi cromati, il faro tondo e i cerchi della strumentazione), l’altra mostra una parentela più stretta con le supersportive di casa, e punta tutto su linee affilate e angoli scolpiti, lasciando intendere grandi potenzialità di divertimento e soddisfazione anche nell’uso in pista.
Ma quello della Fazer non è un virtuosismo stilistico: c’è solo quello che serve e dove serve; ad esempio, si è optato per uno scarico singolo, anche se probabilmente uno doppio avrebbe ulteriormente incattivito l’aspetto della naked giapponese. La Hornet invece utilizza proprio il doppio terminale come elemento di distinzione dalla versione 600. Entrambe le rivali montano filanti cerchi neri a tre razze, perfettamente in accordo col loro carattere da streetfighter.
La tecnica
Ai propulsori di Hornet 900 e Fazer 1000 è opportuno dare del “Voi”, viste le nobili origini.
La nudona di Tokyo monta infatti il quattro cilindri in linea da 919 cc derivatole dalla Fireblade my 1998, naturalmente modificato nell’erogazione, decisamente meno appuntita e forte di una coppia più generosa in basso. Questo grazie alla riduzione del rapporto di compressione (da 11,1:1 a 10,8:1), ad alcune modifiche alla testata e all’adozione dell’alimentazione ad iniezione elettronica a quattro corpi farfallati in sostituzione dei quattro carburatori dei quali era invece dotata la CBR.
Se possibile, di ancor più illustre discendenza è la FZS 1000, che custodisce tra i tubi del telaio il 998 ereditato dalla mitica R1, addolcito sì, ma non più di tanto: la potenza massima di 143 cavalli (solo sette meno della R1 2000) a 10.000 giri è un dato che mette i brividi. A differenza dell’ultima evoluzione della supersportiva di casa, la Fazer mantiene l’alimentazione a carburatori.
Sul piano ciclistico, sulla Hornet c’è stato meno da fare che sulla Fazer. L’impostazione della Honda made in Atessa è rimasta praticamente invariata, ma sono stati irrobustiti il trave del telaio, gli steli della forcella (ora da 43 mm), nonché il rinforzo della piastra di sterzo. L’impianto frenante è da supersportiva, e le pinze derivano da quelle montate sulla Fireblade my 1996. I cerchi (da 17”) sono più leggeri che sulla 600, ma calzano pneumatici di identiche dimensioni (120/70 e 180/55).
Stesse misure di cerchi e pneumatici, ma anche di steli della forcella, anche per la Fazer 1000, e non molto diversa la sospensione posteriore, un bel forcellone in alluminio con monoammortizzatore regolabile. Diverso però, come anticipato, il telaio, che sulla naked di Iwata è un doppia culla continua. Leggermente più dimensionato l’impianto frenante, grazie soprattutto al disco posteriore di maggior diametro (267 mm), sul quale agisce una pinza a doppio pistoncino.
Funzionalità e comfort
Se è vero che chi compra una nuda sa di non poter contare su alcuna protezione aerodinamica, è vero anche che c’è nuda e nuda. Alla Honda hanno scelto la strada più radicale, forse anche perché sconfortati dall’ insuccesso della Hornet S, ossia la versione semicarenata del calabrone nipponico da 600 cc. Si vocifera che possa arrivare anche una 900 un po’ più coperta, ma, anche se così fosse, tutti sono convinti che i numeri, la Honda continuerà a farli con la naked vera e propria.
Certo ci si può chiedere che senso abbia una moto da oltre 230 all’ora senza uno straccio di cupolino, visto che già a 160 la pressione dell’aria comincia a farsi violenta.
Alla Yamaha invece il nudo integrale ancora non convince (certo, c’è la XJR 1300, ma è una moto di altro tipo, retrò nello stile), per cui sia la 600 che la 1000 esistono e presumibilmente esisteranno solo dotate di semicarena: una protezione che in autostrada è benedetta come l’acqua nel deserto, e che consente di sfruttare un po’ di più la cavalleria scatenata dai quattro cilindri di Iwata, anche se non sufficiente a raggiungere senza essere letteralmente strappati dal manubrio la velocità di punta, prossima ai 270 orari.
Per il resto non si possono fare grandi appunti alle due rivali, che offrono un buon comfort grazie alle selle ampie, permettono posizioni in marcia non troppo faticose e sono piuttosto leggere in relazione alle cilindrate (la Hornet è più snella, con 194 chili dichiarati). Quanto a capacità del serbatoio vince invece la Fazer, con un pieno di verde da 21 litri invece di 19.
Su strada
L’obiettivo delle case era quello di costruire mezzi che risultassero divertenti, ed è stato centrato in pieno, anche se vanno fatte le opportune distinzioni. La Hornet è uno spasso in città, dove, grazie a un’avancorsa ridotta, oltre che al peso inferiore, risulta più agile della Fazer. Il vantaggio si assottiglia nel misto, dove la precisione della ciclistica Yamaha fa quasi da contraltare alla grande immediatezza di guida della Honda, mentre dove si può aprire il gas senza pensarci troppo la supremazia è decisamente della FZS 1000, che in allungo viene fuori alla grande. Questo perché erogazione e quote ciclistiche vanno di pari passo: vigorosa già in basso, brutale ai medi, la Hornet. Fluida dai quattromila, formidabile dopo i settemila giri, la Fazer. Se l’avantreno della prima si alleggerisce sensibilmente a ogni colpo di acceleratore, la seconda sembra correre incollata ai binari, evidenziando qualche piccola incertezza solo al posteriore,
quando si esce di curva con l’acceleratore ancora tirato.
Bene per entrambe la frenata, ma è ancora la Fazer a distinguersi: il suo impianto da ipersportiva è modulabile come pochi, e non tradisce nemmeno dopo molti chilometri di sollecitazioni violente. Sulla Hornet è invece un po’ troppo facile il bloccaggio della ruota posteriore.
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