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Harley Davidson VRSCA V-Rod

il 24/05/2002 in Moto & Scooter

La street dragster di Milwaukee inaugura una nuova era del marchio HD: il look è cattivissimo e innovativo, l’inedito propulsore ha carattere e birra da vendere e il prezzo è da gioielleria.

Alla prima presentazione dinamica, lo scorso anno in America, la V-Rod ha suscitato scalpore e al salone del Motociclo di Milano, per molti, era la più bella e sicuramente è stata una delle moto più “accarezzate” dai veri appassionati delle due ruote a motore. E se a Milwaukee, con l’introduzione della VRSCA 1100 V-Rod, volevano generare un terremoto capace di scuotere vigorosamente il popoloso pianeta d’estimatori del marchio Harley Davidson e del settore yankee bike in generale, ci sono riusciti alla grande. Il clima di spasmodica attesa e infuocate discussioni tra appassionati che si è generato per l’arrivo sul mercato dell’HD del nuovo millennio, infatti, è stato enorme.


Gli “harleisti duri”, quelli più legati alla tradizione del marchio, la nuova HD, probabilmente ancora la rinnegano. Gli altri, la maggior parte, la V-Rod la sognano tutte le notti e, anche tra chi le chopper non le ha mai considerare come degne d’interesse, più di uno crediamo ci abbia già fatto un pensierino. Ora che è disponibile presso la rete di vendita Harley, noi, abbiamo messa la V-Rod sotto i ferri e le belle sorprese ed emozioni che la nuova street dragster made in USA ci ha riservato, sono davvero molte e convincenti.

Il design è unico e innovativo, la guidabilità e la tenuta di strada sono ok e l’inedito motore V2 di 60° e 1130 cc di cilindrata, denominato Revolution e con raffreddamento a liquido e alimentazione a iniezione elettronica, ha carattere e “birra” da vendere. Il prezzo di 21.066 Euro chiavi in mano della V Rod, con 12 mesi di garanzia integrale, ovviamente, è molto “salato” ma, è risaputo, i gioielli d’autore costano e, purtroppo, non sono per tutti.

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Bassa, lunghissima e con un profilo che, come un blocco di metallo posato per centinaia d’anni sottocosta nell’oceano, sembra plasmato e modellato dall’impetuosa azione delle onde del mare; così, a prima vista, la V Rod può apparire agli occhi dell’osservatore. E invece, è tutto opera dei gran artisti del centro progettazione e sviluppo di Milwaukee capitanato da Willie G. Davidson che, con mani da veri maestri d’arte motociclistica, hanno creato il gioiello adatto a festeggiare i cento anni del marchio e inaugurare, così, una “nuova era” della moto USA.

L’enorme attenzione profusa dai progettisti Harley nella realizzazione della V Rod, infatti, è già evidente nell’osservazione dell’avantreno dove, seguendo l’ultra spartana filosofia costruttiva delle sportive HD, pochi ben fatti “pezzi”, sono bastati a dare alla moto un fascino eccezionale. La stupenda ruota lenticolare in satinata lega d’alluminio, infatti, è collegata al manubrio tramite una massiccia forcella di disegno tradizionale con lucidate e “traforate” piastre di sterzo in lega leggera, mentre il faro, tanto semplice quanto ricercato nel design, e il piccolo ma completo cruscotto analogico digitale, completano a meraviglia un coinvolgente ponte di comando 100% street dragster.

Un’assoluta e ricercatissima semplicità nel design,  riscontrabile in tutte le parti della moto dove, niente sembra la sciato al caso e l’ottima qualità dei materiali utilizzati (alluminio a gogò anziché vile plastica) e di finitura delle varie componenti, lascia ben poco spazio a critiche. In questo senso, infatti, gli unici appunti che si possono fare, riguardano soltanto l’assenza di una conchiglia che occulti gli antiestetici componenti elettrici sul retro del faro anteriore e le “povere” piastre pedane passeggero che, imbullonate al rutilante forcellone in alluminio, sono decisamente “stonate”.

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La V Rod, nella tecnica non taglia i ponti con il passato HD ma, ad una fisionomia fondamentalmente classica, affianca numerose e interessanti novità progettuali e produttive. Il telaio a doppia culla, con la parte inferiore imbullonata per facilitare l’inserimento del propulsore, nel disegno non ha niente da spartire con le altre Harley ed è di tipo perimetrale e con puntoni di rinforzo nella zona del cannotto. Per assicurare all’ossatura della V Rod la rigidità di una vera dragster e ottenere la massima corrispondenza del telaio al disegno di progetto, poi, i tubi d’acciaio di grosso diametro, sono modellati attraverso la tecnologia Hydroforming; un sistema di stampaggio con acqua ad alta pressione che, senza generare “grinze” e nocivi punti di tensione nelle curve più strette come quelle nella zona dietro al cilindro posteriore, permette di piegare i metalli con assoluta precisione e continuità di forma.

Le misure fondamentali, per consentire una facile gestione dei 115 CV promessi dal nuovo propulsore, ovviamente, sono in piena sintonia con il concetto classico della moto sportiva a “stelle e strisce”. L’interasse (1713 mm), infatti, è da portaerei a due ruote e l’inclinazione cannotto è di 34°, mentre, per dare alla V Rod la stabilità direzionale di una dragster racing nell’accelerazione da fermo, la forcella, grazie a piastre di sterzo non ortogonali, ha un’inclinazione effettiva di ben 38°. Tradizionale nello schema ma, evoluto e efficiente, è anche il reparto sospensioni: la forcella teleidraulica è con perno in asse e enormi steli da 49 mm e la coppia d’ammortizzatori idraulici regolabili nel precarico molla, è azionata da un forcellone in alluminio lucidato che, composto da una parte fusa e da bracci sagomati rinforzati, offre gran rigidità e resistenza alle sollecitazioni e un diabolico look al retrotreno della moto.

Un elogio, infine, la V Rod merita nel reparto ruote e freni dove, a magnifici cerchi lenticolari in alluminio e a coperture radiali sportive di larga sezione, corrisponde un impianto frenante composto da una terna di freni a disco da 292 mm con pinze a quattro pistoncini davvero efficienti e all’altezza delle “piccanti” performance espresse dal propulsore.

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Il propulsore della V Rod e con nome in codice Revolution, per Harley Davidson rappresenta una svolta strategica importante e che, senza cancellare il passato e il presente tecnico/meccanico del marchio, apre la strada ad una nuova generazione di mdelli. I soli punti di contatto tra il propulsore della V Rod e gli altri, infatti, sono la configurazione V2 logitudinale e le dimensioni complessive importanti che, da sempre, contraddistinguono la moto made in USA: tutto il resto è diverso. La disposizione dei cilindri del nuovo motore, non è più a V stretta (45°) ma bensì a 60° e per ridurre le vibrazioni generate dall’utilizzo di manovelle a 360°, si è resa necessaria l’adozione di un contralbero di bilanciamento. Il rapporto d’alesaggio e corsa decisamente superquadro (100x72 mm), è da moderno motore sportivo, mentre, i pistoni d’alluminio forgiati sono di disegno piuttosto tradizionale.

Le grosse testate fuse in conchiglia, sono con quattro valvole di ragguardevoli dimensioni (40mm asp. 34,5 mm sca.) e, al posto dello storico sistema di distribuzione ad aste e bilancieri, ora, c’è un più efficiente dispositivo a doppio albero a camme in testa, comandati da una coppia di catene laterali ai cilindri e da quella nel basamento che prende il moto dall’albero motore. Il raffreddamento è a liquido e, per sottolineare la novità anziché nasconderla, l’enorme pompa dell’acqua posizionata alla base della V dei cilindri sul lato destro del motore e il radiatore, sono in grande evidenza.

La lubrificazione forzata a carter umido, è con pompa trocoidale che, tramite appositi getti, invia olio anche sotto il cielo dei pistoni per raffreddarli, mentre, la trasmissione primaria, non è più a catena ma a ingranaggi. Il gruppo accensione/alimentazione a iniezione elettronica ESPFI è integrato, la frizione multidisco in bagno d’olio ha il comando idraulico, il cambio a 5 rapporti ha gli ingranaggi più utilizzati (1 e 5 marcia) con più robusti denti diritti anziché i silenziosi elicoidali e, in fine, la trasmissione finale è con cinghia rinforzata da fibre aramidiche.

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Appesi per mani e piedi ad uno stendipanni e con un cannone della stufa che irradia calore sotto la gamba destra; così, in sella alla V Rod ci si trova “seduti”. In poche parole, se giudicata come una moto qualsiasi, la posizione di guida offerta dalla V Rod rappresenta l’apoteosi dell’antiergonomico motociclistico ma, la nuova Harley, “regolare” non è e nemmeno vuole esserlo e per entrare nel “bel gioco”, bisogna pagare il “pedaggio”. In cambio del balzello in termini di scarso comfort e ridotta efficienza d’azione nella guida, richiesto dalla posizione in sella 100% chopper, però, la V Rod sa dare tante altre, diverse e appaganti emozioni.

E la prima, è quella che si prova appena ci si accinge alla guida dell’Harley new age e rispetto a una moto tradizionale, ci si trova seduti quasi per terra; dietro al grosso motore, con la ruota anteriore a un “chilometro” di distanza e le pedane tanto avanzate da sembrare irraggiungibili anche per chi in termini di statura non è un “tappetto”. Le braccia tese verso un manubrio ampio e perfetto nel disegno, la vista dello splendido micro cruscotto analogico/digitale e di mastodontiche e efficaci leve freno e frizione, poi, chiudono il cerchio, regalando al pilota una sensazione di dominio della moto e della strada certamente non realistico ma, sicuramente appagante.

Per quanto concerne l’accoglienza riservata dalla V Rod al passeggero, invece, sono soltanto “dolori” e se, con la fidanzata o la consorte intendete fare gite poco più lunghe della classica passerella per le vie del centro città, per evitare che finisca tutto in una lite; la consultazione del fornito catalogo accessori Harley e l’acquisto di qualche gadget di conforto per il secondo, è d’obbligo. La porzione di sella riservata al passeggero, infatti, è ridotta e poco imbottita; le pedane sono avanzate, vicine al piano di seduta e ancorate al forcellone e come appiglio c’è soltanto l’abbraccio al busto del pilota.

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Su strada, a “pareggiare il conto” con una posizione in sella folcloristica e appagante sotto il profilo emotivo ma, non certo adatta ad agevolare il pilota nella gestione della moto, alla prova dei fatti, nella guida della V Rod, ci pensano le ben equilibrate caratteristiche dinamiche della ciclistica e un motorone che, per prestazioni e carattere, riserva emozioni fino ad ora inimmaginabili anche per il biker esperto. Il V2 1130 cc. della V Rod, infatti, già dall’avviamento lascia intendere d’essere fatto di una diversa “pasta”. Per esserne certi, basta dare un paio di complete accelerate e ascoltarne il nuovo sound che, fatto di voraci ma civili assoli dei corpi farfallati da 53 mm e di un rombo di scarico importante ma comunque urbano, non fa rimpiangere il celebre stantuffare da sferragliante locomotiva a vapore dei propulsori che equipaggiano le altre HD.

E se la buona guidabilità e stabilità che, nonostante il consistente peso e la scarsa manovrabilità in spazi ristretti, la V Rod dimostra già a bassa e media velocità, fa venir voglia di dare subito full gas, il motore Revolution risponde pronto alle richieste del pilota e le emozioni fioccano a tutto spiano. La spinta generata dal nuovo V2 Harley, infatti, è consistente già da 3500 giri ma, dopo una leggera flessione nel tono, superata quota 5000 cambia completamente registro, sprigionando, con una musica d’aspirazione entusiasmante e gran grinta, tutta la “birra” di cui dispone (115 CV); consentendo gran soddisfazione nelle accelerazioni al semaforo e nella ripresa da media velocità dove, il “combattimento” con ambizioni di vittoria, contro moto bicilindriche sportive stradali tradizionali non è un’utopia.

 I potenti freni, migliorabili soltanto nella modulabilità d’intervento, poi, sono all’altezza delle prestazioni (oltre 220 km/h indicati) e del peso della moto e, anche se le staccatone all’ultimo metro e le pieghe sportive, con una yankee bike non sono operazioni da prendere seriamente in considerazione, grazie alla notevole stabilità dimostrata in curva come in rettilineo e grazie alla bontà di comportamento delle sospensioni su asfalto moderatamente sconnesso, su strade guidate, con la V Rod ci si può divertire parecchio non soltanto in tranquille passeggiate.

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Motore: a 4 tempi, 2 cilindri a V di 60° logitudinale, raffreddamento a liquido, alesaggio e corsa 100x72 mm, cilindrata 1.130 cc, rapporto di compressione 11,3:1, distribuzione bialbero a camme in testa con comando a catena laterale, 4 valvole per cilindro, lubrificazione forzata a carter umido con doppia pompa trocoidale. Alimentazione: iniezione elettronica ESPFI con corpi sfarfallati da 53 mm, capacità serbatoio 14 litri compresa la riserva. Accensione: elettronica digitale, 1 candela per cilindro. Avviamento: elettrico.
Trasmissione: primaria a ingranaggi a denti diritti, frizione multidisco in bagno d’olio con comando idraulico, cambio a 5 marce, finale a cinghia in fibre aramidiche rinforzate.
Ciclistica: telaio a doppia culla continua scomponibile in tubi tondi d’acciaio di grosso diametro, inclinazione asse di sterzo 34° (forcella 38°), avancorsa 99 mm. Sospensione anteriore: forcella teleidraulica utraregolabile, steli da 49 mm, escursione 100 mm. Sospensione posteriore: forcellone in alluminio e ammortizzatori idraulici regolabili nel precarico molla, escursione ammortizzatori 60 mm. Ruote: anteriore lenticolare in lega leggera, pneumatico 120/70-19”, posteriore lenticolare in lega leggera, pneumatico 180/55-18”. Freni: anteriore a doppio disco da 292 mm, pinze a 4 pistoncini, posteriore a disco da 292 mm, pinza a 4 pistoncini, circuito idraulico in tubi di teflon con treccia metallica.
Dimensioni e peso: interasse 1713 mm, lunghezza 2375 mm, larghezza 838mm, altezza sella 660 mm. Peso a secco 270,4 kg.
Prestazioni: potenza 115 CV (84,64 kw) a 8500 giri., coppia 88 Nm a 6300 giri.
Omologazione Euro-1: si’

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