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Malaguti Ciak 150

il 30/04/2002 in Moto & Scooter

Italiano, ruote alte e cilindrata autostradale: definizione forse generica, ma utile a sintetizzare la doti di questo scooter bolognese, un buon mezzo da città ad un prezzo abbordabile

Nelle altre pagine:
Funzionalità e tecnica:
essenziale per vocazione o per necessità? Forse entrambe le cose: chi vuole gli efffetti speciali si orienti su altro, chi bada al sodo sul Ciak è il benvenuto.
Su strada: undici cavalli sinceri e non troppo avidi di biada, buoni per scansare le code e - perché no? - divertirsi un po' sul misto.


Mettiamola così: il Ciak si mette d'impegno per rincorrere i best-sellers di categoria, ma l'operazione aggancio è più difficile del previsto. Il ruote alte di San Lazzaro si fa forte di un design abbastanza originale, caratterizzato da qualche gradevole spigolosità, di bei cerchi da sedici a tre razze, di un bel motore quattro tempi silenzioso e pulito e pure di un prezzo che, rispetto ai primi della classe è competitivo.

Solo che i contenuti, pur dignitosi, hanno ancora un certo gap da colmare, in termini di potenza del motore, ciclistica ed equipaggiamento. Ciò fa sì che il vero temine di paragone del Ciak non siano i vari Honda, Yamaha e MBK, bensì i prodotti validi ma outsider made in Corea o Taiwan, i quali, d'altra parte, in genere si avvantaggiano di prezzi d'attacco un po' più bassi.

Uno dei punti forti del midi bolognese è la capacità di rivolgersi a una clientela eterogenea, per intendersi non solo il giovane coi pruriti sportivi come da tradizione della casa, ma anche (forse soprattutto) il tranquillo signore di mezza età stanco della macchina e del pedale della frizione, senza contare che, come tutti i ruote alte dal peso contenuto, pare molto adatto al pubblico femminile. A questo punto bisogna fare i propri conti: 3.094 Euro sono un prezzo giusto, ma chi cerca il risparmio a tutti i costi potrebbe indirizzarsi su altro...



Il Ciak non è quel che si dice un prodotto rivoluzionario. I progettisti Malaguti non si sono presi la briga di tirar fuori il coniglio dal cilindro, ma hanno preferito far bene quello che sanno fare.
Bene, perché il prodotto è valido e fatto di elementi concreti. Il motore è un monocilindrico raffreddato ad aria con distribuzione SOHC a due valvole, un po’ carente in fatto di potenza massima (un pelo meno di undici cavalli).

La ciclistica è di stampo classico, fin troppo se si prende in considerazione l’impianto frenante, che al posteriore vede un tamburo da 130 mm francamente un po’ miserello.
Scarsa è pure la capienza del vano sottosella, che ospita con difficoltà un casco demi-jet.
In compenso la seduta è comoda, e persino gli spilungoni non rischiano di procurarsi lividi alle ginocchia urtando il retroscudo. Promossa con riserva la strumentazione, che è ben disegnata e facilmente leggibile, ma è poco precisa (l’indicatore della benzina oscilla da vuoto a mezzo pieno ad ogni curva) e non ha il trip computer, che è ormai un must su mezzi di questa categoria.



Abbiamo invece molto apprezzato il peso ridotto (114 kg): anche se manca il cavalletto laterale, il Ciak si solleva su quello centrale con uno sforzo minimo, e spostarlo quando è spento non rappresenta un problema nemmeno per il gentil sesso.

Il nostro Malaguti si guarda bene dal fare lo sportivo. La casa emiliana annovera tra le proprie fila altri mezzi pronti a recitare ben più degnamente questa parte, non ultimo l’imponente Madison, che noi abbiamo recentemente provato nella versione 180. Infatti lo scatto non è il suo forte, e neppure l’allungo: per superare quota cento all’ora non basta il chilometro lanciato.



Pazienza, perché se lo si sfrutta senza tirargli il collo, il Ciak può pure divertire, in particolare risulta efficace e rapido sul misto. Le sospensioni sono tarate abbastanza morbide, e forse la forcella lo è fin troppo. La stabilità è buona, sia in curva che sul dritto, per quanto lo sterzo sia molto leggero.



I freni fanno il loro dovere anche meglio di quanto ci si sarebbe aspettato da un impianto così basic, almeno finchè si viaggia senza passeggero e bagagli: quando il peso aumenta e le sollecitazioni si fanno maggiori, infatti, il tamburo posteriore perde presto di efficacia. Nella media i consumi: i venticinque con un litro non sono un miraggio, e ciò garantisce un’autonomia discreta, a dispetto della limitata capacità del serbatoio, di soli otto litri.

Motore: monocilindrico orizzontale, quattro tempi, 150cc, raffreddamento ad aria, alesaggio per corsa 57,5x57,8, distribuzione monoalbero a camme in testa, due valvole, rapporto di compressione 9,2:1, accensione elettronica, avviamento elettrico con starter automatico e kick starter.
Trasmissione: primaria con variatore automatico di velocità con cinghia trapezoidale. Finale ad ingranaggi, frizione centrifuga ad innesto automatico.
Ciclistica: telaio monotrave sdoppiato all’altezza della pedana poggiapiedi. Freno anteriore a disco diametro 230 mm con pinza a doppio pistone, posteriore a tamburo 130 mm, sospensione anteriore: forcella teleidraulica con steli di 33 mm, posteriore: motore oscillante con doppio ammortizzatore idraulico. Pneumatici: anteriore 2,75/80-16, posteriore 100/80-16.
Dimensioni: lunghezza 2.000 mm, larghezza 725 mm, passo 1.350 mm, altezza sella 800 mm, capacità serbatoio 8 l, peso 114 kg.
Prestazioni: potenza massima 10,9 cv a 7.250 giri/min, coppia massima 11,0 Nm a 6.250 giri/min. Velocità massima: nd. posteriore

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