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Aprilia ETV 1000 Capo Nord - 2002

il 08/04/2002 in Moto & Scooter

Una moto da grandi viaggi con un cuore da sportiva di razza e una ciclistica raffinata e sempre all'altezza. Comodità e prestazioni le sue migliori doti

Aprilia ETV 1000 Capo Nord - 2002
Sul fianco sinistro della moto si nota il pomello di regolazione del monoammortizzatore, e, vicino, la presa dell'accendisigari e la serratura per la rimozione della sella del passeggero

Capo Nord, la terra più lontana in vetta all’Europa: più in su, solo ghiaccio. Capo Nord, la meta ambita di tutti i turisti di lungo corso in moto, l’unica avventura ancora praticabile nel Vecchio Continente ormai globalizzato. Capo Nord, un’Aprilia concepita per i grandi viaggi, per l’asfalto, ma anche per la terra battuta, per le andature panoramiche, ma anche per le tappe forzate.


Evitiamo di chiamarla "Enduro bicilindrica": con quel peso, con quelle dimensioni, la qualifica è improponibile per la Capo Nord, come per le concorrenti Honda Varadero, Suzuki V Strom e BMW R 1150 GS. Questi modelli rappresentano le moderne granturismo, moto essenzialmente robuste, comode per il pilota come per il passeggero, stilisticamente ricercate (a volte anche a scapito della funzionalità) tecnicamente sofisticate, ricche di accessori (opzionali) e... costose.

La Capo Nord è un’interpretazione molto azzeccata di qusto specifico genere di moto. Presentata al Salone di Monaco del 2000, ha raccolto inizialmente scarsi consensi, soprattutto a causa di una parte anteriore troppo "scooteristica", ma poi i suoi fautori sono aumentati considerevolmente, man mano che emergeva la soddisfazione di chi le aveva concesso fiducia. Una moto che sta raccogliendo un successo basato sul passaparola, più che su una forte azione promozionale da parte dell’Aprilia; una moto che a distanza di due anni non si è trasformata esteticamente, come forse molti avrebbero voluto, cercando di piacere di più, ma ha preferito imporsi per meriti evidenti.

Non mancano le imperfezioni e i difetti, naturalmente, e li leggerete nelle pagine che seguono, ma la sostanza è eccellente, anche se si tratta di una sostanza purtroppo non alla portata di tutti: 10.700 Euro, un prezzo molto elevato per una moto che potrebbe avere altrimenti una diffusione da Transalp.
Provarla per credere...

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La Capo Nord è imponente, attrae. Massiccio il serbatoio, plateale la sella, largo il manubrio, tranquillizzante l’ampia superficie del parabrezza, affascinante - se illuminato - il fantascientifico cruscotto (altrimenti meno appagante per l’occhio) solidissimo il cavalletto laterale. Non manca nulla, anzi la sensazione è di abbondanza, di ricchezza.
Tanta opulenza però non è priva di controindicazioni: la Capo Nord è una moto che al cliente richiede un requisito fondamentale: statura superiore al metro e settantacinque, a causa della notevole altezza da terra della sella, ma soprattutto della larghezza della parte anteriore della sella, che forza l’apertura delle gambe, rendendo il problema dell’altezza ancor più rilevante, e disturba anche nella guida in piedi, indispensabile se si vuole sfruttare - nei limiti concessi - l’aspetto enduristico del veicolo.
La posizione di guida è comoda e pienamente funzionale; i comandi al manubrio sono facilmente raggiungibili e molto precisi; il cruscotto è completissimo, con computer di bordo, termometro e diavolerie elettroniche di ogni tipo; sulla moto della nostra prova all’improvviso erano impazziti il tachimetro ed il contagiri, ma è bastato sostituire due fusibili (operazione facilissima) e tutto è tornato a posto.
Desta perplessità il fatto che il commutatore abbagliante/anabbagliante funzioni a rovescio del normale: per accendere le luci di profondità bisogna infatti premere all’indietro il commutatore, mentre su tutte le altre moto è il contrario. Perché?


Gli specchietti retrovisori, pur di ridotte dimensioni, svolgono assai bene il loro compito; i comandi a pedale non prestano il fianco a critiche di sorta , infine le maniglie del passeggero consentono una presa agevole e soprattutto sicura e solida.
Il cuscino della sella del passeggero, staccato da quello del pilota, si toglie aprendo la serratura a chiave esistente sul fianco sinistro della moto. La sua rimozione mette in luce un piano d’appoggio sottostante, che può essere usato come estensione in avanti del portapacchi, così da consentire il carico di un rilevante volume di bagagli per lunghi viaggi a solo. Al centro del piano d’appoggio c’è uno sportello in plastica che copre un vano di piccole dimensioni, sufficienti però ad accogliere gli attrezzi standard di bordo, i documenti della moto, un paio di guanti e un eventuale telefono cellulare; a proposito di cellulare, sul fianco sinistro della moto, accanto alla serratura della sella e al pomello di regolazione dell’ammortizzatore posteriore, esiste una presa di corrente tipo accendisigari per la ricarica o per il collegamento di una lampada d’ispezione.

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Il telaio di questa enduro rivela la diretta discendenza da quello della RSV mille, ed è motivo di netta distinzione in questo segmento di mercato così distante da quello delle moto da pista. Si tratta di un telaio di alluminio a montanti diagonali composto da elementi scatolati che sono stati modificati in modo da allargare la struttura, sia per il maggior ingombro del serbatoio, sia in funzione protettiva delle gambe del pilota. Anche il forcellone è in alluminio. La sospensione anteriore è una forcella Marzocchi teleidraulica a foderi inferiori con steli di ben 50 mm di diametro e corsa di 175 mm.


Il monoammortizzatore posteriore è un Sachs regolabile in estensione e tramite manopola sul lato sinistro della moto, nel precarico,; il precarico sarebbe registrabile senza soluzione di continuità, ma per facilitare la ricerca della miglior taratura ha tre posizioni corrispondenti a tre click preimpostati: solo pilota - pilota e passeggero - pieno carico con bagagli.
Le ruote sono a raggi tangenziali brevettati dall’Aprilia: l’attacco superiore del raggio rimane esterno al pneumatico, così, essendo il bordo (cavo per maggior leggerezza) del cerchio a tenuta stagna, è possibile montare pneumatici tubeless, che offrono una scurezza molto maggiore in caso di foratura.

I freni sono Brembo. Davanti è installato un doppio disco di 300 mm di diametro con pinze flottanti a due pistoncini affiancati; posteriormente troviamo un disco di 270 mm di diametro, con pinza a due pistoncini contrapposti. I dischi prevedono già in origine la possibilità di ospitare la ruota fonica del sistema ABS.

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Il progettista della Capo Nord ha avuto il vantaggio di partire da un motore sportivo compatto e con tanti cavalli, così, anche avendo l’esigenza di privilegiare i regimi inferiori, la potenza è rimasta esuberante: 98 CV a 8.250 giri, e largamente sufficiente a non far avvertire la maggiore resistenza aerodinamica.
Il motore della RSV ha tanti meriti: è corto e quindi non mette in crisi la ciclistica, è a carter secco, così può essere posizionato con una certa elasticità, ma è nato per correre, e modificarne abbastanza radicalmente la personalità non deve essere stato facile.

Il risultato è stato ottenuto con tutta una serie di modifiche, in particolare al gruppo termico e al sistema di alimentazione. Sono stati montati pistoni di nuovo disegno; le camere di scoppio hanno una configurazione inedita e così il profilo degli alberi a camme.
L’impianto di iniezione elettronica Nippondenso è stato sostituito con un Sagem dell’ultima generazione, dotato di nuovi corpi farfallati con diametro di 47 mm anziché 51 mm e di nuovi iniettori; le trombette di aspirazione sono ora di 70 mm di lunghezza: 20 mm in più di quelle della RSV.

La mappatura dell’iniezione è differente per ciascun cilindro, al fine di ottimizzare la combustione.
Il sistema di scarico è configurato secondo lo schema due-in-uno-in-due e termina con due silenziatori in acciaio inox. Grazie al nuovo impianto di alimentazione, la Capo Nord rispetta i limiti di inquinamento imposti dalle norme Euro-1 anche senza catalizzatore, tuttavia ne è previsto il montaggio per i Paesi la cui legislazione ne richieda comunque l’adozione.

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A dispetto delle dimensioni imponenti, la Capo Nord si guida come una bicicletta, e non è il solito modo di dire, ma la realtà. Una bicicletta però che, complice la buona protezione aerodinamica, e le caratteristiche di erogazione del motore, può riservare scherzi spiacevoli se il livello di attenzione si abbassa anche solo pr un attimo fra una curva e l’altra. Le prestazioni infatti sono eccellenti, in virtù soprattutto di un propulsore che non teme confronti coi concorrenti: più potente e brillante di quello della Varadero e della BMW, ma anche più elastico di quello della V-Strom.

Ai più bassi regimi, in uscita di curva, ci si accorge che la coppia è inferiore alle attese, ma ci si rende anche conto che l’impressione non sarebbe la stessa se il comando dell’acceleratore fosse più diretto. La stabilità e le maneggevolezza sono invece largamente superiori alle aspettative, merito di una ciclistica che rappresenta un compromesso ideale fra le esigenze del turista e quelle dello sportivo: la moto scende in piega con grande naturalezza, con un comportamento assolutamente neutro che facilita anche le correzioni di traiettoria e, grazie anche alla fluidità di erogazione del motore, è del tutto esente da momenti critici in fase di riapertura dell’acceleratore.

In autostrada la Capo Nord fila come su un binario e la protezione del parabrezza è efficace anche ad alta velocità; le medie che si possono mantenere, con una moto la cui velocità massima è di circa 220 km/h effettivi, sono quindi elevatissime in relazione alla tipologia della moto.
Nella guida notturna si apprezza la leggibilità degli strumenti, ma ci si può trovare in difficoltà a causa del notevole affondamento della forcella in frenata, che riduce enormemente la portata del faro.

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Motore: a 4 tempi, bicilindrico a V di 60°, raffreddamento a liquido, alesaggio e corsa 97 x 67,5 mm, cilindrata 997 cc, rapporto di compressione 10,4:1; distribuzione bialbero, 4 valvole per cilindro, comando misto a ingranaggi e catene; lubrificazione a carter secco. Alimentazione: iniezione elettronica, corpi farfallati da 47 mm; capacita’ serbatoio 25 litri. Accensione elettronica digitale, 2 candele per cilindro. Doppio contralbero di equilibratura.

Trasmissione: primaria a ingranaggi; frizione multidisco in bagno d’olio, comando idraulico servoassistito; cambio in cascata a 6 marce; finale a catena.
Ciclistica: telaio a doppio trave perimetrale in lega leggera, inclinazione asse di sterzo 28°, avancorsa 129 mm. Sospensione anteriore: forcella teleidraulica con steli da 50 mm mm, escursione 175 mm; sospensione posteriore: forcellone in lega leggera e monoammortizzatore regolabile con comando progressivo, escursione 185 mm. Ruote: anteriore tubeless in lega leggera, pneumatico 110/90-19"; posteriore tubeless in lega leggera, pneumatico 150/70-17". Freni: anteriore a doppio disco da 300 mm, pinze flottanti a 2 pistoncini affiacati; posteriore a disco da 270 mm, pinza a 2 pistoncini contrapposti.

Dimensioni e peso: interasse 1560 mm, lunghezza 2310 mm, larghezza 830 mm, altezza sella 820 mm. Peso a secco 215 kg.
Prestazioni: potenza 98 CV (72 kW) a 8250 giri, coppia 9,7 kgm (95 Nm) a 6250 giri
Omologazione Euro-1: si’

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Sul fianco sinistro della moto si nota il pomello di regolazione del monoammortizzatore, e, vicino, la presa dell'accendisigari e la serratura per la rimozione della sella del passeggero

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