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Buell XB9R Firebolt

il 05/03/2002 in Moto & Scooter

Una moto che rompe con gli schemi consolidati. Un concentrato di idee e di tecnica che rappresenta un’aperta sfida alla concezione europea delle supersportive stradali

Buell XB9R Firebolt


di Alan Cathcart, foto Oil Tennent




Nelle altre pagine:

Descrizione: una severa lezione per i costruttori europei e giapponesi
Tecnica: il motore: bicilindrico ad aste e bilancieri, ma con buona potenza e coppia da far paura
Tecnica: la ciclistica: innovazione a tutto campo.
Dal telaio, ai freni, alla trasmissione, ai serbatoi
Su strada: tanto maneggevole da non far credere che possa essere anche così stabile



“Dai, siate seri! E per giunta costruita in America!”. Sono certo di non essere stato il solo a reagire in questo modo guardando, sei mesi fa, le prime foto della Buell XB9R Firebolt, soprattutto in considerazione delle novità annunciate e dello stile decisamente provocatorio derivante dall’inserimento di un motore bicilindrico a V ad aste e bilancieri di un litro di cilindrata su una ciclistica dimensionata per una 250 GP.
Una moto che Eric Buell ha definito: “La più bella sportiva per le strade di tutti i giorni mai costruita, non una Superbike coi fanali”.





Naturalmente, scetticismo a parte, non vedevo l’ora di provarla, anche solo per constatare di persona se le novità proposte, come il serbatoio del carburante ricavato all’interno dei tubi del telaio, la trasmissione finale a cinghia, la geometria di sterzo da 250, il disco del freno anteriore vincolato al bordo del cerchio e il serbatoio dell’olio nel forcellone oscillante, funzionassero davvero.
Con una potenza all’albero di 92 CV, che diventano circa 80 CV alla ruota, la Firebolt si propone come l’alternativa americana alla Ducati 900 SS o alla dinamicissima, ma ormai datata Ducati Monster.
È divertente pensare che la prima volta che incontrai Eric Buell fu vent’anni fa a Daytona, quando eravamo avversari in corsa guidando entrambi una Ducati 900 SS, una moto che Buell portò in gara per quattro stagioni nel campionato AMA SBK, prima di scoprire il motore Harley Davidson e diventare l’uomo che rappresenta la via americana al motociclismo sportivo.




Ma torniamo alla Firebolt, che dopo i ritardi dovuti agli attentati terroristici dell’11 settembre scorso è diventata realtà e già esce dalle linee di produzione di East Troy, nel Wisconsin. Finalmente. E finalmente l’ho anche potuta provare per due giorni in Spagna, sia sul circuito di Valencia, sia per quasi 500 km su autostrade e su strade principali e secondarie del nord-est della Spagna, tenendo, sul misto in montagna, ritmi che è difficile presumere di potersi permettere con una moto di questo genere.
Conclusioni? Calma! Leggete prima il resto. Vi basti sapere che non troverete solo la descrizione di come si guida con grinta la Firebolt: questa moto ha molto, molto di più da dire...






Cafè racer, street fighter, macho naked… chiamatela un po’ come vi pare. Ciò su cui non si discute è che la Buell XB9R è ammaliante e fascinosa come la più tecnica delle special, e invece è una moto di serie (anche se per pochi).
A parte quel cupolino che tutti (ducatisti in prima fila) si chiederanno dove hanno già visto, la nuova Buell sfoggia linee di un’originalità imbarazzante. Imbarazzante per chi? Ma per i costruttori, nipponici e nostrani, di supersportive, magari belle, certo ultraperformanti, ma quante volte così particolari?




Esteticamente la Firebolt è innegabilmente “polposa” e intrigante, sebbene sembri piuttosto corta e alta: impressione che peraltro si rivela errata quando ci si mette in sella.
La posizione di guida infatti è confortevole e molto avvolgente, coi poggiapiedi abbastanza in basso e la sella adatta ad accogliere non solo gli spilungoni (è alta 77 centimetri): più che sentirsi “sulla moto”, ci si sente parte di essa.




Vista dall’alto, la Firebolt non è stretta come ci si potrebbe aspettare (è un pelo più robusta della Yamaha R6), tuttavia è sufficientemente snella e cattiva quanto basta.
Ma ciò che più caratterizza la nuova Buell è il fatto di avere un piglio sportivo deciso, ma che davvero riesce a non somigliare a nessun’altro: la si potrebbe accostare alla Yamaha Fazer 1000 (della quale, per dover di cronaca, ha molti cavalli in meno), ma rispetto a questa, la Firebolt è molto più riconoscibile. Quantomeno dal rombo.






Il propulsore della Firebolt è un 984 cc bicilindrico a V longitudinale di 45° raffreddato ad aria e olio, con distribuzione ad aste e bilancieri e due valvole per cilindro, alimentazione ad iniezione elettronica e lubrificazione a carter secco. Le misure di alesaggio e corsa – 88,9x79,4 – sono le stesse del motore monocilindrico Blast, a suo tempo adottato da Buell.
“Oltre a queste due misure, nient’altro accomuna le due unità – precisa Ian Bland, responsabile della Buell Europa – Il motore della Firebolt è stato pensato esclusivamente per questo modello e non ha nulla da spartire con gli altri costruiti dalla Harley Davidson, se non la concezione di base”.




Costruito per la Buell negli stabilimenti HD, utilizzando, per abbassare i costi, gli stessi impianti che producono attualmente gli Sportster, il bicilindrico della Firebolt è stato preferito a una versione speciale e più costosa del nuovo bialbero a 8 valvole V-Rod, sia per garantirsi maggiori quote di mercato, sia per ragioni di inserimento del propulsore nella particolare ciclistica concepita da Buell.
“Sistemare un motore raffreddato a liquido – spiega lo stesso Eric Buell – e trovare spazio per un radiatore avrebbe reso impossibile la realizzazione di una moto studiata per ottenere le stesse caratteristiche di guida di una 250 GP”.




Inoltre, la filosofia del progettista ha privilegiato la guidabilità, anziché la “cavalleria”. “Abbiamo cercato il miglior rapporto peso/coppia – insiste Buell – piuttosto che peso/potenza”.
Il motore infatti pesa solo 74 kg, ossia il 20% in meno del 1200 Sportster precedentemente montato sulle Buell, potendo inoltre girare più in alto. La potenza erogata è di 92 CV a 7200 giri, ma ciò che più conta è appunto il picco di coppia, che raggiunge i 92 Nm già al regime di 5500 giri.
La distribuzione ad aste e bilancieri ha la regolazione idraulica delle punterie e due alberi a camme (nel carter) per ciascun cilindro. Le valvole (45,8 mm quella di aspirazione e 44,8 mm quella di scarico) hanno singole molle racing a passo differenziato esenti da problemi anche ben oltre l’intervento del limitatore, fissato a 7500 giri.






Chiacchiere di palazzo dicono che per la Buell la Firebolt sia l’ultima spiaggia, almeno per quanto riguarda il management Harley Davidson, ma se il suo futuro dipende davvero dal successo di questa moto, bisogna dire che la mossa di Buell è stata certamente azzeccata e che chiunque ami il manifestarsi del pensiero libero e originale in materia di moto non può che augurargli successo pieno.
La ciclistica della Firebolt, più che il motore, è sintomatica della lungimiranza di Eric Buell. Cominciamo dal forcellone oscillante, costruito in alluminio dalla Brembo, che incorpora, nella parte anteriore (per minimizzare l’aumento di peso delle masse non sospese) il serbatoio dell’olio da tre litri. La soluzione offre vantaggi in termini di compattezza, ma anche di raffreddamento del lubrificante.




Un altro esempio dell’originalità di questa Buell è la prima trasmissione finale motociclistica esente da sbattimento e priva di qualsiasi sistema di registro della tensione, grazie all’adozione di una cinghia dentata Gates che richiede un pretensionamento di 160 kg. Per mantenere questo requisito su tutto l’arco di escursione della sospensione, Buell ha studiato lungamente e applicato un particolare tenditore di sua esclusiva concezione
Il telaio a doppio trave in alluminio, la cui parte anteriore e sinistra sono costruite in Italia da Verlicchi, incorpora il serbatoio del carburante da 14 litri, con tappo dietro alla testa di sterzo. “Se avessimo mantenuto il serbatoio in posizione tradizionale – spiega il capo-progetto, Vance Strader – non saremmo riusciti a sistemare entro un interasse di 1320 mm anche un air-box da 11 litri e lasciar posto al pilota”.




La forcella è una Showa upside-down completamente regolabile con steli di 43 mm; posteriormente è stato scelto un monoammortizzatore Showa azionato direttamente per compressione (non per trazione come sulle altre Buell) senza quindi leveraggi e bilancieri.
Originale infine anche l’impianto frenante anteriore, che si compone di un solo disco Nissin di larghissimo diametro (375 mm) fissato al bordo interno destro del cerchio e servito da una pinza a sei pistoncini. I vantaggi di questa soluzione tecnica sono diversi: minor peso delle masse non sospese, più maneggevolezza per il diminuito effetto giroscopico, frenata più efficace in quanto agente direttamente sul cerchio e non sulle razze della ruota, infine maggior leggerezza delle ruote proprio per la minor sollecitazione delle razze.
Anche la Dunlop ha offerto il suo contributo alla Buell, realizzando per la Firebolt speciali pneumatici D207 che pesano 2 kg in meno, la coppia, rispetto ai normali.






Appena la si avvia, della Firebolt colpisce il rombo. Amanti delle good vibrations a parte, il classico rumore (pardon, suono) Harley stona un po’ se proviene dagli scarichi di una sportiva che pare uscita dai paddock del MotoGP. A limitare le vibrazioni sono comunque i supporti elastici Uniplanar, che si fanno apprezzare soprattutto agli alti regimi. Il propulsore della Firebolt, pur non disponendo di una quantità mostruosa di cavalli, è estremamente flessibile nell’erogazione: la potenza disponibile è già molta a partire dai 4.000 giri e l’accelerazione si fa brutale dai 5.000.




Inoltre c’è coppia a volontà, e scalare di marcia nei tornanti diventa un optional: in uscita basta aprire il gas e la birra non si fa attendere. Meno male, perché, sebbene la trasmissione sia stata migliorata rispetto alle altre Buell, l’azione del cambio resta lenta, e gli standard raggiunti delle supersportive italiane e giapponesi sono ancora lontani. Eccezionale è la maneggevolezza della Firebolt, che deriva da una ciclistica di altissimo livello, e della quale soprattutto non fa le spese la stabilità, che rimane ottima in tutte le situazioni: incredibile per una moto così agile.




Quando si va in piega, la Buell scende più di quanto ci si aspetterebbe, però le pedane non toccano terra prima che l’inclinazione sia davvero estrema. Per essere una naked, le prestazioni sono elevatissime: il bicilindrico made in USA spinge fino a220 chilometri l’ora, quando, ormai a 7500 giri (ma le supersportive cui siamo avvezzi si spingono fino a regimi praticamente doppi), entra in funzione il limitatore. La Firebolt non va solo forte, ma si lascia anche frenare: l’unico a rischiare di entrare in crisi è il disco anteriore, ma per metterlo in soggezione sono necessarie staccate davvero al limite.






Motore: a 4 tempi, bicilindrico a “V” longitudinale di 45°, raffreddamento ad aria e olio, alesaggio e corsa 88,9 x 79,4 mm, cilindrata 984 cc, rapporto di compressione 10:1; distribuzione ad aste e bilancieri con punterie idrauliche e due valvole per cilindro; lubrificazione a carter secco. Alimentazione ad iniezione elettronica integrata all’accensione; capacità serbatoio 14 litri. Avviamento elettrico.
Trasmissione: primaria a catena triplex, finale a cinghia dentata in kevlar pretensionata. Frizione a dischi multipli in bagno d’olio. Cambio a cinque marce.




Ciclistica: telaio a doppio trave in alluminio incorporante il serbatoio del carburante; inclinazione perno di sterzo 21°; avancorsa 84 mm. Sospensione anteriore: forcella teleidraulica Showa upside-down completamente regolabile con steli da 43 mm, escursione 120 mm; sospensione posteriore: forcellone oscillante a due bracci con monoammortizzatore regolabile nel precarico, escursione 127 mm. Ruote: anteriore e posteriore in alluminio pressofuso, pneumatico anteriore 120/70 ZR17”, posteriore 180/55 ZR17”. Freni: anteriore a disco singolo perimetrale di 375 mm con pinza a sei pistoncini; posteriore a disco da 230 mm con pinza a singolo pistoncino.
Dimensioni e peso: interasse 1320 mm, lunghezza 1924 mm; larghezza 768 mm; altezza 1092 mm; altezza sella 775 mm; luce a terra 127 mm. Peso a secco: 175 kg.
Prestazioni: potenza 92 CV (69 kW) a 7200 giri, coppia 92 Nm a 5500 giri.
Buell XB9R Firebolt
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