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Moto & Scooter
Suzuki GSX-R 600 Alstare
il 06/02/2002 in Moto & Scooter
Una Superbike in formato ridotto. Questa la definizione che Cathcart dà della Suzuki GSX-R 600 2001 del Team Alstare. 131 CV e l’iniezione elettronica per una Supersport che nel 2002 sarà ancora protagonista
di Alan Cathcart, foto Kel Edge
Francis Batta, titolare del Team Alstare Corona Suzuki nel campionato mondiale Supersport, aveva tute le ragioni per essere convinto che nel 2001 sarebbe arrivato un altro titolo per la GSX-R 600, totalmente rinnovata, potenziata e dotata di iniezione elettronica.
La previsione non si è avverata a causa degli altalenanti risultati dei sue piloti: Karl Muggeridge e Katsuaki Fujiwara, ma anche e forse soprattutto perché la nuova Suzuki 600 ha dimostrato di possedere sì un notevolissimo potenziale, ma anche di essere estremamente sensibile alle variazioni di messa a punto: quando, nel corso della stagione passata, è stata perfettamente a posto, si è dimostrata una moto assolutamente competitiva; quando, al contrario, la ciclistica o il motore non avevano il corretto set-up, i piloti erano costretti ad arrancare.
Fortunatamente, quando io ebbi la possibilità di provare in prima persona quella che si presentava come la 600 più strettamente parente di una 750 SBK, la GSX-R 600 era in splendide condizioni di forma.
Ho avuto modo di guidare sia la moto di Muggeridge, sia quella di Fujiwara, e la cosa che mi ha subito impressionato è stata la perfetta rapportatura di entrambe per il circuito di Zolder, che, guarda caso, si trova ad appena una trentina di chilometri dalla base del Team Alstare, a Liegi.
Questa ed altre sono le conseguenze della possibilità del Team di gestire sia la 600, sia la 750 ufficiale, con un travaso continuo di esperienze che ha fatto sì che la Supersport possa definirsi, a ragione, una Superbike in formato ridotto, mentre la SBK è una Supersport cresciuta.
La GSX-R 600 ha sofferto nel 2001 l’handicap che solitamente affligge tutti i progetti radicalmente nuovi, ma adesso è pronta a vincere, e nel 2002 sarà senz’altro protagonista della corsa al titolo iridato, specialmente se il ruolo di prima guida tornerà a Stephane Chambon.
Strutturalmente il quattro cilindri in linea trasversale della Suzuki GSX-R 600 versione 2001 è identico al precedente: le caratteristiche fondamentali sono rimaste invariate, eccezion fatta per l’alimentazione, che ora è ad iniezione elettronica anziché a carburatori.
Il sistema di iniezione/accensione, gestito da una centralina Nippondenso, si compone di quattro corpi farfallati di 36,5 mm di diametro con singolo iniettore per cilindro, posto ad di sotto della valvola inferiore della coppia di valvole SDTV (Suzuki Dual Throttle Valve).
La valvola principale è collegata alla manopola dell’acceleratore, e la sua apertura dipende quindi dal comando del pilota, mentre la valvola secondaria è controllata dalla centralina, che l’apre in progressione così da mantenere ottimale il flusso d’aria e la sua velocità nel condotto di aspirazione.
Oltre all’iniezione elettronica, molte altre sono le diversità fra questo motore e la precedente versione, a cominciare dalle misure di alesaggio e corsa, passate da 66,4x44,5 mm a 67x42,5 mm. L’aumento dell’alesaggio ha consentito di montare valvole di aspirazione più larghe (27,2 mm, pari a 0,8 mm in più rispetto al diametro precedente) e di ridurre di 2° l’angolo incluso fra le valvole di aspirazione e di scarico.
Il rapporto di compressione è stato portato dalla Alstare a 14:1, con iniziali problemi di surriscaldamento del motore, risolti modificando i parametri di iniezione/accensione attraverso un’idonea rimappatura della centralina.
Il cambio è di stretta derivazione SBK e ciò ha consentito non solo di guadagnare 1 CV grazie alla riduzione degli attriti, ma anche di disporre di una completa scelta di rapporti interni: sei per la prima e la seconda marcia, cinque per la terza e quattro per la quarta, la quinta e la sesta. A ciò si aggiunga il vantaggio di poter cambiare i rapporti interni senza aprire il motore, ma semplicemente smontandolo dal telaio. La frizione sfrutta i dischi originali, con molle della SBK.
Il telaio è d’alluminio, di nuovo disegno, alleggerito di 2 kg rispetto alla versione precedente, e dotato di un forcellone più lungo di 20 mm. L’interasse è passato da 1385 a 1400 mm
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Se il nuovo motore della GSX-R 600 ha impiegato più tempo del previsto per raggiungere il massimo livello di competitività, la colpa non è certamente del Team Alstare e di Bruno Bailly, ingegnere responsabile della Supersport. Bruno e i suoi uomini hanno undici motori da preparare a rotazione, due dei quali riservati ai test dei nuovi materiali da sperimentare durante l’anno.
“L’anno scorso abbiamo cominciato a lavorare su due motori speditici dal Giappone, assieme ad alcuni kit preparati da Yoshimura per la Suzuki – spiega Bailly – Così kittati, quei motori producevano 124 CV all’uscita del cambio (contro i 115 CV all’albero motore di un modello strettamente di serie – n.d.r.) e noi lo considerammo il nostro punto di riferimento iniziale, anche perché ci accorgemmo subito che il nuovo motore non aveva praticamente una sola parte in comune col vecchio su cui avevamo lavorato in precedenza”.
“Smontammo i componenti Yoshimura – continua Bailly – e ne montammo dei nostri, in particolare sperimentammo degli alberi a camme Alstare disegnati con un nostro specifico software. Adesso disponiamo di cinque diversi alberi a camme sia per l’aspirazione, sia per lo scarico, con differenti profili e con vari diagrammi di distribuzione, da usare a seconda delle caratteristiche dei circuiti. Montammo inoltre una nuova testa da noi realizzata, con condotti modificati e con valvole di aspirazione maggiorate.
Tutto ciò, abbinato ai nuovi scarichi in acciaio e titanio, realizzati in collaborazione con la Arrows, ha prodotto un innalzamento della potenza a 131 CV all’uscita del cambio, al regime di 13.800 giri, ma sono certo che riusciremo anche andare oltre, migliorando tra l’altro l’arco di erogazione della potenza, non appena avremo ricevuto un nuovo impianto di accensione dalla Suzuki”.
“Yoshimura aveva tarato il limitatore a 13.900 giri, un limite davvero troppo basso che noi abbiamo portato per il momento a 14.300 giri, con l’obiettivo di raggiungere almeno i 14.800 giri. Abbiamo provato il motore al banco per 20 minuti al regime di 15.100 giri e non si è rotto nulla!”.
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Il circuito di Zolder presenta tre chicane capaci di mettere a dura prova le caratteristiche di erogazione delle moto da corsa. Provando su questa stessa pista la Suzuki GSX-R 600 nella sua versione Supersport a carburatori, la moto mi aveva fatto un’eccellente impressione riuscendo a riprendere senza traumi fin da 4000 giri, anche se la “botta” di potenza non arrivava prima dei 10.000 giri.
Con l’iniezione elettronica la situazione non è affatto peggiorata: il motore riprende con forza in uscita dalle chicane riaprendo da gas completamente chiuso, testimoniando la splendida efficienza della mappatura adottata dalla Alstare e del sistema SDTV a doppie valvole dell’iniezione.
Ammetto che non ero preparato a una tale risposta del motore, che mi sembra rappresenti il più perfetto connubio fra i pregi dell’alimentazione a carburatori e quella ad iniezione.
In accelerazione, quando a 12.200 giri la curva di coppia raggiunge il suo picco, la ruota anteriore si solleva bruscamente e l’alleggerimento dell’avantreno si riflette in modo preoccupante sul manubrio; il ritorno a terra provoca inoltre un forte ondeggiamento che fa insorgere un punto interrogativo sulla stabilità della moto. Questo comportamento è tipico della 600 di Muggeridge, mentre è assai meno rilevante su quella di Fujiwara; ciò dipende probabilmente dalle differenti scelte di posizione di guida e di settaggio delle sospensioni, determinate anche dalla diversa stazza dei due piloti.
Il risultato è che la moto di Fujiwara scende in piega più rapidamente, percorre le traiettorie con maggior facilità ed è meno portata all’impennata, guadagnando anche stabilità in fase di brusca accelerazione. Il prezzo da pagare è una più difficile trattabilità della moto in staccata dura, con la ruota posteriore che si solleva regolarmente da terra, mentre quella anteriore è in crisi per la sospensione a “pacco”.
In frenata si nota infine la differente scelta di Fujiwara, che ha preferito i dischi di 320 mm a petali di margherita, anziché i Tokiko standard montati sulla moto di Muggeridge.
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