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Yamaha Maxster 150

il 28/01/2002 in Moto & Scooter

Il più cattivo dei midi Yamaha, provato nella versione da 150 cc, fa della ciclistica raffinata e del look da “guerriero della notte” le proprie armi vincenti

Yamaha Maxster 150


di Fabio Cormio
, foto Alberto Cervetti




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Funzionalità e comfort: La protezione aerodinamica è minima, e i vani scarseggiano. In compenso la strumentazione è ben leggibile e completa.
La tecnica: Il motore è quello tranquillo del Teo’s, ma la ciclistica è notevole.
Il telaio in acciaio ha un rinforzo in alluminio e i freni sono da primo della classe.
Su strada: Perfetto per serpeggiare nel traffico e concedersi qualche sana piega. L’allungo però è un po’ scarso. Eccellente la frenata.

È una via di mezzo tra il piccolo Aerox ed il mastodontico T-Max: rispetto al primo ha più motore e fa valere la possibilità di imboccare l’autostrada, di fronte al secondo china la testa in quanto a contenuti tecnici, ma può essere apprezzato perché costa la metà. La verità è che il Maxster si rivolge ad una fascia di pubblico autonoma: non il quattordicenne con lo zainetto e nemmeno il “commenda” con la ventiquattrore, bensì un target essenzialmente giovane e grintoso, con voglia di divertirsi e possibilmente di farsi notare mentre sgattaiola nel traffico.





Il midi di Iwata fa valere un design aggiornato (i veli sono stati tolti durante Intermot 2000), che strizza l’occhio alla moda delle “cafè racer”, che mostrano generosamente ampie parti del telaio: così il Maxster, cui la livrea nera (molto azzeccato lo scudo opaco) calza a pennello, stuzzica i pruriti sportivi con gli inserti in alluminio ai lati del tunnel, con le pedaline per il passeggero satinate, nonché con gli aggressivi cerchi in tinta da 13”.




Molto evocativi, inoltre, due particolari che richiamano alla mente le supersportive di casa (R6 e R1): il gruppo ottico anteriore sdoppiato e quello posteriore appuntito, ora caratteristico anche della maschia sport tourer Fazer 1000. D’altra parte queste finezze, e soprattutto una ciclistica superiore agli standard della concorrenza, fanno un po’ lievitare il prezzo, che è di 3.820 Euro ( 7.396.551 Lire).

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Il Maxster è sportivo, e questo impone qualche rinuncia: la cosa va considerata al momento dell’acquisto. L’abitabilità infatti non è il pregio maggiore di questo scooter: il tunnel centrale è ingombrante, c’è giusto lo spazio per i piedi, che vanno quasi a incastrarsi nella parte inferiore del retroscudo.
La sella, oltre ad essere molto alta (più di 82 centimetri, il che in pratica esclude un’utenza femminile), è anche imbottita in maniera insufficiente. Inoltre, come sulle moto da strada, il passeggero (cui è riservata una porzione di sella inadeguata) è costretto molto in alto.




Il vano sottosella ha però una buona capienza: può ospitare un casco integrale e qualche altro piccolo oggetto. Per fortuna, perché il midi Yamaha non dispone di altri scomparti utili come portaoggetti. Sulla protezione aerodinamica c’è poco da dire, perché è inesistente, almeno per quanto concerne il busto e le spalle: non c’è parabrezza, e nemmeno un piccolo capolino. Completa invece la strumentazione, nel classico stile Yamaha (uguale su Teo’s e Majesty) a tre cerchi che s’intersecano: c’è tutto quello che serve, e un piccolo sfizioso display digitale funge da contachilometri totale e parziale. Avremmo gradito il fondo bianco per la parte analogica, ma non siamo stati esauditi.




Non fa sentire la propria mancanza il cavalletto laterale, visto che il Maxster si solleva su quello centrale con uno sforzo minimo, sebbene la massa sia notevole: sulla bilancia lo scooter giapponese fa segnare 124 chili, ben 11 in più, ad esempio, del fratello Teo’s con la stessa motorizzazione.

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Il Maxster, insieme al gemello MBK Thunder, è stato lanciato sul mercato avvolto da un’aura entusiastica d’innovazione tecnologica. Rispetto agli altri midi, lo sportivo Yamaha dovrebbe offrire qualcosa di più. Sì, ma cosa? Certamente non il motore, che è il “solito” monocilindrico raffreddato a liquido da 152 centimetri cubi, già apprezzato su Majesty e Teo’s per la progressività e la morbidezza, e alimentato a carburatore (TK 5KD).




A destare interesse è la ciclistica: il telaio non è tutto in alluminio, come alcuni hanno erroneamente affermato. Consiste invece in una struttura tubolare d’acciaio, con un rinforzo in lega d’alluminio, soluzione inedita su uno scooter di questa categoria, che garantisce un’ottima rigidità, mentre non è eccezionale la leggerezza.
Di buon livello, ma tutt’altro che inusuali, sono le sospensioni: l’anteriore è una forcella teleidraulica, quella posteriore un forcellone oscillante con doppio ammortizzatore idraulico, regolabile su tre posizioni.




L’impianto frenante ha effettivamente caratteristiche superiori alla media: il disco anteriore, con pinza Brembo a doppio pistoncino, ha un diametro di ben 245 mm. Al posteriore, invece del solito tamburo, c’è un disco da 220 mm. I cerchi, da 13” (come su ogni scooter sportivo che si rispetti) calzano pneumatici di larga sezione: 130/60 all’anteriore e 140/60 al posteriore.

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Malgrado la sella ed il baricentro alti, il Maxster annovera tra le sue doti primarie un’eccellente stabilità; merito dell’ottimo telaio e delle ruote larghe.
Il midi di Iwata dà confidenza anche agli inesperti, e si rivela subito molto più pacioso di quanto ci si potrebbe aspettare. Il monocilindrico Minarelli-Yamaha non è potentissimo, ed esaurisce gran parte della propria grinta nello scatto 0-60, continuando a spingere discretamente fino agli ottanta all’ora, soglia oltre la quale comincia ad arrancare. A 110 indicati il piccolo cuore del Maxster proprio non ne ha più.




Meglio allora consolarsi con i pregi reali che fanno di questo scooter un mezzo competitivo. Se non fosse per il baricentro un po’ alto, il medium size nipponico sarebbe un vero e proprio attrezzo da piega: l’entrata in curva è infatti rapida e sicura, e a patto di non commettere clamorosi errori, il Maxster resta incollato all’asfalto, tornando in posizione verticale con l’agilità di una bicicletta, a dispetto dei 124 chili di peso. Peccato che in uscita di curva si senta la mancanza di un briciolo di coppia.




Date le sue caratteristiche, lo scooter Yamaha è essenzialmente un “cittadino”, e allora ben vengano le sospensioni abbastanza morbide, che fanno il proprio dovere a regola d’arte, ed evitano problemi in caso di pavé o buche, e le gomme larghe, per cui non si rischia di scivolare su eventuali binari del tram.
Ma in tema di sicurezza sono gli ottimi freni a disco a farla da padrona: gli spazi d’arresto sono brevi, anche quando si viaggia in due. La frenata tuttavia non è affatto brusca, ma progressiva e rassicurante.

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Motore: 4 tempi, monocilindrico orizzontale, raffreddamento a liquido, alesaggio e corsa 59,5x54,8 mm, cilindrata 152 cc, rapporto di compressione 11:1, lubrificazione a carter in bagno d’olio, alimentazione a carburatore TK 5KD, capacità serbatoio 7,5 litri. Accensione elettronica, avviamento elettrico.
Trasmissione: a cinghia con variatore automatico.
Ciclistica: telaio tubolare in acciaio con trave in alluminio, sospensione anteriore forcella teleidraulica escursione 103 mm, sospensione posteriore doppio ammortizzatore idraulico escursione 95 mm, ruote: anteriore MT 3,00x13, posteriore 3,50x13, pneumatici: anteriore 130/60-13, posteriore 140/60-13, freno anteriore disco 245 mm con pinza Brembo a doppio pistoncino, posteriore disco 220 mm.
Dimensioni e peso: lunghezza 1917 mm, larghezza 730 mm, interasse 1400 mm, altezza sella 824 mm, peso a secco 124 kg.
Prestazioni: potenza massima 9,6 Kw a 8250 giri/minuto, coppia massima 11,8 Nm a 6000 giri/minuto. Velocità massima: nd.
Omologazione Euro1: sì.

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