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La prima racer a iniezione

il 14/01/2002 in Moto & Scooter

Da una tranquilla BMW K100, nel 1984 fu creata una Superbike che vinse il campionato spagnolo. Oggi, uscita da un museo, è tornata in pista con Alan Cathcart

La prima racer a iniezione


di Alan Cathcart, foto Kyoichi Nakamura




È difficile immaginarsi una moto meno portata a trasformarsi in Superbike, di una BMW K100, ed è altrettanto difficile pensare che a cadere nella tentazione di realizzarla sia stato un mago dei telai da corsa, come lo spagnolo Antonio Cobas. Eppure tutto questo è accaduto quasi vent’anni fa, nel 1984, quando il più grosso concessionario iberico della Casa tedesca, Jacinto “JJ” Moriana, decise di costruire una moto da endurance sfruttando il nuovo motore a quattro cilindri in linea longitudinale della K100, e si rivolse per questo a Cobas.





L’obiettivo era di vincere la 24 Ore del Montjuich, la corsa allora più popolare in Spagna, un’occasione promozionale ghiottissima, visto che sulla famosa collina del parco posto nel centro di Barcellona si davano sempre appuntamento, per seguire la corsa, non meno di 100.000 appassionati di moto.
Moriana riuscì ad ottenere dalla BMW-Spagna due motori K100 e li affidò a Cobas perché costruisse attorno al quattro cilindri, pesante 100 kg col forcellone e la trasmissione finale ad albero, un telaio speciale, di quelli che lui sapeva inventare.




All’elaborazione del motore pensò un altro mago spagnolo: Eduardo Giro, il tecnico che nel ’69 aveva realizzato la Ossa 250 monocilindrica a due tempi con telaio monoscocca in alluminio di Santiago Herrero. Giro però fu ostacolato dalla BMW, che rifiutò di rilasciargli i codici di accesso alla gestione del sistema di iniezione elettronica, creandogli in questo modo un handicap insuperabile.

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Tre mesi dopo l’avvio del progetto, le due JJ Cobas BMW erano già pronte per il debutto in pista. Pilota designato fu Carlos Cardus, campione europeo della 250, che cominciò con un brillante risultato: un terzo posto in una gara a Jarama valida per il campionato spagnolo Superbike.
Tre settimane più tardi arrivò la prova decisiva: la 24 Ore del Montjuich. Ambedue le moto furono iscritte alla corsa: una con Carlos Cardus, Sito Pons e Quique De Juan, l’altra con lo stesso Moriana e due suoi amici. La moto dei “professionisti” fu martoriata da continui problemi all’iniezione e, una volta montata l’ultima centralina di scorta al box, fu costretta al ritiro. Quella dei “dilettanti” non ebbe gli stessi problemi, ma non riuscì mai ad occupare una posizione dignitosa e alla fine si ritirò per una caduta.




Passati quindici giorni dalla sonora sconfitta, mentre cercavano di digerire in qualche modo la delusione, Moriana e Cobas ricevettero la visita di due ingegneri della BMW Germania, con valigette cariche di congegni elettronici al seguito e l’incarico di risolvere i problemi del motore. In due settimane di duro lavoro il risultato fu raggiunto e la Cobas BMW si trovò a disporre di ben 122 CV a 9400 giri, una potenza che le consentì di dominare il campionato Superbike (corso con le regole TT F1) battendo le Suzuki Yoshimura e le Kawasaki Bimota.




Nel 1985, forte dei successi dell’anno precedente, la JJ Cobas BMW venne iscritta ancora alla 24 Ore del Montjuich. Guidata da Cardus, Pons e Reyes, partì malissimo, trovandosi ultima alla fine del primo giro a causa di nuovi problemi all’elettronica. Questi furono risolti abbastanza rapidamente, ma la moto non riuscì a recuperare tanto da riportarsi sui primi: alla fine della sesta ora era al settimo posto, ma poi Pons cadde e si perse mezz’ora per le riparazioni. Cardus si impegnò duramente per rimontare, ma riuscì solo a cadere a sua volta, decretando il ritiro definitivo.

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Relativamente piccola e compatta, per una moto da corsa di un litro di cilindrata, la Cobas BMW ha un telaio in tubi d’acciaio al cromomolibdeno che pesa solo 6 kg e che avvolge il quattro cilindri bialbero costringendolo all’interno di una struttura della quale è parte integrante. Cobas mantenne l’astuccio di serie dell’albero della trasmissione finale nel monobraccio della sospensione, ritenendo che il forcellone monobraccio fosse vantaggioso per più rapidi cambi di pneumatici durante una gara di endurance, e in ciò anticipando la soluzione poi adottata dalla Honda per la RC30. Progettò un’articolazione per il comando progressivo del monoammortizzatore De Carbon e montò anteriormente una forcella Kayaba con steli di 40 mm e un sistema anti-dive idraulico prelevato da una Suzuki RG 500 GP.





Per le ruote diede la preferenza a delle Marvic di 16” e per i freni a un doppio disco Brembo di 300 mm, conservando sulla ruota posteriore quello di serie. La distribuzione dei pesi, 53/47% è sbilanciata in avanti: normale per le moto sportive odierne, ma non allora, e questo dimostra che Cobas è stato pioniere anche in questa esperienza.
La moto completa, pronta per correre nella categoria Superbike, pesava 179 kg.
Il motore a quattro cilindri in linea, bialbero raffreddato a liquido, subì un’elaborazione abbastanza modesta. Inizialmente, utilizzando alberi a camme speciali costruiti in Italia, la potenza passò dai 90 CV d’origine a 108 CV.




Successivamente, adottato un rapporto di compressione 11:1 e modificate le centraline del sistema d’iniezione, si ottennero 122 CV a 9400 giri.
Giro lavorò abbondantemente le teste, ma senza sostituire le molle e le valvole originali (due per cilindro), inoltre resistette alla tentazione di sostituire l’iniezione coi carburatori, una lungimiranza non da poco, considerando che a quel tempo nessuna moto da corsa aveva l’iniezione elettronica che oggi invece è universalmente adottata sui motori a quattro tempi più evoluti.

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Con la 24 Ore del 1985 si chiuse l’esperienza di Cobas con la BMW K100. Impegnato nel mondiale GP 125 e 250, il tecnico spagnolo trascurò l’evoluzione della moto tedesca, che finì, dopo la prematura morte di Moriana, fra i cimeli della collezione privata Folch, la più prestigiosa in Spagna.
Joaquin Folch mi ha contattato nel 2001 offrendomi l’opportunità di portare in pista la JJ Cobas BMW a Goodwood in occasione del “Festival della Velocità”, quindi di provarla più intensamente a Mallory Park. Ho accettato con grande entusiasmo, soprattutto perché già nel 1984, dopo la vittoria nel campionato spagnolo Superbike, avevo potuto provare questa moto sul circuito spagnolo di Calafat.




Maneggevole e relativamente agile per una moto con un motore così inadatto alla pista, la Cobas BMW si inserisce velocemente nei tornanti e nelle curve strette di Mallory Park, e altrettanto agevolmente ne esce. Il comportamento è buono anche nelle curve più veloci, dove si avverte la risposta progressiva del monoammortizzatore De Carbon che soffre le malformazioni dell’asfalto. Le gomme di 16” forniscono un grip che permette di raggiungere pieghe considerevoli senza problemi e di mantenere elevata la velocità di percorrenza della curva.
Meno soddisfacente è il comportamento in staccata: i due dischi Brembo fanno perfettamente il loro dovere, ma le reazioni della moto richiedono un controllo attentissimo e faticoso da parte del pilota. Non c’è dubbio che colpevoli di questo comportamento – tipico delle moto anni ’80 – siano la ruota anteriore di 16” e l’antidive, probabilmente tarato troppo duro.




Il motore, se certamente è inadatto come design a una moto da competizione, sulla JJ Cobas BMW mostra comunque aspetti decisamente positivi, anzi addirittura sorprendenti. Ricordo che quando la provai per la prima volta a Calafat nel 1984 rimasi letteralmente stupito per la dolcezza e continuità di erogazione, per la facilità e la consistenza con cui riprendeva fin da 4000 giri e per l’eccellente risposta nell’apri-chiudi dell’acceleratore. Da quel momento maturai un’incrollabile fede nell’alimentazione ad iniezione.
Un altro pregio della JJ Cobas BMW è la relativa elasticità della trasmissione finale. Su una BMW o una Guzzi, cambiare senza frizione è una cattivissima idea, come lo è chiudere di colpo il gas nel mezzo di una curva. Le reazioni di coppia inversa sono dure e difficilmente controllabili. Sulla Cobas BMW si può invece cambiare senza frizione e senza reazioni violente, salvo una serie di colpi sulla trasmissione, in scalata rapida, che sconsigliano comunque il pilota di approfittare di questa virtù.

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