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Suzuki GSF 1200 Bandit

il 23/12/2001 in Moto & Scooter

In Europa ha riscosso grande successo e, con i piccoli ritocchi apportati nel modello 2001, la sua versatilità risulta esaltata: ha un’ottima tenuta di strada, frena bene e il motore, per prontezza e forza è un vero “toro”.

Suzuki GSF 1200 Bandit


di Eliano Riva, foto ER e Alex Photo




Nata per il mercato giapponese, con un primo “pepato” modello 400 cc, importato in Italia nel 1991, la “famiglia” Suzuki GSF Bandit, è senza dubbio quella che, nel corso degli anni, ha maggiormente contribuito a far nascere in Europa la passione per le moto nude. Evoluta nel 95, nella più europea cilindrata 600 cc e successivamente realizzata anche nella versione “maxi”, infatti, la serie Bandit è diventata una delle preferite nel nostro continente.





La ricetta utilizzata dai progettisti di Hamamatsu per raggiungere il successo e che accomuna tutte le componenti della “famiglia”, non è nuova ma è molto ben organizzata: un motore d’origine iper sportiva, una “spina dorsale” moderna e semplice, un accattivante e disimpegnato design motociclistico sportivo classico.
La missione imposta ai progettisti dai vertici Suzuki, delresto, era quella d’offrire a molti motociclisti praticanti o potenziali, una moto libera da vincoli d’immagine, di gran comunicativa e facilità d’interpretazione nella guida, divertente e versatile da utilizzare tutti giorni, brillante nelle prestazioni e con un carattere sempre generoso d’emozioni nei più diversi tipi d’utilizzo.




Un obiettivo, centrato al 100% dai responsabili del progetto e ben testimoniato dal modello 1200 in prova che, ad un abbordabile prezzo di € 8639,29 (l. 16.728.000) con due anni di garanzia, grazie ad uno dei più prestanti e affidabili propulsori supersportivi prodotti lo scorso decennio (quello della mitica GSX-R 1100), senza richiedere il “polso” e la maestria di guida di un pilota professionista, offre la gustosa verve prestazionale che soltanto una maximoto sa dare; nel quotidiano utilizzo casa ufficio, come nelle tranquille gite fuoriporta a solo o in coppia, nel turismo ad andatura compassata, come nella guida veloce su una strada tutta curve.

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In un mondo motociclistico che, nell’ultimo decennio, è vissuto sulla super specializzazione dei prodotti e l’ebbrezza generata dalla smisurata crescita delle prestazioni, molti, ora sentono il bisogno di ritornare un po’ con i “piedi per terra” apprezzando sempre di più i veicoli “semplici”, eclettici nella personalità e nell’utilizzo e che, soprattutto, non impongono comportamenti preconfezionati o da “marziani” delle due ruote.
E la GSF 1200 Bandit, interpreta a meraviglia quest’emergente desiderio di molti motociclisti.




Il profilo della Bandit, è concettualmente ispirato alla moto com’era alle origini; nuda e cruda, ma, le analogie con il passato, terminano qui. Il design della naked Suzuki, è moderno ma non futuristico, le dimensioni sono compatte e il compito di dare importanza alla personalità della moto, è lasciato alle “larghe spalle” del propulsore che, incorniciato come un quadro d’autore dal telaio in grossi tubi tondi d'acciaio, riacquista il virile ruolo di protagonista che, le carenature, negli anni gli hanno tolto. In sintesi, la 1200 Bandit, ha un aspetto sportivo “muscoloso”, ma, non da “mostro spaccaossa” e, abbellita da una livrea monocromatica metallizzata in tre tinte classiche, piace a prima vista.




La qualità della confezione, poi, è più che buona ed è un fatto immediatamente percepibile. Le vernici, sono brillanti e quelle che interessano le parti tecniche più esposte, come il telaio e il motore, per qualità e spessore, promettono elevata resistenza al trascorrere del tempo. L’ampio uso di componenti in lega leggera, cromate e in acciaio inox lucidato, infine, testimoniano come i progettisti non sono andati troppo al risparmio, lasciando, con la realizzazione in lamiera d'alluminio anche del carter catena di trasmissione, un ruolo assolutamente marginale alla plastica.


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Semplicità, non è sinonimo di povertà e la “big” Bandit, anche sotto il profilo tecnico lo dimostra chiaramente. Tolte le sovrastrutture, emerge come i tecnici Suzuki, nella realizzazione della moto, hanno puntato molto sull’estrema concretezza progettuale di ogni singolo “pezzo” e sul massimo ordine nella posizione d’ogni elemento. Il telaio a doppia culla chiusa in tubi tondi d’acciaio di grosso diametro, nel disegno con travi superiori perimetrali e con “puntoni” e fazzoletti di rinforzo nella zona dello sterzo, ricorda quello utilizzato per la super sportiva serie GSX-R 1.100 e che assicura una rigidità e resistenza alla torsione eccellenti.
La connotazione 100% stradale, invece, è testimoniata dalle misure fondamentali che, con 25°2’ d’inclinazione cannotto, con 104 mm d’avancorsa e con un relativamente contenuto interasse di 1430 mm, promettono un equilibrato compromesso tra maneggevolezza e precisione di guida.




Il reparto sospensioni, è da pregevole maximoto “standard”. La forcella, con steli da 43 mm e 130 mm d’escursione, per garantire una buona efficacia di comportamento nelle più diverse situazioni d’utilizzo a cui è destinata la Bandit 1200, è regolabile nel precarico molla, mentre, la sospensione posteriore con forcellone d’alluminio e con articolazione progressiva che spinge un ammortizzatore regolabile su 7 posizioni nel precarico, offre una ben calibrata progressione d’intervento.




Ruote con cerchi lega leggera da 17 “ e con coperture radiali di larga sezione e un impianto frenante da “prima della classe”, con dischi anteriori da 310 mm e pinze a sei pistoncini e un disco posteriore da 240 mm con pinza doppio pistoncino, infine, assicurano gran tenuta di strada e sicurezza d’arresto e chiudono un profilo tecnico/ciclistico assolutamente valido.

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Nato nell’ormai lontano 1986, per equipaggiare la super sportiva serie GSX-R 1.100 e profondamente rielaborato e aggiornato in quasi tutte le parti nel corso degli anni, il quattro cilindri Suzuki con raffreddamento aria/olio SACS, è ormai definibile come un mito e, con le modifiche apportate dai tecnici di Hamamatsu, perfetto per realizzare una moto “muscolosa ma amichevole” come la Bandit 1200.




Oltre che dal già citato e “premiato” sistema di lubrificazione e raffreddamento con doppia pompa trocoidale e radiatore olio, il motore della Bandit, è caratterizzato dal coperchio della testa in ricercato magnesio, mentre, la distribuzione a doppio albero a camme in testa, ha un inedito diagramma d’apertura e chiusura delle 16 valvole; per “contenere la cavalleria” entro livelli “umani” (98 CV a 8.500 giri dichiarati) ed esaltare all’ennesima potenza la forza e la regolarità d’erogazione della coppia sin dai bassi regimi (9,25 kgm a 4.500 giri). I pistoni in lega d’alluminio, sono ampiamente “sfiancati”, mentre, per ridurre gli ingombri, l’alternatore e il motorino d’avviamento sono posti dietro al blocco cilindri in lega leggera e con canne in ghisa e, tramite ingranaggi, sono collegati all’albero motore monolitico e con ben sei supporti di banco.




La trasmissione primaria, come ogni buon motore sportivo, è ad ingranaggi a denti diritti e la frizione multidisco in bagno d’olio ha il comando idraulico. Il cambio, infine, è a cinque rapporti e il gruppo alimentazione accensione, è composto di una batteria di quattro carburatori Mikuni BSR 36SS dotati di sensore TPS che comunica all’accensione elettronica digitale a mappatura tridimensionale la posizione delle farfalle.

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Il primo approccio, con la Bandit 1200, è subito molto amichevole. Le dimensioni contenute, la sella ampia e poco distante dal suolo, il manubrio non troppo alto e largo e le pedane centrali, regalano a piloti di qualsiasi taglia la possibilità d’appoggiare saldamente entrambe i piedi a terra e una posizione di guida stradale corretta. Il busto del pilota, è leggermente inclinato in avanti, le mani sono appoggiate su un manubrio ben angolato e i piedi sono “puntati” su pedane in linea verticale con il bacino e piuttosto distanti dal piano di seduta; la somma di questi elementi positivi, corrisponde a un comfort e una facilità di gestione della moto davvero eccellenti.




Comandi elettrici al manubrio efficienti, leve regolabili nella distanza dalla manopola e un acceleratore un po lungo nella corsa ma molto scorrevole, retrovisori ampi e stabili nella visuale e pedane con riporto in gomma antiscivolo, poi, fanno il resto e, anche per il neofito, portare a spasso e governare una maximoto come la Bandit 1200 si rivela un “gioco da ragazzi”. Molto buona, com’è giusto pretendere da moto di questo tipo, è anche la posizione riservata al passeggero che, oltre ad una sella ampia, poco rialzata rispetto a quella del pilota e incavata in modo da evitare lo scivolamento in avanti e indietro in frenata e accelerazione, trova pedane ben collocate e un pratico maniglione retrosella d’ancoraggio e, anche nelle “gite lunghe”, può godersi in pieno relax l’ebbrezza della moto.




In tema di praticità d’utilizzo, poi, alla maxi naked Suzuki, non manca niente di ciò che è necessario: sotto la sella con serratura, c’è spazio per una tuta antipioggia leggera e altri piccoli oggetti, sui lati del codino ci sono i piolini per ancorare con corde elastiche un borsa sulla sella passeggero e c’è il doppio cavalletto.

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Il peso della “big” Bandit (214 kg a secco), grazie all’equilibrata distribuzione delle masse, non s’avverte granché nelle manovre da fermo e, la facilità di guida offerta da questa maxi naked, appare subito come uno dei suoi maggiori elementi caratteriali positivi; nell’utilizzo quotidiano, come nella conduzione sportiveggiante che l’intuitività di controllo ispira. Il corpo snello, l’elevata maneggevolezza e le sospensioni non troppo soffici e ben controllate nell’idraulica, in città, fanno della nuda Suzuki un comodo mezzo antiraffico; per recarsi tutti i giorni al lavoro, come per svicolare a “passo svelto” per le vie del centro nel tempo libero.




Fuori dei centri abitati, invece, nonostante il comfort offerto a velocità autostradale permetta d’affrontare con serenità anche gite a lungo raggio, la Bandit 1200 non è adatta per marciare a tutto gas (250 km/h indicati) e trova come terreno ideale le strade statali dove, il “tris d’assi” rappresentato dal comportamento coerente e sincero della ciclistica, dall’efficiente doppio freno a disco anteriore e dal “muscoloso” e tutt’altro che remissivo propulsore, regala gran soddisfazione, nel turismo, come nella ludica guida sportiveggiante. L’avantreno della Suzuki, in curva, segue sempre rigorosamente la traiettoria scelta dal pilota, anche a forte inclinazione o con il passeggero a bordo e, l’intuitività di comportamento della moto, poi, permette di correggere facilmente anche errori di guida grossolani.




Il tutto, con il sostegno di un propulsore che, in ogni occasione e con una generosità d’erogazione della potenza e della coppia entusiasmante, ti “tira” sempre fuori rapidamente dalla curva, permettendo, ai più ambiziosi e capaci nella guida al limite, d’esibirsi, limando sull’asfalto pedane e cavalletto centrale, in appaganti numeri dal “sapore” assolutamente sportivo.

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Motore: a 4 tempi, 4 cilindri in linea frontemarcia, raffreddamento aria/olio SACS (Suzuki Advanced Cooling System), alesaggio e corsa 79x59 mm, cilindrata 1.157 cc, rapporto di compressione 9,5:1, distribuzione bialbero a camme in testa, 4 valvole per cilindro, lubrificazione forzata a carter umido con doppia pompa trocoidale. Alimentazione: 4 carburatori Mikuni BSR 36SS, capacità serbatoio 20 litri compresa la riserva. Accensione: elettronica digitale a a mappatura tridimensionale e con sensore TPS (Throttle Position Sensor), 1 candela per cilindro. Avviamento: elettrico.
Trasmissione: primaria a ingranaggi a denti diritti, frizione multidisco in bagno d’olio, comando meccanico, cambio a 5 marce, finale a catena.
Ciclistica: telaio a doppia culla continua in tubi tondi d’acciaio, inclinazione asse di sterzo 25°2’, avancorsa 104 mm. Sospensione anteriore: forcella teleidraulica regolabile nel precarico molla, steli da 43 mm, escursione 130 mm. Sospensione posteriore: progressiva, con forcellone in alluminio e ammortizzatore idraulico regolabile su 7 posizioni nel precarico molla, escursione ruota 120 mm. Ruote: anteriore tubeless in lega leggera, pneumatico 120/70-17”, posteriore tubeless in lega leggera, pneumatico 180/55-17”. Freni: anteriore a doppio disco flottante da 310 mm, pinze a 6 pistoncini, posteriore a disco da 240 mm, pinza doppio pistoncino singolo.
Dimensioni e peso: interasse 1430 mm, lunghezza 2140 mm, larghezza 765 mm, altezza sella n.d.. Peso a secco 214 kg.
Prestazioni: potenza 98 CV (72 kw) a 8.500 giri., coppia 9,25 kgm (90,7 Nm) a 4.400 giri.
Omologazione Euro-1: si’

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