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Ducati 996R campione del mondo SBK 2001

il 15/11/2001 in Moto & Scooter

È la seconda moto “perfetta” della Ducati. La prima fu la 916 con cui Fogarty vinse il titolo SBK nel ’95, adesso è la Testastretta con cui Bayliss è diventato campione del mondo nel 2001. Il giudizio è di un grande esperto, Alan Cathcart, che le ha prova

Ducati 996R campione del mondo SBK 2001


di Alan Cathcart, foto Fabrizio Porrozzi




Lo sapevo che sarebbe successo ancora, prima o poi... Lo sapevo da quando, nel lontano 1995, avevo avuto occasione di guidare per la prima volta una moto perfetta ed esente da qualsiasi critica, una moto che inquadrava perfettamente il livello evolutivo di una moto da corsa della sua categoria e del suo periodo.

Dieci anni fa, l’ultima moto “perfetta” che avevo potuto provare era stata la Honda 250 del 1992, con cui Cadalora aveva vinto il titolo mondiale, poi, alla fine del 1995 ero salito in sella alla Ducati 916 – 955 cc – con cui Fogarty aveva vinto il secondo dei suoi quattro titoli in Superbike. Fogarty stesso aveva ammesso che si trattava della miglior moto che avesse mai guidato ed io, che possiedo la Ducati 916 con cui Carl vinse il titolo nel 1994, so bene che la versione ’95 è stata decisamente la “più giusta” delle Ducati SBK.




Però adesso la storia si ripete: la Ducati dopo sei anni ha fatto un’altra moto perfetta e io ho potuto provare in pista anche questa. Il nuovo capolavoro si chiama 996R “Testastretta” e al debutto, nella stagione 2001, ha vinto 14 su 25 corse del campionato mondiale SBK: sei ciascuno per Bayliss e Bostrom, più due per Xaus a fine stagione. Questo già di per sé è un record, considerando che si trattava appunto di una moto debuttante, ma a ciò si deve aggiungere che in tutta la stagione si è avuto un sol ritiro per guasto meccanico, e che da metà campionato in avanti i piloti della Ducati hanno vinto dodici corse, con una straordinaria sequenza interrotta solo dalla vittoria di Edwards con la Honda in Germania e di Laconi con l’Aprilia nell’ultima prova mondiale a Imola.




Così, dopo aver messo in mostra una superiorità davvero indiscutibile e dopo aver riportato a Borgo Panigale il titolo mondiale strappato lo scorso anno alla Ducati dalla Honda, la 996R è arrivata nelle mie mani sul circuito di Valencia, dove, durante i test programmati dalla Ducati sulla pista spagnola, ho potuto provare non solo la moto di Bayliss, gommata Michelin, ma anche quella di Bostrom, gommata Dunlop, per un confronto esaltante che ha dato una sentenza inappellabile: la 996R è veramente una campionissima!

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Se l’architettura generale è fondamentalmente la stessa del precedente Desmoquattro, il Testastretta presenta una serie di novità, a partire dall’adozione della “coppa bassa”, utilizzata per ridurre lo spostamento dell’olio all’interno del motore. Il nuovo motore ha diversi valori di alesaggio e corsa (100 x 63,5 invece di 98 x 66 mm), il che ha permesso l’utilizzo di valvole più grandi (42 e 36 mm) e regimi più elevati (con l’aumento della potenza di una decina di CV). La riduzione dell’angolo tra le valvole ha invece definito una camera di combustione più efficiente e un rapporto di compressione più elevato (la Ducati non rivela il dato, ma si parla di un valore superiore a 13:1).





La riduzione dell’angolo tra le valvole ha costretto a ridisegnare il sistema di comando desmodromico, che con il vecchio schema non avrebbe permesso la realizzazione di testate più compatte e leggere.
L’iniezione Marelli utilizza ora un iniettore per cilindro (prima erano 3!), mentre i condotti sono significativamente più rettilinei, e i collettori di scarico hanno ora un diametro di ben 60 mm. Manca il cambio estraibile, ma pare che la curva di erogazione del motore lo renda un handicap di poco conto.




La ciclistica impiega ancora sospensioni Ohlins, ma adesso gli steli della forcella sono di soli 42 mm per avere una migliore sensibilità in curva. L’angolo di sterzo preferito sia da Bostrom che da Bayliss è il più stretto (23,5°), ma l’australiano vuole un retrotreno più basso e un’avancorsa minore dell’americano, anche a causa del diverso comportamento delle gomme Dunlop e Michelin, che in ogni caso sono di 16,5”. I freni anteriori sono dei Brembo da 320 mm (290 mm sui circuiti più lenti per avere un’agilità superiore) morsi da pinze ad attacco radiale e quattro pastiglie.

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Confrontata con la 996R del 2000, la Ducati Testastretta è tutta un’altra storia: ha più potenza ed è più facile da guidare. Uno dei punti in cui il miglioramento è decisamente notevole è l’accelerazione: la moto del 2001 esce dalle curve con una grinta eccezionale, eppure l’erogazione è morbida e gestibile come quella di una stradale, con una gran spinta dai 7500 giri e la possibilità di scendere a 5000. Decisamente non male, per un bicilindrico da 13.000 giri! Ecco, proprio per questo motivo vale la pena di sfruttare la curva di coppia, piuttosto che arrivare tutte le volte a ridosso del limitatore: anche Bayliss mi ha confermato che, tirando le marce al massimo, la sensazione è di avere un’accelerazione migliore, ma in effetti la differenza non è macroscopica. La disponibilità del motore, però, permette di insistere con la marcia inserita nei percorsi tortuosi, giocando sull’allungo, e di risparmiarsi quindi un paio di cambiate (o anche di più…) nelle successioni di curve.




L’assetto della moto di Bayliss, con il retrotreno basso e l’avancorsa maggiore, mi è sembrato subito familiare, anche grazie alla forcella soffice che dà confidenza in staccata e in ingresso di curva, quando la poderosa azione dei Brembo da 320 mm potrebbe creare qualche problema. Ma la pastosa azione frenante del motore, coadiuvata anche da una frizione antislittamento particolarmente a punto, aiuta a controllare in modo naturale la situazione, e la moto si dimostra stabile e precisa e, soprattutto, estremamente prevedibile.




La moto di Bostrom, invece, è molto nervosa da guidare, e rivela chiaramente le esperienze nel Dirt Track di Ben. L’assetto agilissimo, che si sposa al meglio con le Dunlop, rende anche la corsa in rettilineo un’esperienza terrificante: l’angolo di sterzo stretto, il retrotreno alto e l’assetto morbido fanno di ogni staccata una fonte di adrenalina. Grazie al tecnico della Ohlins, Cornwell (proveniente anche lui dal Dirt), la moto ha comunque ottenuto un migliore controllo senza sacrificare l’estrema maneggevolezza delle scelte ciclistiche di base. Insomma, una moto estremamente personale, ma direi che sei vittorie in una stagione parlano da sole!

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Motore: a 4 tempi, 2 cilindri a “L” longitudinale di 90°, raffreddamento a liquido, alesaggio e corsa 100 x 63,5 mm, cilindrata 998 cc, rapporto di compressione oltre 13:1; distribuzione bialbero desmodromica a 4 valvole per cilindro. Alimentazione ad iniezione elettronica Marelli con due corpi farfallati di 60 mm e un iniettore per cilindro. Accensione elettronica digitale integrata con l'iniezione.

Trasmissione: primaria a ingranaggi, finale a catena. Frizione multidisco (10 dischi d’acciaio e 9 in bronzo sinterizzato) a secco; cambio a sei rapporti con sistema Marelli per il taglio dell’accensione durante il cambio marcia.

Ciclistica: telaio a traliccio in tubi al cromo-molibdeno. Angolo di sterzo 23,5°; avancorsa 99 mm. Sospensioni: anteriore a forcella teleidraulica regolabile Ohlins con steli inferiori di 42 mm con trattamento TIN; posteriore a forcellone oscillante monobraccio in magnesio e monoammortizzatore Ohlins regolabile ad azionamento progressivo. Ruote: cerchi a cinque razze in lega leggera Marchesini con pneumatici 120/60 x 16.5” anteriore e 190/67 x 16.5” posteriore. Freni: anteriore Brembo a doppio disco di Ø 320 mm con pinze a 4 pistoncini contrapposti; posteriore a disco di Ø 218 mm con pinza a 4 pistoncini.

Dimensioni e peso: interasse 1420mm; Peso a secco (con batteria, lubrificanti e liquidi, escluso il carburante) 162 kg; distribuzione dei pesi: 51% - 49% avantreno e retrotreno, senza il pilota.

Prestazioni dichiarate: potenza 176 CV (129,4 kW) a 12.000 giri. Velocità massima 305 km/h (rilevata strumentalmente coi rapporti per il circuito di Monza).

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