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Moto & Scooter
Moto Guzzi V11 Le Mans
il 01/08/2001 in Moto & Scooter
Torna la Le Mans, mito del motociclismo made in Italy, ed emblema della rinascita della Moto Guzzi. Sensazioni forti, per gli amanti delle moto di casa nostra
di Daniele Massari
In origine era il bicilindrico. E la moto era lunga e bassa, con due cilindroni sporgenti ed 850cc pronti a far sognare i centauri di metà degli anni ’70. Poi venne la Mille, ma erano già passati dieci anni.
Adesso, in risposta a chi attendeva con ansia un segno di vitalità dalla nuova gestione Aprilia, e strizzando l’occhio ai tanti aficionados che amano la Moto Guzzi per quello che è e che rappresenta, ecco la V11 Le Mans, proposta come una moto dalla spiccata vocazione turistica, ma anche dalle indubbie doti di sportività.
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E’ una Guzzi, e guardandola dal di fuori non si può dubitarne. Per quella sua grande carena col faro tondo incassato a filo, che certo non piacerà a tutti ma farà battere il cuore a chi ama le moto di Mandello, ed a chi ricorda le linee di certe sportive del passato.
Con la sua erogazione maschia e le sue doti da purosangue di carattere (difetti e pregi in un inscindibile connubio che ne caratterizzano il fascino), la V11 Le Mans non pare certo un modello di accesso alla famiglia Guzzi, ma una proposta di un certo impegno, che soddisferà senza dubbio i piloti che non badano troppo alla bilancia, a caccia, piuttosto, di un motore generoso ed una cilclistica fedele.
Che, se poi la si guarda da dentro, questa V11 è nuova sotto molti aspetti, ed è stata rivista in un centinaio di particolari, al fine di irrigidire la ciclistica e perfezionare le doti di veloce sport-touring.
Proposta in due livree, una rosso-nera (il negativo della grafica dell’apprezzata V11 Rosso Mandello) e l’altra elegantemente argento metallizzato, la V11 Le Mans costa 20.780.000 lire, una quotazione che ci pare assolutamente in linea con la media del segmento e le caratteristiche del modello.
E’ una Guzzi, e guardandola dal di fuori non si può dubitarne. Per quella sua grande carena col faro tondo incassato a filo, che certo non piacerà a tutti ma farà battere il cuore a chi ama le moto di Mandello, ed a chi ricorda le linee di certe sportive del passato.
Con la sua erogazione maschia e le sue doti da purosangue di carattere (difetti e pregi in un inscindibile connubio che ne caratterizzano il fascino), la V11 Le Mans non pare certo un modello di accesso alla famiglia Guzzi, ma una proposta di un certo impegno, che soddisferà senza dubbio i piloti che non badano troppo alla bilancia, a caccia, piuttosto, di un motore generoso ed una cilclistica fedele.
Che, se poi la si guarda da dentro, questa V11 è nuova sotto molti aspetti, ed è stata rivista in un centinaio di particolari, al fine di irrigidire la ciclistica e perfezionare le doti di veloce sport-touring.
Proposta in due livree, una rosso-nera (il negativo della grafica dell’apprezzata V11 Rosso Mandello) e l’altra elegantemente argento metallizzato, la V11 Le Mans costa 20.780.000 lire, una quotazione che ci pare assolutamente in linea con la media del segmento e le caratteristiche del modello.
La Le Mans è una moto dalle forme decisamente italiane, nel senso della generosità del profilo e delle quote, tipicamente una Guzzi da strada nell’impostazione allungata, col pilota sdraiato sul serbatoio.
La versione in oggetto si distingue dalla V11 Sport Naked per la presenza del riparo aerodinamico, un generoso cupolino ben progettato, che ripara il pilota dall’aria sino a velocità ben più elevate di quelle consentite dal codice.
Bello il parafango anteriore e la palpebra che copre la porzione di sella destinata al passeggero. Intensa e ben realizzata la verniciatura, che si accompagna ad un discreto accoppiamento delle plastiche.
Il reparto posteriore si distingue per il senso di leggerezza che scaturisce dal confronto con il cupolino, tondeggiante e con faro tondo incassato a filo, controcorrente rispetto ai canoni stilistici “commerciali” ma che farà certo presa su un pubblico di appassionati. Ci chiediamo come sarebbe stata con un fanale posteriore anch’esso incassato…
La vocazione sportiva del mezzo viene evidenziata da particolari quali gli scarichi proiettati verso l’alto, la sella apparentemente monoposto (che si trasforma con facilità in una biposto), l’impianto frenante dotato di doppio disco anteriore flottante Brembo Serie Oro da 320mm, i semimanubri spioventi ed inclinati.
Il propulsore, centro stilistico della nuova nata di casa Guzzi, è stato impreziosito con la verniciatura nera goffrata del basamento e degli organi di trasmissione, e con il trattamento riservato alle testate, satinate in nero, così come satinate sono le piastre laterali del telaio, di color “rosso Guzzi”.
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Il propulsore della V11 Le Mans è il già noto bicilindrico a V di 90° raffreddato ad aria di 1064cc (alesaggio x corsa 92x80 mm) a due valvole per cilindro, per le cui caratteristiche vi rimandiamo alla prova della V11 Rosso Mandello)
Questo modello presenta tuttavia una serie di novità, a livello ciclistico e meccanico, mirate ad esaltare le doti di sportiva veloce e stabile e la vocazione turistica: si tratta, di una serie di circa 100 modifiche.
Gli interventi principali hanno apportato una maggiore rigidità al telaio, che adesso è dotato di 8 punti di attacco del motore (in luogo dei precedenti 6), che ne viene imbragato sopra e sotto la frizione ed il cambio e nella parte posteriore del basamento. Nuovo anche il telaietto amovibile in tubi tondi di maggior diametro, posto nella parte inferiore delle piastre laterali (modifica, questa, che ha richiesto variazioni alla fusione del carter motore).
La misura dell’interasse è stata incrementata di ben 19 mm (raggiunge quota 1490 mm), e valori quali 25° di inclinazione per il cannotto e 105 mm di avancorsa aggiungono quella stabilità alle elevate velocità che mancava alla Sport, pur conservando parte dell’originaria reattività.
Confermata la frizione bidisco a secco, dal rumore caratteristico, che agisce sul cambio a 6 rapporti: quest’unità ha un’uscita più esterna rispetto alla versione a 5 marce, il che ha consentito l’adozione del nuovo cerchio posteriore con canale da 5,5” in luogo del vecchio da 4,5”, con il conseguente montaggio di un pneumatico da 180/55 (invece del 170), decisamente più adatto alle prestazioni ed alla mole della Le Mans. La sospensione posteriore adotta lo schema Cantilever, abbinato ad un monoammortizzatore regolabile in compressione, estensione e precarico molla.
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Appena in sella, ci si trova a fare i conti con l’innaturale la posizione di guida che si è portati ad assumere per non urtare con le ginocchia sui coperchi delle testate o sulla giuntura della semicarena: per evitarlo bisogna arretrare di molto sulla sella (peraltro ampia e solo un po’ dura), trovandosi poi inevitabilmente troppo in alto e col busto disteso sul lungo serbatoio.
La forcella ha i due registri di regolazione separati (uno su ogni fodero) e quindi più facili da usare.
Guardando alla plancia, appare elegante il pannello della strumentazione, che vibra sensibilmente al minimo ed in cui purtroppo manca un indicatore del livello carburante (non ci starebbe male neanche un orologio LCD): in sostanza si tratta degli stessi due elementi circolari con cornice cromata e fondo bianco della versione Naked, con la consueta serie di spie sulla plancia centrale nera opaca.
Le leve sono ben sagomate e regolabili nella distanza, i semimanubri in questa versione non sono regolabili per problemi di spazio, e denotano un’impostazione sportiva sì, ma senza scelte estreme. I blocchetti elettrici sono semplici ma funzionali. Gli specchi retrovisori, fissati al cupolino, vibrano tanto e sono in plastica nera, di aspetto un po’ scadente.
Buona la porzione di sella destinata al passeggero, che gode anche di pedane non eccessivamente rialzate, trattandosi di una sportiva. A proposito della sella, vale la pena di ricordare la possibilità di trasformarla in un attimo da monoposto in biposto, ed un’imbottitura migliorabile ma che, comunque, assicura un discreto comfort. Nella zona sottostante, a sinistra, si trova il gancio a cui assicurare il casco durante le soste, e dall’altro lato, in posizione piuttosto distante e dunque difficile da trovare le prime volte, la serratura per la rimozione del sellone, sotto il quale si trovano piccoli vani ed un pratico porta attrezzi.
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Appena acceso il motore, al minimo, si rimane ferocemente scossi per effetto della grande coppia di ribaltamento sviluppata dal bicilindrico, che si traduce in forti pulsazioni trasversali. Naturalmente, il loro effetto scompare appena il motore sale di giri.
Certamente, la Le Mans non è un fulmine nei cambi di direzione, ed il suo peso lo fa sentire. Ma nell’uso su strada si viene rassicurati dall’azione amica della forcella, pulriregolabile ed assecondata da un impianto frenante infaticabile e sempre pronto; non si può dire lo stesso del reparto posteriore, dove la ruota soffre tutti i limiti della trasmissione cardanica e di una sospensione non all’altezza, giunge spesso al bloccaggio in scalata e denota un comportamento troppo brusco negli apri-chiudi dei percorsi ricchi di curve.
Il propulsore è decisamente pigro al di sotto dei 4000 giri, e dimostra il grande vigore di cui è capace solo dopo i 5500, rendendosi sfruttabile in un arco piuttosto ristretto (zona rossa ad 8000 giri) in cui però può regalare grosse soddisfazioni: l’entrata in coppia è brutale ed esaltante, e per il cambio di marcia si può attendere sino ai 9000 giri senza avvertire incertezze.
Grazie al nuovo ampio cupolino ed alle modifiche citate, la Le Mans ha ottenuto i miglioramenti cercati, ed ora si rivela direzionalmente stabile e protettiva anche a velocità molto elevate. Peccato che la vocazione turistica di questa Guzzi sia penalizzata da un elevato tasso di vibrazioni e dalla posizione di guida, che richiede una certa dose di “passione” per affrontare i lunghi viaggi.
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Motore: a 4 tempi, bicilindrico a V di 90°, raffreddamento ad aria e olio, alesaggio e corsa 92 x 80 mm, cilindrata 1064 cc, rapporto di compressione 9,5:1; distribuzione ad aste e bilancieri, 2 valvole per cilindro, comando a ingranaggi; lubrificazione a carter umido. Alimentazione a iniezione elettronica integrata con l’accensione, corpi farfallati da 50 mm; capacita’ serbatoio 22 litri. Avviamento elettrico.
Trasmissione: primaria a ingranaggi; frizione bidisco a secco, comando idraulico; cambio in cascata a 6 marce; finale ad albero e coppia conica.
Ciclistica: telaio monotrave in acciaio, inclinazione asse di sterzo 25°, avancorsa 105 mm. Sospensione anteriore: forcella regolabile a steli rovesciati da 40 mm, escursione 120 mm; sospensione posteriore: forcellone in acciaio con monoammortizzatore regolabile. Ruote: anteriore tubeless in lega leggera, pneumatico 120/70-17”; posteriore tubeless in lega leggera, pneumatico 180/55-17”. Freni: anteriore a doppio disco semiflottanti di Ø 320 mm, pinze a 4 pistoncini contrapposti; posteriore a disco fisso di Ø 282 mm, pinza a 2 pistoncini contrapposti.
Dimensioni (in mm) e peso: interasse 1490 mm, lunghezza 2150 mm, larghezza 785 mm, altezza sella 800 mm. Peso a secco 226 kg.
Prestazioni: potenza 91 CV (67 kW) a 7800 giri, coppia 9,6 kgm (94 Nm) a 6000 giri.
Omologazione Euro-1: si’
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