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Honda ST 1100 Pan European

il 11/07/2001 in Moto & Scooter

È l’alternativa giapponese alla BMW. Eccellente in autostrada, comoda e sufficientemente potente, vanta il controllo della trazione e l’ABS

Honda ST 1100 Pan European


di Luigi Rivola




Esco dall'Hotel, la moto è parcheggiata a fianco dell'ingresso e un signore di mezz'età , alto e ben piantato, la sta osservando attentamente. È un californiano che mi accoglie con un gran sorriso di approvazione e mi dice: "That's my bike". Anche lui ha una Honda ST 1100 come quella con cui sono arrivato a Milano; anche lui come tanti in giro per il mondo, visto che la Pan European, per quanto poco diffusa in Italia, dal 1989 a oggi è riuscita a crearsi ovunque una solida fama e una cerchia di fedelissimi, molti dei quali hanno trasformato questo modello in un vero e proprio oggetto di culto, tanto da riunirsi in club "ST 1100" che organizzano periodicamente raduni e grandi viaggi riservati ai possessori di questa moto.





La Pan European è l'alternativa giapponese alla BMW RT. La filosofia è la stessa: moto elegante progettata per alte velocità di crociera autostradali, rifiniture di lusso, prezzo elevato (anche questo - sembra impossibile - può essere un elemento di appetibilità), grande comodità e protettività, rilevante valore aggiunto in termini di sicurezza.

In realtà la Honda non si è mai preoccupata di fomentare questo dualismo "spingendo" la Pan European ad uscire dai confini della popolarità che si è creata in un circolo ristretto grazie al solo "passa-parola".




Il grande successo riscosso dalle bicilindriche e quattro cilindri tedesche da Gran Turismo negli ultimi anni, dovuto anche a mutate condizioni del mercato motociclistico (età media degli appassionati nettamente più elevata che in passato) dimostra che anche la ST 1100 potrebbe ambire a traguardi commerciali di maggior soddisfazione, ma la Honda sembra paga del risultato raggiunto e di occupare un posto in una nicchia prestigiosa che non richiede troppo impegno evolutivo. È grande e può permetterselo. Monaco ringrazia sentitamente.

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Forse gli scooter ci hanno dato alla testa, ma come non vedere nella Pan European, così dotata dal punto di vista della protezione aerodinamica, così curata sotto l'aspetto estetico, così elegantemente vestita in modo da far passare in secondo piano la componente tecnica, così silenziosamente e morbidamente potente, infine così comoda e accogliente per due persone e bagagli, un'evoluzione motociclistica dello scooter bicilindrico Silver Wing? E come non ricordare, guardando la ST 1100, la Honda PC 800, che già molti anni fa propose inutilmente la stessa trasformazione?




Invece la Pan European è nata per essere una moto da Gran Turismo intesa in modo tradizionale: una carenatura avvolgente che funge anche da paragambe, una parabrezza di squisita fattura, un finto serbatoio che copre l'air box, il serbatoio vero, molto capiente, posto il più in basso possibile per una miglior disposizione del baricentro, una grande sella per due persone e due valigie laterali che si integrano con la linea della carrozzeria, tanto che il disegno della moto risulta più equilibrato con le valigie montate, che senza.




È una moto indubbiamente elegante che, ad onta di un peso di 300 kg a secco, riesce ad apparire anche, se non snella, almeno molto ben proporzionata. La dotazione è quella tipica da gran turismo con qualche finezza e qualche pecca: si apprezza la completezza della strumentazione, la presenza del pomello per la regolazione del fascio luminoso del faro, il sistema elettronico di controllo della trazione (TCS) e quello di controllo d'aderenza in frenata (ABS). Si nota invece la mancanza di una presa di corrente, si fatica a comprendere come su una moto del genere l'utilissimo pozzetto che si apre a sinistra sotto il manubrio, possa avere un coperchio a incastro in gomma che non sta chiuso, infine si constata l'impossibilità di registrare l'altezza da terra della sella, con conseguente preclusione all'acquisto per i bassi di statura.

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In questa moto, tutto è coperto, nascosto, per cui il telaio, esente da funzioni estetiche integrative, può dedicarsi esclusivamente al suo compito primario, che assolve egregiamente con una struttura tubolare superiore nella quale il motore e i suoi accessori risultano perfettamente inseriti con minimo spreco di spazio.

La sospensione anteriore consiste in una forcella di tipo tradizionale con steli di 43 mm di diametro (nei modelli antecedenti il 1996 il diametro era di 41 mm) non regolabile; il monoammortizzatore posteriore, posto lateralmente sulla destra, è invece regolabile nel precarico e anche in estensione, agendo con un cacciavite attraverso una feritoia appositamente praticata nella carrozzeria.




Il forcellone oscillante, a due bracci, di cui quello di destra costituito dall'astuccio tubolare della trasmissione finale a cardano, agisce direttamente sull'ammortizzatore senza l'intermediazione di bielle, bilancieri e bracci di rinvio. Le ruote sono in alluminio pressofuso con tre razze a sezione alveolare ed ospitano pneumatici 120/70-ZR18 sulla ruota direttrice e 160/70-ZR17 su quella motrice.

Fiore all'occhiello dell'impianto frenante è il sistema Dual CBS, composto di tre freni a disco di 296 mm di diametro (naturalmente due sulla ruota anteriore), tutti con pinza a tre pistoncini.




Il sistema opera in questo modo: la leva del freno anteriore agisce sui pistoncini esterni di ciascuna pinza; la leva a pedale agisce invece sui pistoncini centrali. Si tratta di un sistema di frenata combinata che vanta inoltre il controllo elettronico di aderenza ABS che modula la frenata (in pratica "attacca e stacca" il freno) in funzione delle informazioni ricevute da un sensore che, posizionato su una ruota fonica coassiale al mozzo di ciascuna ruota della moto, è in grado di percepire in tempo reale lo slittamento della gomma, ossia la perdita di aderenza rispetto al terreno.

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Per anni si è atteso che lo facesse la Moto Guzzi, finché la Honda si è stancata di aspettare e lo ha costruito lei. Parliamo del quattro cilindri a V trasversale di 90°, raffreddato a liquido, della ST 1100, un motore che combina la potenza e la sportività di un superquadro bialbero a 16 valvole, con l'impostazione granturistica di un propulsore ad albero motore longitudinale e trasmissione finale ad albero con giunto cardanico.

La potenza è di 100 CV a 7500 giri, ma il dato più significativo concerne la coppia massima, che è di 11,3 kgm a 6000 giri.




L'alimentazione è a carburatori, (4 da 34,5 mm) un sistema che oggi su una moto del genere è indubbiamente considerato superato rispetto all'iniezione elettronica, ma che in effetti non offre nessun pretesto di rimpianto, viste le eccellenti prestazioni che offre, e che mai sono turbate da rifiuti o buchi.

La frizione, a comando idraulico, è montata coassialmente all'albero motore, in linea col cambio a cinque marce, che non è esente dalla consueta rumorosità di innesti che si riscontra nella maggior parte dei motori di simile configurazione. Pressoché inavvertibile invece è la coppia di rovesciamento, ed anche la tradizionale rigidità della trasmissione finale ad albero in questa moto è pressoché insignificante, minimizzata dalla presenza di un congruo numero di parastrappi.




Sempre a proposito della trasmissione, un cenno lo merita certamente il CTS, ossia il sistema elettronico di controllo della trazione, che basandosi sul complesso sensore-ruota fonica dell'ABS, e potendo quindi percepire le perdite di aderenza dovute in questo caso non all'eccesso di frenata, ma di coppia applicata al pneumatico in accelerazione o ripresa, "taglia" l'accensione al motore in tempo reale fino al recupero dell'aderenza.

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La posizione di guida della ST 1100 è correttissima e consente un eccellente controllo del mezzo in condizioni di massima comodità. La protezione garantita dalla carenatura e dal parabrezza è veramente notevole anche sotto un violento acquazzone (ne abbiamo affrontati due memorabili) e l'unica osservazione che si può fare a questo proposito è che dietro al parabrezza, a rilevante velocità autostradale, si crea una depressione tale da attirare il corpo in avanti: una sensazione strana, ma concreta, che si potrebbe contrastare meglio se le pedane del pilota fossero poste un po' più avanti.





I comandi sono funzionali ed ergonomici; si rileva una certo sforzo per tener tirata a lungo la frizione, nonostante che il comando sia idraulico, ed è migliorabile l'interruttore degli indicatori di direzione, che se non premuto nel modo corretto, specie coi guanti, fatica a volte ad inserirsi a destra.

Ammirevole la leggibilità degli strumenti e delle spie in ogni condizione di luce ed eccellente la visibilità notturna assicurata dal grande faro, sia con l'anabbagliante, che con l'abbagliante. Le vibrazioni sono avvertibili ma non fastidiose, mentre saltuariamente si ode, senza riuscire a precisarne l'origine, qualche risonanza della carrozzeria.




Le grandi valigie laterali sono di un'utilità impagabile: si aprono e si chiudono con grande facilità anche con una sola mano (a patto che nulla si inserisca nel profilo di contatto fra valigia e coperchio), sono impermeabili e si staccano e riattaccano abbastanza agevolmente, dopo un certo periodo di apprendimento e un congruo numero di invettive.

Un ultimo apprezzamento è dedicato al cavalletto centrale, che con l'aiuto della pratica maniglia estraibile issa la moto facendo dimenticare i suoi 300 kg a secco.

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Con un interasse di 1555 mm, un peso vicino ai quattro quintali con pilota e carburante, e uno sterzo che nelle curve strette tende a "chiudere", la Pan European non è certo una moto da percorsi di montagna. Bisogna dire però che la formidabile elasticità del motore aiuta molto a togliersi d'impaccio nelle curve strette, quando basta riaprire l'acceleratore, magari con una marcia in più di quella che teoricamente si sarebbe dovuto inserire, per sentirsi estrarre dolcemente dalla "corda".

Purtroppo la circolazione è fatta anche di manovre coi piedi a terra, e in questo caso la "guida" diventa problematica per via non solo del peso, ma anche del baricentro alto e della sella larga e alta da terra.





Il regno della ST 1100 è l'autostrada, dove emergono la comodità, la perfezione aerodinamica (che si riflette anche sul consumo, particolarmente contenuto anche a forte velocità) e l'eccellente stabilità direzionale, favorita anche dal buon comportamento delle sospensioni.

In caso di forte vento laterale, la "vela" offerta dalla carrozzeria completa non manca di manifestare i suoi negativi effetti; se il vento è costante, ci si adegua senza problemi adottando una posizione di guida che ne controbilancia la pressione; se è a colpi, vale la pena di tenere un po' bassa la lancetta del tachimetro per evitare sorprese sgradite.

In curva, no problem, a patto di anticipare regolarmente l'inserimento per garantirsi un sufficiente margine in uscita. I cambiamenti repentini di direzione sono sempre permessi, giocando di controsterzo, e non generano mai reazioni inattese.




La frenata va esaminata sotto diversi punti di vista, trattandosi di un sistema molto complesso: frenando con la leva sul manubrio si ha una risposta immediata, precisa, progressiva e potente nella prima parte della corsa della leva; insistendo per cercare il limite, la potenza e la sensibilità a disposizione decrescono. Frenando col pedale, si ha meno potenza a disposizione, ma l'integrazione fra anteriore e posteriore, in rettilineo, è molto efficace. Lo è meno in curva, dove il pedale va premuto con attenzione per evitare lo scivolamento laterale della ruota motrice, sul quale l'ABS - altrimenti efficientissimo - non è in grado di intervenire.

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Motore: a 4 tempi, 4 cilindri a “V” trasversale di 90°, raffreddamento a liquido, alesaggio e corsa 73 x 64,8 mm, cilindrata 1084 cc; distribuzione bialbero a camme in testa, comandata da catene; quattro valvole per cilindro. Rapporto di compressione 10:1; alimentazione a quattro carburatori CV 34,5. Accensione elettronica. Lubrificazione a carter umido. Avviamento elettrico.

Trasmissione: frizione multidisco, cambio a cinque marce.Trasmissione finale ad albero con giunto cardanico.

Ciclistica: telaio a culla superiore in tubi d’acciaio. Sospensione anteriore a forcella teleidraulica con foderi inferiori e steli di Ø 43 mm; corsa 150 mm. Sospensione posteriore con monoammortizzatore laterale idraulico a doppio effetto regolabile in estensione e nel precarico. Forcellone oscillante a due bracci in tubi d’acciaio; quello di distra contiene l’albero della trasmissione finale. Ruote: cerchi in lega leggera pressofusa a tre razze con pneumatici 120/70-18” anteriore e 160/70-17" posteriore. Freni: anteriore a doppio disco in acciaio di Ø 296 mm con pinze a tre pistoncini; posteriore a disco in acciaio di Ø 296 mm con pinza a tre pistoncini. Impianto frenante con sistema combinato Dual CBS e con ABS.

Dimensioni (in mm) e peso: interasse 1555 mm; lunghezza 2285 mm; altezza sella 800 mm; luce a terra 145 mm. Peso a secco 297 kg. Serbatoio del carburante da 28 litri.

Prestazioni dichiarate: potenza 100 CV (74 kW) a 7.500 giri. Coppia 11,3 kgm (111 Nm) a 6.000 giri.

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