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Yamaha BT 1100 Bulldog

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Una moto che vuole essere diversa a tutti i costi e che promette comodità, un gran tiro, e soprattutto una personalità inconfondibile



di Luigi Rivola




Il vostro week-end non sarà più lo stesso. Questa preoccupante frase è contenuta nel comunicato stampa che accompagna le prime foto della nuova Yamaha BT 1100 Bulldog, un modello di cui si sussurrava da alcuni mesi e che la casa di Iwata ha deciso di presentare con un certo anticipo, pur avendolo inserito nella gamma 2002.


Stando alle affermazioni contenute nel comunicato, la Bulldog è una moto di nuova concezione (definizione di gran moda) che rivoluzionerà il modo di passare il fine settimana dei motociclisti europei, perché a loro in particolare è dedicata.




Secondo la Yamaha, non è possibile identificare questo nuovo modello facendo riferimento ad alcuna delle categorie esistenti. In realtà l’individuazione dello schema tecnico/estetico di una roadster non è difficile e tantomeno azzardato, e la stessa Yamaha lo ammette, ma specifica che se di roadster si tratta, è comunque una roadster del tutto nuova.




Per quanto ci riguarda, la BT 1100 Bulldog appare una via di mezzo fra la V-Max 1200 e una Monster 900; una moto che interpreta in chiave moderna il vecchio genere custom, proponendo grande comodità a bordo per due persone, una posizione di guida rilassata, un’estetica grintosa da street-fighter, un motore generoso soprattutto di coppia e una ciclistica curata per prestarsi ad una guida anche molto sportiva su percorsi misti.






Protagonista dell’estetica della Bulldog è l’insieme motore-serbatoio, che domina al centro relegando a ruoli subalterni l’avantreno e il retrotreno.

Il grosso bicilindrico si protende verso l’alto col V dei cilindri che si raccorda perfettamente con la forma del serbatoio, la cui sagoma ricorda la testa di un uccello. Il telaio, che si interpone fra il propulsore e il serbatoio, è costituito da una struttura minimale, disposta a vista per svolgere a sua volta una piccola parte nella scenografia generale del veicolo.

Particolarmente aggressiva è la vista di tre quarti anteriore, ove l’assenza di tubi discendenti del telaio esalta le dimensioni e le curve del corposo propulsore, nonché l’andamento sinuoso del grosso tubo di scarico del cilindro frontale.

La sella ha una forma marcatamente concava nella parte anteriore, all’evidente ricerca del contrasto stilistico con la convessità del serbatoio col quale si raccorda, e lineare nella parte destinata al passeggero, con profilo a sfumare per ridurre al minimo lo scalino col terminale in alluminio che, come di consueto, funge anche da maniglione e che protegge il fanale posteriore.




Il manubrio è alto e largo, per una posizione di guida a schiena eretta, e l’unica protezione aerodinamica è offerta da un minuscolo cupolino che protegge il faro anteriore ed è sormontato da un mini-parabrezza in plexiglass fumé.

Il cruscotto comprende un solo grande strumento circolare la cui area è occupata per due terzi dal tachimetro e per un terzo dal contagiri; a fianco sono disposte le classiche spie e c’è pure un piccolo display a cristalli liquidi con l’orologio e il contachilometri.






Il motore è il collaudato 1100 nato per equipaggiare le Yamaha custom di grossa cilindrata. Si tratta di un bicilindrico a V longitudinale con distribuzione monoalbero e raffreddamento ad aria, che eroga 65 CV a 5500 giri, con coppia massima di 9,0 kgm a 4500 giri. Il cambio è a cinque velocità e la trasmissione finale è ad albero con giunto cardanico.

Un motore dunque estremamente semplice e affidabile, in cui sono state certamente privilegiate le doti di tiro ai bassi e medi regimi, a scapito di un allungo che, considerata l’impostazione del veicolo e la posizione di guida, non avrebbe avuto molte possibilità di esprimersi.

La ciclistica è più complessa, poiché si è optato per un telaio misto, in tubi e piastre d’alluminio, con motore facente funzione di elemento integrante la struttura.




La forcella è una tradizionale teleidraulica a foderi inferiori con steli di 43 mm di diametro, mentre la sospensione posteriore, con forcellone oscillante a due bracci in alluminio (quello di sinistra ospita l’albero della trasmissione finale) è di tipo progressivo con monoammortizzatore posto centralmente in posizione molto abbassata.

Le grosse ruote a cinque razze hanno posteriormente un pneumatico extra-large di 170/60-17” ed anteriormente uno di 120/70-17”; i freni sono sovradimensionati rispetto alle prestazioni, essendo stato adottato lo stesso impianto della Yamaha R1.


Motore: a 4 tempi, 2 cilindri a “V” longitudinale, raffreddamento ad aria, alesaggio e corsa 95 x 75 mm, cilindrata 1063 cc; distribuzione monoalbero a camme in testa, comandata da catena; rapporto di compressione 8,3:1; alimentazione a due carburatori BSR37. Accensione elettronica. Lubrificazione a carter umido. Avviamento eletrico

Trasmissione: primaria a ingranaggi, finale ad albero. Frizione multidisco in bagno d’olio, cambio a cinque marce.

Ciclistica: telaio a traliccio superiore in tubi integrati da piastre d’alluminio. Sospensione anteriore a forcella teleidraulica con foderi inferiori e steli di Ø 43 mm; corsa 113 mm. Sospensione posteriore di tipo progressivo con monoammortizzatore e forcellone oscillante in alluminio; cosra 113 mm. Ruote: cerchi in lega leggera pressofusa a cinque razze con pneumatici Michelin 120/70-17” anteriore e 170/60-17" posteriore. Freni: anteriore a doppio disco in acciaio di Ø 298 mm con pinze a quattro pistoncini; posteriore a disco in acciaio di Ø 267 mm con pinza a due pistoncini.

Dimensioni (in mm) e peso: interasse 1530 mm; lunghezza 2200 mm; larghezza 800 mm; altezza 1140 mm; altezza sella 812 mm; luce a terra 168 mm. Peso a secco 229,5 kg. Serbatoio del carburante da 20 litri.

Prestazioni dichiarate: potenza 65 CV (47,8 kW) a 5.500 giri. Coppia 9,0 kgm (88,2 Nm) a 4.500 giri.
L'impianto frenante è lo stesso della Yamaha R1.
I silenziatori sono in acciaio inox, come i collettori di scarico.

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