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Guzzi V11 Rosso Mandello

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La nuova dirigenza mette in cantiere una versione della V11 realizzata in serie limitata e vestita della colorazione ispirata alla Le Mans, impreziosita dai particolari in fibra di carbonio. Nuovo il volano alleggerito in alluminio



di Alberto Dell’Orto, foto Alberto Cervetti




Quando la V11 è apparsa, finalmente nella sua veste definitiva, al salone di Milano del 1999, si respirava nello stand Guzzi un brezza nuova. Finalmente una moto che segnava la volontà di coniugare davvero la novità con la tradizione, di uscire dal guscio e di rendersi conto che il cliente medio era cambiato.




E allora, insieme alla rinnovata California, la Casa di Mandello si presentava con un modello non solo decisamente azzeccato a livello estetico, ma anche credibile sul fronte delle prestazioni, delle caratteristiche di guida, della dotazione, delle finiture, della fruibilità. Ancora qualche pecca (stabilità sul veloce, qualche dettaglio di dubbio gusto, una frenata che difettava di prontezza), ma era stata imboccata una nuova strada, che aveva incuriosito anche i più indifferenti.


La versione Rosso Mandello di cui vi proponiamo ora la prova è stato il primo tangibile segno della presenza di quella che da settembre è la nuova azionista di maggioranza, quell’Aprilia che ha sempre saputo fare del gusto italiano e della interpretazione del mercato le proprie migliori armi.




Sì perché tutte le volte che si parla di una Moto Guzzi viene naturale fare un confronto con altri modelli dello stesso marchio, ricordare l’evoluzione dei bicilindrici, riassaporare un legame con la tradizione a volte un po’ polveroso. Invece il nuovo traguardo è di potersi confrontare senza timori reverenziali con il mondo “esterno”.




Non si può fare a meno di osservare che questa nuova versione, disponibile in tiratura limitata a 300 pezzi, porta il già salato prezzo della V11 a sfiorare i 23 milioni, anche se l’effetto della nuova colorazione e dai numerosi particolari in fibra di carbonio è innegabile. E al di là del lato estetico la moto ha subito anche cambiamenti meccanici importanti come i dischi freno e il gruppo volano/frizione.



La nuova colorazione è effettivamente particolare, tanto da ricordare qualche rat-bike, le vecchie moto personalizzate con... una mano di vernice nero opaco! In realtà, ovviamente, la sostanza e la cura realizzativa sono ben diverse.
Tutto si gioca intorno all’accostamento di diverse tonalità di grigio, e soprattutto alle diverse finiture superficiali dei vari componenti (bella la verniciatura goffrata della meccanica). Le macchie rosse della carrozzeria e dei coperchi delle valvole, insieme con l’alluminio grezzo delle termiche, riescono a creare un contrasto vivace.




La moto è indubbiamente curata e rifinita nei particolari, e balzano immeditamente agli occhi tutti i particolari in fibra di carbonio (di quella vera, e non volgare fibra di vetro colorata…). Il nuovo cupolino, la piastra portastrumenti, il parafango anteriore, la protezione del motorino di avviamento e i silenziatori danno un tocco “prezioso” all’insieme.





Esprimiamo qualche riserva solo per le già citate termiche (alluminio naturale) e per l’accostamento di un numero un po’ elevato di tonalità: in particolare avremmo preferito una sostanziale identità del rosso di carrozzeria e meccanica, o del nero di cerchi e forcella. Dettagli, comunque.
Per il resto, nulla muove critiche, a parte la grafica non proprio sportiva degli strumenti (gli stessi della California). Bene invece l’eliminazione degli stemmini cromati con l’effigie dell’aquila dalle piastre della forcella e di collegamento cambio-telaio, i comandi al manubrio (regolabile), il bello scarico in acciaio inox, il sapore racing dell’impianto frenante Brembo serie Oro.
A voler trovare il pelo nell’uovo, noi una passatina di fresa ai pedali di cambio e freno gliel’avremmo data…






La V11 si fa apprezzare in particolar modo per la posizione di guida, azzeccata perché di impronta sportiva ma non affaticante e ben correlata all’impostazione della moto. In aiuto vengono i semimanubri regolabili sia in “convergenza” (una decina di gradi circa), sia in altezza (una ventina di mm). Solo i più alti (decisamente ben oltre i 180 cm) potranno avere problemi di interferenza delle ginocchia con i coperchi delle testate.

Il piccolo cupolino, pur non potendo fare miracoli, svolge un apprezzabile ruolo di deviatore del flusso dell’aria, consentendo di viaggiare a 160-170 km/h senza troppa fatica. L’aspetto meno convincente sono le vibrazioni, che si fanno sentire soprattutto sul manubrio e tendono a essere fastidiose specialmente intorno ai 4000 giri.




Discorso diverso per il passeggero. Una volta rimossa la copertura, la sella è bene imbottita, ma la posizione rialzata del piano e, soprattutto, delle pedane rende la postura poco confortevole per un lungo viaggio per chiunque superi i 150 cm, anche per l’esposizione all’aria e l’assenza di un maniglione (c’è solo una cinghia).

Sotto la sella, che si solleva facilmente, lo spazio disponibile permette di stivare gli attrezzi, i documenti e un bloccadisco o una catena non troppo voluminosa.




I comandi sono morbidi e modulabili (una bella sorpresa il comando della frizione!), ergonomicamente ben studiati (a parte il cavalletto, poco visibile in apertura e scomodo da richiudere). Un piccolo appunto a margine per il comando dell’acceleratore a mano, per alzare il minimo a freddo: è duro e non rimane in posizione.

Bene gli specchi, di qualità e caratterizzati da un ottimo campo di visuale e isolamento dalle vibrazioni. Ben leggibili le spie e stabili gli indici degli strumenti (manca però il vetro antiriflesso).


Sotto il profilo tecnico la Rosso Mandello conferma ovviamente le scelte a suo tempo operate con la V11 Sport. Dunque troviamo l’immortale (è da 35 anni sulla scena) bicilindrico a V traversale dotato di raffreddamento ad aria e distribuzione ad aste e bilancieri a due valvole per cilindro. Giunto ormai al limite “fisiologico” (elaborazioni a parte) della cilindrata, vicina ai 1100 cc, il propulsore viene gestito nell'alimentazione e nell’accensione da un sistema di iniezione elettronica della Weber-Marelli.




I cambiamenti adottati dalla V11 in tema di trasmissione, con l’adozione di un cambio a sei rapporti di nuova concezione (con due alberi secondari per ridurre la lunghezza del complessivo e spostare all’esterno la presa di moto per l’albero finale), sono stati affiancati dall’impiego di un nuovo volano in lega leggera forgiata che ospita una frizione a un solo disco con materiale d’attrito sinterizzato.




A comprimere il disco tra i due piatti ci pensa una molla a diaframma, che consente un azionamento più confortevole: le classiche molle elicoidali aumentano la propria resistenza proporzionalmente allo schiacciamento a cui sono sottoposte, mentre la molla a diaframma raggiunge un picco, dopo di che “cede”.

La ciclistica è rimasta di fatto immutata, con il suo telaio monotrave in acciaio completato da due piastre laterali in lega leggera, il forcellone in tubi d’acciaio (dotato di capriata e monoammortizzatore con azionamento Cantilever) e la forcella a steli rovesciati. Da segnalare l’adozione dei nuovi dischi Brembo, dotati di pista frenante più performante della precedente.


La prima cosa che colpisce, fin dai primi metri, è la facilità con cui la V11, nonostante la mole, si fa condurre. La geometria di sterzo la rende agile anche nel traffico cittadino e in generale in tutti quei frangenti dove le Guzzi sportive hanno sempre richiesto una buona dose di muscoli.

Il “terreno di caccia” favorito dalla Rosso Mandello è il misto, dove mostra una dolcezza e prevedibilità di comportamento che consentono di “pennellare” le traiettorie in assoluta naturalezza a medie piuttosto elevate. Queste doti sono molto ben supportate dal motore, un arzillo vecchietto che l’ultima iniezione di Gerovital (la V11 ha ricevuto una specifica e meticolosa messa a punto) ha ringiovanito, dandogli un brio e una prontezza di risposta ai comandi del gas davvero inaspettati, oltre a consumi assolutamente parchi, una spinta "polposa" come da tradizione e un tachimetro che arriva a segnare intorno a 230 km/h.
In questa versione, poi, contribuisce in modo sensibile l’alleggerimento permesso dal volano, anche se la nuova frizione ha un innesto un po’ più brusco della precedente, mentre il cambio offre rapporti ben spaziati e un comando morbido e preciso, anche se non rapidissimo.




Peccato solo che a 8400 giri intervenga il limitatore, perché la disponibilità all’allungo dopo potenza massima è davvero divertente. Il bicilindrico dà il meglio di sé oltre i 4500 giri, anche se sotto questa soglia si dimostra comunque pieno e regolare nell’erogazione.

I punti deboli della guida sono sostanzialmente costituiti da una vaga incertezza nell’inserimento nei curvoni più veloci: la V11 fa pagare in parte la sua trattabilità con una perdita di feeling sul veloce, che sembra da attribuirsi alla disposizione dei pesi sbilanciata sul retrotreno. In questo senso l'ammortizzatore di sterzo si è dimostrato un accessorio raffinato ma di fatto inutile, visto che il comportamento migliore si ottiene con la registrazione al minimo. Un aiuto sensibile anche se non risolutivo si ottiene abbassando di 20 mm i semimanubri e allargandoli un poco: la posizione di guida non ne risente, la distribuzione dei pesi invece ne beneficia.




Un giudizio molto positivo sui nuovi freni anteriori, potenti e modulabili, con in più una prontezza e una sensazione di gestibilità sconosciuta ai precedenti.


Motore: a 4 tempi, bicilindrico a V di 90°, raffreddamento ad aria e olio, alesaggio e corsa 92 x 80 mm, cilindrata 1064 cc, rapporto di compressione 9,5:1; distribuzione ad aste e bilancieri, 2 valvole per cilindro, comando a ingranaggi; lubrificazione a carter umido. Alimentazione a iniezione elettronica integrata con l’accensione, corpi farfallati da 50 mm; capacita’ serbatoio 22 litri. Avviamento elettrico.

Trasmissione: primaria a ingranaggi; frizione monodisco a secco, comando idraulico; cambio in cascata a 6 marce; finale ad albero e coppia conica.

Ciclistica: telaio monotrave in acciaio, inclinazione asse di sterzo 25°, avancorsa 91 mm. Sospensione anteriore: forcella regolabile a steli rovesciati da 40 mm, escursione 120 mm; sospensione posteriore: forcellone in acciaio con monoammortizzatore regolabile. Ruote: anteriore tubeless in lega leggera, pneumatico 120/70-17”; posteriore tubeless in lega leggera, pneumatico 170/60-17”. Freni: anteriore a doppio disco semiflottanti di Ø 320 mm, pinze a 4 pistoncini contrapposti; posteriore a disco fisso di Ø 282 mm, pinza a 2 pistoncini contrapposti.

Dimensioni (in mm) e peso: interasse 1471 mm, lunghezza 2111 mm, larghezza 785 mm, altezza sella 800 mm. Peso a secco 219 kg.

Prestazioni: potenza 91 CV (67 kW) a 7800 giri, coppia 9,6 kgm (94 Nm) a 6000 giri.

Omologazione Euro-1: si’
Il raffinato ammortizzatore di sterzo, regolabile attraveso la ghiera in fondo allo stelo.
Le pedane del passeggero costringono a rannicchiare le gambe
I componenti del nuovo complessivo della frizione: si notano il volano in alluminio e la molla a diaframma

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