Attualità
Una giornata in pista coi piloti disabili
Le storie dei ragazzi e degli uomini che decidono, con l'aiuto dell'associazione Di.Di., di salire in sella dopo gli incidenti che ne hanno stravolto le esistenze. Storie di passione, riscatto, voglia di vita e normalità
"C'è chi dice che la moto si guida con gli arti superiori. E c'è chi invece sostiene che si guidi con gli arti inferiori. Qui si guida con tutto quello che vi è rimasto". La parole del briefing mattutino spiegano, meglio di qualunque altra cosa, il tenore della giornata. Perché ad ascoltare gli istruttori ci sono dei motociclisti decisamente speciali.
Ad alcuni manca un pezzo di gamba, ad altri un pezzo di braccio, altri ancora sono costretti in sedia a rotelle. E sono qui per tornare in moto. Lo fanno grazie ai corsi promossi dalla associazione Di.Di. (che sta per "diversamente disabili"), la creatura di quel portento di energia e voglia di vivere che si chiama Emiliano Malagoli.
Da anni BMW Motorrad supporta le iniziative dell'associazione Di.Di. Come nell'organizzazione di eventi come quello che, in un venerdì di fine settembre, ha monopolizzato il circuito Tazio Nuvolari di Cervesina, Oltrepò pavese.
L'INCIDENTE
Sono tanti i ragazzi e gli uomini - di tutte le età - che decidono di tornare in moto nonostante l'handicap. Vite diverse, estrazioni sociali differenti, e una cosa in comune, "l'incidente". Con questo termine neutro si riferiscono al momento in cui la loro vita è stata stravolta, distrutta da una fatalità.
La parte più difficile, per tutti, è quella meno visibile. Cercare di ricostruire qualche pezzettino di normalità con le macerie che rimangono tra le mani. E la moto, in questo, riveste un ruolo fondamentale. Nonostante per tutti sia stato il mezzo su cui "l'incidente" è avvenuto.
LE STORIE DI MARCO E NICCOLO'
In sella a una moto riadattata, grazie ai comandi speciali al volante e a una forza di volontà incalcolabile, la disabilità viene momentaneamente cancellata. Normali e disabili, in quei momenti si è tutti motociclisti. C'è gente alla sua prima volta qui, ai corsi dell'associazione Di.Di.
Come Marco, 29enne di Modena, meccanico di moto. Il suo accento rotondo e la sua parlata fluida sono coinvolgenti. Con lui c'è il padre, rassegnato alla passione senza freni del figlio. Dopo l'incidente di sette anni fa, quando un'auto gli ha tagliato la strada quando era in sella alla sua Ducati e il risveglio in ospedale, Marco aveva un solo chiodo fisso: non mollare. "Quando ho scoperto l'esistenza di questo corso? Ricordo che ero in ospedale, poco dopo l'incidente. In questi anni ho guidato auto da rally e infine i kart, ma visto che su questi non mi fanno gareggiare, adesso è arrivato il momento di tornare dopo tanto tempo alla moto".
E c'è anche chi trova in questi momenti una nuova ragione di vita. Come Niccolò, 21 anni, della provincia di Savona: tre anni fa una scivolata su quell'Aurelia che conosceva a memoria, un'auto che lo travolge e una diagnosi impietosa: lesione in D5. In certi casi puoi solo sperare che la ricerca scientifica faccia il suo corso, e al più presto. Anche per lui c'è una vita da ricostruire, con difficoltà fisiche e psicologiche inimmaginabili. Niccolò non parla volentieri con noi, ma lo fa il padre Beppe: "Lo scorso anno ha provato questa esperienza, raramente ho visto qualcosa che lo motiva così tanto. Lui è da sempre appassionato di moto e motori in generale, è preparatissimo, il suo sogno sarebbe quello di lavorare in un concessionario di auto".
SUPERARE LA DISABILITA'
Per tutti loro, giovani e meno giovani, la moto non risolve certo la disabilità, ma aiuta moltissimo, almeno a livello psicologico. E in questo il team degli istruttori della Di.Di. - che in buona parte condividono la stessa disabilità dei propri allievi - fa un lavoro egregio: i primi esercizi con le ruotine di sicurezza svolti con fatica, la necessità di abituarsi in fretta ai nuovi comandi e soprattutto al "sollevatore".
Alex Innocenti (uno dei piloti in carrozzina più esperti e titolati d'Italia) è la persona che, nel giro di una giornata, svezza i suoi allievi: li porta dal piazzale alla pista. E lo fa a forza di fischi, istruzioni e disciplina, senza indulgenze ma senza mettere alcuna pressione, parlando direttamente alle persone, stabilendo subito un rapporto di fiducia reciproca.
E i risultati si vedono: al pomeriggio, quando i ragazzi escono in pit-lane, sembrano trasformati. "Qui non si viene per fare il tempo, siete qui per stare bene e divertirvi", è il mantra della giornata. E alla fine, al momento dei "diplomi" sorridono tutti. Sorridere e stare bene. Superare un ostacolo che sembra insormontabile. Dire: "Ce la posso fare, ce l'ho fatta". Ecco quello che conta.
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