Attualità
Kawasaki si dà ai droni (da guerra)

Motore 4 in linea, sovralimentato, a idrogeno: Kawasaki usa tutti i suoi ingredienti tecnologici più recenti per aggredire il fiorente mercato dei droni partendo da quello delle moto. E non è una novità, perché Moto Guzzi...
A una presentazione delle peraltro tanquille Versys 650 e 1000, qualche anno fa, dopo aver presentato tutti i settori di attività di Kawasaki Heavy Industries (moto di grande cilindrata e nessuno scooter, motori sovralimentati, treni, macchine da cantiere, aerei anche militari), il responsabile comunicazione dell'azienda di Akashi concluse con una virile stoccata ai rivali di Yamaha: "Mi sembra evidente che noi non produciamo pianoforti".
Non è quindi più di tanto sorprendente aver visto all'ultimo Salone della Difesa di Chiba, in un ambito in enorme sviluppo come quello dei droni, Kawasaki in grande evidenza con le sue proposte (peraltro in compagnia di Subaru, più o meno l'equivalente automobilistico di Kawasaki per dimensione e inclinazioni).

Se la Ninja prende il volo
Come ha spiegato il responsabile del settore difesa di Kawasaki, "Quando si tratta di motori piccoli ed efficienti, nessuno può battere i produttori di motociclette giapponesi." Difficile dargli torto, anche se le richieste dei droni sono particolari: si tratta spesso di missioni senza ritorno, per cui la preferenza va a propulsori semplici, affidabili e anche poco costosi.
I motori da drone Kawasaki sembrano derivare da quelli delle Ninja: 4 cilindri in linea da 999 cc, gestione ride-by-wire e sovralimentati, per recuperare prestazioni in quota, dove l'aria è meno densa e per essere già pronti a funzionare con idrogeno; c'è poi una variante 6 in linea. Grazie alle enormi economie di scala del settore automotive, per quanto sofisticati questi motori costeranno dalle 30 alle 50 volte meno di un motore a reazione di prestazioni paragonabili.
Su questa base Akashi sta già collaborando con la startup francese VoltAero allo sviluppo di droni piuttosto grandi: a doppio e singolo motore, in grado di volare fino a 2.700 chilometri a velocità di 600 chilometri all'ora, e con un carico massimo di 500 chilogrammi. L'azienda punta a produrre entro il 2030 5.000 motori per droni all'anno: tanti, ma non tantissimi per un'azienda che produce circa 500.000 motociclette ogni anno. Mentre l'importanza delle commesse militari spiegherebbe l'interesse di Akashi per l'idrogeno, che sembrerebbe non giustificato sulla base del solo mercato moto.

Il futuro è dei droni
L'interesse di Kawasaki arriva in un momento in cui i droni stanno rimodellando i campi di battaglia, come testimoniato dal successo degli attacchi dell'Ucraina contro i bombardieri strategici russi lo scorso 1° giugno. La produzione in tutto il mondo è letteralmente esplosa, e l'Ucraina ha già annunciato che supererà la Russia producendo nel 2025 4,5 milioni di droni, contro i 3-4 milioni russi.
I droni militari variano in dimensioni (fino a 40 metri), sostentamento (multi-rotore, ala fissa, ibrido), motore (elettrico, a pistoni, a reazione), alimentazione (batteria, benzina, idrogeno), velocità, autonomia, tempo di volo (fino a oltre 24 ore) e capacità di carico. I droni leggeri e trasportabili a mano sono tipicamente utilizzati nel combattimento ravvicinato, i droni grandi e da alta quota sono destinati alla ricognizione a lungo raggio e alla raccolta di informazioni. In mezzo ci sono droni per le consegne e la sorveglianza dell'area.
Ci stiamo avviando a un'era in cui un gran numero di velivoli senza pilota sarà utilizzato da meno personale con il supporto dell'intelligenza artificiale, e i giapponesi si stanno preparando con le loro aziende storiche già impegnate nel settore della difesa, come Mitsubishi Heavy Industries, Toshiba e ora Kawasaki.

Il precedente Moto Guzzi
L'interesse di un'azienda motociclistica per questo settore non è del resto una novità: possiamo almeno citare l'esperienza di Moto Guzzi che negli Anni 90 aveva collaborato con la Israel Aerospace Industries a un drone, che allora si chiamava ancora UAV ("Unmanned Aerial Vehicle") motorizzato ovviamente con il V2 trasversale di Mandello. Si chiamava "Hunter" ed era piuttosto grande (9 m di apertura alare, 727 kg di peso), spinto nelle sue missioni da due motori Guzzi.
Il motore Guzzi fu sostituito nel 2015 da un Wankel, e la cosa non sorprende perché in queste applicazioni aspetti come le basse emissioni e la lunga durata sono meno importanti rispetto a compattezza e leggerezza. Per questo la tecnologia dei motori economici, leggeri ma efficienti è in pieno sviluppo, ed è una delle linee trainanti per tecnologie anche molto innovative, come motori senza manovellismo, con ciclo 2T, a valvola rotante o ancora più esotici.




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