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Che fine ha fatto la Rotax?

Christian Cavaciuti
di Christian Cavaciuti il 04/06/2025 in Attualità
Che fine ha fatto la Rotax?
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Storico fornitore di Aprilia e altri, Rotax continua a produrre motori, anche se sempre meno per motociclette. Ma con l’arrivo delle Can-Am…

Chi ha per qualunque motivo una passione per le 125 2T degli Anni 80 e 90 non può non avere nel suo pantheon il nome Rotax, produttore di motori che forniva aziende come Puch, Sachs, SWM e soprattutto Aprilia. Fortissima nei motori 2T, accompagnò la Casa di Noale nella transizione al 4T, progettando con lei il monocilindrico 650 a 5 valvole della Pegaso (che finì in versione 4V sulla BMW F 650) e poi il V2 della RSV Mille – ma anche il primo motore della serie F di BMW, quello che finì sulle F 700 R, S e GT.

Le moto sono comunque sempre state soltanto una piccola parte dell’attività di Rotax, fondata nel 1920 da Friedrich Theodor Gottschalk e acquisita fin dal 1970 dalla canadese Bombardier, che ha messo in Austria la propria testa motoristica per motoslitte, quad, jet-ski e ultraleggeri.

Che fine ha fatto la Rotax?

Rotax: la genesi e i primi anni

Il nome Rotax nasce dalla crasi di “Rotating Axis”, asse rotante, perché il primo prodotto dell’azienda sono dei mozzi. Negli Anni 30 la fabbrica viene parzialmente riconvertita alla produzione di armamenti e spostata da Dresda, in Germania, a Wels e poi a Gunskirchen, in Austria. Alla fine della guerra, Rotax diventa di proprietà dello Stato austriaco e torna a dedicarsi alle produzioni civili: motori per l’agricoltura, ma anche ciclomotori e scooter.

Nel 1962 Rotax sviluppa il primo motore per Bombardier: è destinato a una motoslitta (Ski-Doo), per la precisione la prima motoslitta moderna. Seguiranno ben presto le moto d’acqua (Sea-Doo). Nel 1970 Bombardier riconosce l’importanza strategica del suo fornitore di motori e lo acquista. Nel 1972 Rotax fornisce le prime moto, che sono ovviamente delle Can-Am, marchio anch'esso di proprietà del gruppo Bombardier.

Che fine ha fatto la Rotax?

Rotax e Aprilia, la grande epopea sportiva

Nel 1975 è la volta del primo motore per ultraleggero (settore in cui Rotax è ancora attiva), mentre negli Anni 80 nascono il primo motore 4T per moto (1982) e il primo motore da kart (1983). Questi sono gli anni in cui Rotax diventa popolare anche in Italia equipaggiando i 125, 200 e 250 di Aprilia (ETX, RX, AF1, Tuareg, Sintesi, Futura, RS, Extrema, Pegaso e via dicendo), ma anche di KTM, SWM e Puch-Frigerio.

I primi motori sono i Type 123, derivati da un motore kart e commissionati da Aprilia, cliente così importante che Rotax accetta di stampare sul carter il nome italiano anziché il proprio. Aprilia sta ottenendo grande visibilità anche grazie ai successi nel mondiale GP 250, dove Loris Reggiani inizia a vincere nel 1987 e arriva a chiudere il 1992 da vice campione del mondo.

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L'era del 4T: Aprilia 650 5 valvole e twin BMW

Aprilia compra da Rotax anche i 4T 350 e 600 destinati a spingere le sue moto più grandi, essenzialmente le Tuareg e più tardi la Pegaso: sono motori un po’ meno raffinati e potenti rispetto alla concorrenza giapponese, ma il gap viene chiuso nel 1992 con il motore 650 destinato alla seconda generazione della Pegaso: bialbero raffreddato a liquido e distribuzione a 5 valvole radiali, il Type 655 si colloca per prestazioni e raffinatezza ai vertici di categoria.

Lo stesso motore, con più convenzionale testata a 4 valvole, finisce sulle BMW F 650 ed è un passo clamoroso per Monaco, che aveva a listino un monocilindrico da oltre 30 anni e non aveva mai prodotto una moto con trasmissione a catena. Il successo è tale che BMW affida a Rotax un progetto più ambizioso: il twin parallelo per la nuova serie BMW F 700. BMW non si fermerà qui, chiamando il suo partner austriaco a sviluppare anche il motore per il suo primo scooter, l’originalissimo C1 offerto in versione da 125 o 175 cc (Type 121).

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I Type 129 e 259, l'apice del successo e le prime difficoltà

Intanto Rotax e Aprilia diventano leader nei 2T racing. I nuovi motori Type 129 e Type 259 regalano ad Aprilia i suoi primi titoli mondiali con Alex Gramigni (1992) e Max Biaggi (1994), e negli Anni 90 la Casa veneta diventa la forza dominante nelle classi minori del Motomondiale. Non stupisce quindi che sia con Aprilia che Rotax mette mano al suo motore più evoluto: il bicilindrico a V di 60° che deve rappresentare la risposta Aprilia a Ducati, portare al debutto la prima maxi di Noale (RSV Mille) e possibilmente vincere in Superbike.

Nonostante i successi in ambito moto, Rotax non è immune alle difficoltà. Più della metà dei motori che produce ogni anno sono destinati alle moto d’acqua, il cui mercato va in crisi nel 1996 costringendo l’azienda a concentrarsi sui mercati in salute, come appunto la moto e i kart, e lanciando nel 1998 il primo motore per ATV.

Il momento difficile viene superato, ma nel 2001 l’attacco alle torri gemelle manda in crisi il mercato internazionale dell’aviazione, nel quale Bombardier è il terzo player mondiale dopo Boeing e Airbus. Il colosso canadese decide di vendere la sua divisione di prodotti per il tempo libero, e nasce così come soggetto indipendente il Gruppo BRP, Bombardier Recreational Products.

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Rotax e gli ultimi colpi tra le due ruote

BRP resta attiva in campo moto, con il Rotax Type 120 per gli scooter Aprilia Leonardo, SR e SportCity, che grazie alla testata a 4 valvole è il più potente della sua categoria, e il Type 804 con cui BMW equipaggia le F 800 S ed F 800 ST.

Lo scenario internazionale sta però cambiando rapidamente. Aprilia viene acquisita dal Gruppo Piaggio, che ovviamente inizia a sostituire via via i motori Rotax con motori propri, di cui ha quasi sempre l’equivalente in casa. Si decide anche di sostituire il V2 della RSV con un V4 sviluppato internamente, un passo tecnologico e di immagine enorme per Pontedera e Noale.

Anche BMW decide di cambiare strada, sviluppando internamente i suoi motori o cercando partner in Paesi più competitivi dal punto di vista dei costi, come la Cina (Loncin per il twin della serie F) e India (TVS per il monocilindrico della serie G e prossimamente il twin F450). Un cliente promettente potrebbe essere Harley-Davidson, che commissiona a Rotax il prestazionale V2 Helicon che finisce sulle Buell 1125R e 1125 CR... poco prima che H-D decida di chiudere il suo marchio sportivo.

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Dal Rotax 123 al motore elettrico

Rotax torna così a concentrarsi sulle produzioni interne e sui suoi mercati principali, il Nord America e l’Australia. Apre uno stabilimento in Messico e potenzia l’offerta per veicoli del gruppo BRP, che ha affiancato ai suoi See-Doo e Ski-Doo anche un incredibile tre ruote, il Can-Am Spyder destinato a riscuotere, dopo lo sconcerto iniziale, un imprevisto successo in America.

Ecco insomma dov’è finita Rotax: si è chiusa in casa. Sta vendendo meno motori a clienti esterni (cosa che comunque continuerebbe a fare volentieri) per concentrarsi sulla domanda interna di BRP, che fattura peraltro quasi 9 miliardi di euro l’anno, 4 volte la dimensione del Gruppo Piaggio. Ma non ha dimenticato le moto, tanto è vero che quando il Gruppo ha messo nel mirino la mobilità elettrica a due ruote, recuperando il marchio Can-Am, ha affidato a Rotax lo sviluppo di un powertrain a batteria che i tecnici austriaci hanno davvero riempito di soluzioni interessanti, come ai tempi in cui lavoravano con e per Aprilia.

A vederla così, sembra che il futuro di Rotax possa restare in Europa, ma probabilmente senza benzina. Una sfida difficile, ma BRP e Rotax alle sfide difficili sono abituati. Voi cosa ne pensate?

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