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Honda ha già l'ibrido perfetto per le moto
Il sistema i-MMD, fra le cause anche del mancato matrimonio con Nissan, è oggi al cuore della tecnologia Honda per le auto: ma sembra nato per le due ruote. E ora che Kawasaki e Yamaha hanno scoperto le loro carte...
Vuoi o non vuoi, l’elettrico è una prospettiva che aleggia sulla testa di tutti: prospettiva oppure minaccia, a seconda di come la si pensi. Le grandi Case, che ragionano in modo globale, non possono comunque non prevedere almeno una quota di "elettrificazione", e così ecco Kawasaki arrivare con due ibride e due elettriche, Honda con una gamma di scooter e un paio di concept elettriche (strada e fuoristrada) che paiono molto molto vicine alla produzione e Yamaha sperimentare sia con l’elettrico che con l’ibrido, partendo dagli scooter per arrivare ormai alle moto.
Quando si muovono i giapponesi, si sa che lo fanno solo dopo aver pensato e ripensato, provato e riprovato. Ecco perché c’è grande curiosità rispetto alle loro mosse: le loro soluzioni tecniche sono studiate in funzione non solo della validità tecnica, ma anche del loro potenziale successo a livello globale.
Al Giappone l'ibrido piace più dell'elettrico
Si sa che i giapponesi considerano l’ibrido, nelle sue varie forme, la strada più concreta e promettente per ridurre le emissioni. I giapponesi non amano l’elettrico puro – così come non amano il Diesel – pur se "costretti" dalle richieste del mercato a farlo. Questo vale per le auto, ma anche tra le moto stiamo vedendo forse più convinzione in campo ibrido che non in campo elettrico: Kawasaki ha spinto più sulla Ninja 7 Hybrid e la Z 7 Hybrid che non sulle EV, e Yamaha ha presentato addirittura due sistemi diversi, il primo sullo scooter RayZr e il secondo su due concept, uno scooter e una MT09.
Mancherebbe all’appello Honda, che tra le auto si è mossa presto (subito dopo Toyota, con la Insight del 1999) prendendosi però molti anni per arrivare a definire la sua tecnologia d’elezione, arrivata solo nel 2022: si tratta del sistema i-MMD (Intelligent Multi Mode Drive) che equipaggia i modelli "e:HEV" e che sostituisce molti powertrain sia a benzina che Diesel.
Il sistema i-MMD è caratterizzato dalla sua grande semplicità. Il problema dell’ibrido è infatti che aumenta di molto il numero dei componenti e la complessità del powertrain. La pionieristica tecnologia HSD che ha debuttato sulla Toyota Prius prevede un motore a benzina, due motori elettrici, una batteria e una particolare (e costosa) trasmissione epicicloidale denominata "power split", che si occupa di “miscelare” la spinta dei due motori. Un sistema poco adatto alle moto per la necessità di una batteria di taglia media e per gli ingombri del power split.
Ibrido: il meglio o il peggio dei due mondi?
Come tutte le soluzioni composte, l’ibrido può essere visto come il meglio dei due mondi (termico ed elettrico) oppure come il peggio. Da un lato consente a un powertrain aspirato a benzina di raggiungere rendimenti pari a quelli di un Diesel sovralimentato, il motore a pistoni più efficiente di cui si disponga oggi; ma dall’altro costringe a portarsi dietro la complessità, il peso, gli ingombri e i costi di un’auto termica (motore e cambio) e di un’auto elettrica (motore elettrico, batteria, inverter), oltre a tutto l’hardware e il software per farli funzionare in armonia.
Grazie agli sforzi prima di Toyota e poi un po’ di tutti, l’ibrido è comunque una tecnologia ormai affermata, pur se come dicevamo con ricette diverse. Quelle dei costruttori europei e coreani, in particolare, per salvaguardare l’esperienza di guida "tradizionale" con i rapporti fissi al cambio sono eccezionalmente complesse: motori di solito “downsized” e sovralimentati, cambi robotizzati, magari a doppia frizione o comunque con frizioni controllate elettronicamente e batterie al litio di taglia media (per le full hybrid) o addirittura grande (per le plug-in hybrid).
Kawasaki e Yamaha si danno all'ibrido
Sulle moto è stata per prima Kawasaki a seguire questa strada - fatta salva la sovralimentazione - sulle sue Ninja 7 Hybrid e Z 7 Hybrid. Sono due modelli ibridi "full" con configurazione in parallelo (motore elettrico e motore termico possono lavorare insieme) che garantisce comunque qualche km in modalità puramente elettrica, grazie a una batteria da soli 1,3 kWh che comunque pesa 13 kg. Come abbiamo visto, questa scelta ha comportato un innalzamento considerevole di peso e costo.
Più semplice lo scooter Yamaha RayZr 125, che è però un "mild hybrid" con uno schema piuttosto convenzionale (e un'assistenza elettrica limitata), mentre a quanto sembra è sulla stessa linea di Kawasaki il sistema SPHEV (ibrido serie-parallelo) visto sui due concept XMAX SPHEV ed MT09 Hybrid.
Qui l’ibrido può funzionare sia in parallelo (il motore elettrico assiste quello termico) che in serie (il motore termico ricarica la batteria). Si tratta di un sistema che richiede due motori elettrici oltre al motore termico, con una versatilità interessante – una o entrambe le macchine elettriche possono assistere la macchina termica – ma senz’altro complesso: non ci sono dettagli sulla MT09 SPHEV, ma sembra naturale immaginare che sia basata sul cambio robotzzato Y-AMT.
Honda e l'ibrido dei record
Honda non ha ancora mostrato le sue carte in campo moto, ma se guardiamo il sistema che ha sviluppato per le auto, sembra molto adatto anche alle due ruote. Si tratta di un sistema molto vicino all'ibrido serie, quello più vicino al mondo elettrico: a spingere le ruote provvede sempre un motore elettrico, e quello termico si occupa prevalentemente di ricaricare la batteria. Solo in autostrada il motore a benzina è collegato direttamente alle ruote, per ridurre gli assorbimenti bypassando la parte elettrica.
Separando il motore termico dalle ruote, questa soluzione ha il vantaggio di poterlo fare funzionare in un range più ridotto (idealmente a regime fisso) e in condizioni ottimali. Il motore può quindi essere più semplice (aspirato anziché sovralimentato) ed efficiente (a ciclo Atkinson anziché Otto, sfruttando una speciale applicazione della fasatura variabile VTEC). Il motore delle Honda E:HEV, un 4 cilindri 2.0 a iniezione diretta, è il motore a benzina più efficiente del mercato, con un rendimento del 41%, degno di un Diesel.
Anche la batteria può essere piccola e leggera: Honda usa sulle sue auto (che pesano almeno 2.000 kg) una taglia da 1,05 kWh, persino più piccola di quella delle moto ibride di Kawasaki (1,3 kWh). Infine, la trasmissione è del tutto assente. Certo ci devono essere delle centraline di controllo, ma il risultato sono un comportamento brillante (184 CV e 315 Nm di coppia) con consumi record di oltre 20 km/l sulla Civic.
Perché il sistema Honda i-MMD sarebbe perfetto su una moto
Parliamo insomma di un sistema nettamente più piccolo, leggero ed economico di un ibrido classico, il che lo rende interessante anche per una moto. In questo caso, c’è un unico grande contro: la moto si comporterebbe fondamentalmente come una moto elettrica. Trasmissione continua e spinta immediata, con il regime del motore a scoppio legato non alla velocità, ma alle necessità della batteria. Sarebbe un motore che si accende e spegne molto frequentemente, ma Honda ha già ormai oltre un decennio di esperienza con i sistemi Start&Stop (dal PCX in poi), per cui non sarebbe un problema in termini di affidabilità e durata.
Una ipotetica moto Honda e:HEV sarebbe con ogni probabilità meno costosa di un’elettrica, con prestazioni interessanti e un’autonomia da moto a benzina: avendo un’efficienza più alta, potrebbe anzi avere un serbatoio più piccolo per far posto alla batteria. Tecnicamente il compito sembra assolutamente alla portata, addirittura semplice per un'azienda come Honda anche se non sappiamo quanto travaso effettivamente ci sia tra la divisione auto e la divisione moto.
La moto ibrida Honda: come sarà fatta?
Cominciamo col dire che è stato un tema al centro delle discussioni per la ventilata, e poi saltata, mega-fusione con Nissan: entrambe le Case hanno sviluppato (con grandi investimenti) un ibrido serie, e Honda aveva imposto di mantenere il proprio sistema accantonando l’altro: questo è stato l’unico nodo tecnico mai sciolto nelle discussioni, gli altri essendo tutti di altro tipo: dalla linea di comando al nome che avrebbe dovuto avere la società dopo la fusione.
Il sistema e:HEV ha reso le Honda che ne sono dotate auto ai vertici delle classifiche di efficienza di Quattroruote, con percorrenze quasi sempre oltre i 20 km/l e una dinamica di guida comunque brillante. Ma quel che più conta è che sarebbe perfetto per una moto: Honda ha già una versione 3 cilindri 1.5 per la Jazz, basterebbe quindi scencere a un twin 1.0, nessuna sovralimentazione, una piccola batteria da 0,5 kWh (come quella di una e-bike), niente cambio robotizzato e anzi nessun cambio del tutto.
Non sembra insomma difficile ricavare una versione da moto, e sarebbe una decisione più strategica che tecnica: il pubblico apprezzerebbe una motorizzazione del genere? Per il momento a Tokyo stanno provando a riattizzare la fiamma dei sogni con la futura V3 sovralimentata, anche lei peraltro con elementi di complessità da ibrida. Ma sappiamo che Honda è sempre tremendamente concreta, per cui non è improbabile che arrivi a breve anche una interpretazione a due ruote del sistema i-MMD.
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