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La polemica dell’estate: l’informazione pagata dai cinesi

Christian Cavaciuti
di Christian Cavaciuti il 17/08/2023 in Attualità
La polemica dell’estate: l’informazione pagata dai cinesi
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C'è troppa attenzione per le aziende e le moto cinesi? Non bisognerebbe invece difendere le italiane? E i giapponesi dove finiscono? Riprendiamo la discussione più rovente dell'estate!

Come tutti i grandi cambiamenti, l'arrivo della Cina sul mercato della moto può essere visto come un problema o una opportunità. La Cina è un tema enorme ed enormemente divisivo. Ruba il lavoro o lo cambia? Vuole commerciare o conquistare? E soprattutto, influenza i nostri gusti in modo illecito? 

Qualunque cosa si possa pensare, i giornalisti italiani non sono “pagati dalle aziende cinesi”. Che anzi in termini pubblicitari pesano sui bilanci dell'informazione di settore molto, molto meno di quelle europee e giapponesi.

I giornalisti riportano e commentano le notizie, e l’arrivo in forze delle Case cinesi (di cui gli addetti ai lavori discutono da almeno 15 anni) è senz’altro una notizia importante, visto l’interesse del pubblico per le loro moto. Ma l’ordine delle cose è che i giornalisti parlano delle moto cinesi perché le moto cinesi piacciono, non certo che le moto cinesi piacciano perché i giornalisti ne parlano (sarebbe dare troppo credito ai giornalisti).

La polemica dell’estate: l’informazione pagata dai cinesi

Arriva la Cina: uno snodo epocale

Il fatto è che l’arrivo dei cinesi (e ormai anche degli indiani) ha tutte le caratteristiche per essere uno snodo epocale, tanto quello dei giapponesi a fine Anni 60. Perché come tutti sappiamo, le immense economie di scala dell’Asia consentono di realizzare moto dalle caratteristiche interessanti a prezzi potenzialmente imbattibili; e perché per lo stesso motivo i giapponesi sembrano sempre meno interessati al mercato europeo per concentrarsi su quelli emergenti, principalmente in Asia.

Allo stato attuale delle cose, le moto cinesi sono vicinissime al livello delle occidentali nelle piccole cilindrate, di poco sotto nelle medie e non giudicabili nelle maxi dove accusano ancora, a quanto sembra, un certo gap tecnologico. Quello su cui i cinesi puntano forte – ed è un approccio consapevole, fatto dall’industria cinese nel suo complesso e sostenuto dallo Statoè il design.

La polemica dell’estate: l’informazione pagata dai cinesi

Tecnologia o design?

Le ultime proposte cinesi e indiane – e non solo quelle fatte disegnare in Europa ma anche quelle fatte in casa – sono molto intriganti, ed è questo che più fa arrabbiare i loro detrattori. Che dicono “è solo un’operazione cosmetica per nascondere le lacune tecniche e dinamiche”, ragionamento che a ben vedere è esattamente l’opposto di quello che si è sempre fatto con le moto giapponesi, a cui si è sempre perdonato tutto in ragione di una tecnologia rimasta a lungo inarrivabile. Accanto alle meravigliose Honda RC30, Yamaha RD 500 LC, Suzuki RG 500 Gamma, Kawasaki ZXR750R abbiamo però visto le B-King 1300, Versys 1000 prima serie, TDM 850, Pacific Coast e molte altre che non è che fossero tutta questa bellezza.

Negli ultimi trent’anni abbiamo assistito al successo delle Case europee, più attente al design e con gusti naturalmente più vicini ai nostri; in particolare il successo delle moto italiane, sia belle che tecnologiche, ci ha fatto abituare al bello. I cinesi stanno cercando di far leva su questo punto: il che spiega perché a così tanti sembra oggi naturale rivolgersi a una moto cinese nuova e non a una giapponese usata, come molti dei nostri critici propongono in alternativa. Il fatto è che alla bellezza ormai non sappiamo più rinunciare. Siamo in Italia, dopotutto.

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