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Tempi moderni: quale direzione per l’industria motociclistica?

Carlo Pettinato il 10/11/2022 in Attualità
Tempi moderni: quale direzione per l’industria motociclistica?
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Alla luce della complessa situazione del mercato globale, ecco riflessioni e spunti di alcuni dei più importanti protagonisti dell’industria motociclistica italiana ed europea

EICMA non è solo esposizione di oggetti del desiderio. È anche dibattito, discussione, proiezione futuribile di quello che a breve e medio termine aspetta il mercato globale dell’industria motociclistica. E, per quando ci si possa disinteressare a temi apparentemente così complessi, è inutile negare che alla lunga saranno proprio queste dinamiche a disegnare il futuro di noi come appassionati di moto e motori in generale.  

Proprio su ciò converge il convegno “Geopolitica e sfide economiche: quale direzione per l’industria motociclistica? Scenari, prospettive e nuovi paradigmi”.

La domanda che va per la maggiore quindi è: adesso che cosa facciamo? Come si stanno muovendo le aziende italiane ed europee per porsi nel migliore dei modi di fronte agli scenari che si stanno prospettando? Alla tavola rotonda hanno partecipato Michele Colaninno (Piaggio), Claudio Domenicali (Ducati), Mariano Roman (Fantic Motor), Eric De Seynes (Yamaha Motor Europe), Roberto Vavassori (Brembo) e William Armuzzi (Honda Motor Europe), moderati dal giornalista Rai Piergiorgio Giacovazzo.

Interviene con un ruolo introduttivo il presidente di Confidustria Ancma (Associazione Nazionale Ciclo Motociclo Accessori) Paolo Magri: “Dopo tutto quello che ci siamo trovati a vivere negli ultimi anni, quello cui ci troviamo di fronte è uno scenario anomalo, difficile da decifrare e da interpretare per il futuro.” 

 

QUANTO L’ITALIA CONTA DAVVERO NELLA MOTO?

Dopotutto in italia si produce il 46% del prodotto motociclistico europeo; per rendere meglio l’idea del ruolo che il nostro paese riveste nello scenario continentale diamo qualche numero. Al 2021, le vendite di veicoli a due ruote nei principali mercati europei vedono al primo posto l’Italia con oltre 270.000 unità, al secondo posto troviamo la Francia che non arriva a 210.000. Se guardiamo invece alla produzione di motociclette e scooter ecco che siamo ancora al primo posto con poco più di 300.000 unità, ma la seconda posizione, questa volta della Germania, è a poco più di un terzo con 132.000 pezzi. E ancora, il fatturato totale europeo derivante dalla vendita di fabbricanti e commercianti di motoveicoli è di 35,9 miliardi di euro, di cui 9 (il 25%) arrivano dall’Italia; parlando invece di valore della produzione ecco che il totale arriva a 15,8 miliardi di euro, di cui 5,1 (il 32%) arrivano dall’Italia. Come ribadisce Maurizio Forte, direttore dell’ufficio di coordinamento di promozione del made in Italy di ICE (agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane) “quella italiana è l’industria leader in Italia, sembrerà un gioco di parole ma non lo è, e nel mondo.”

 

LO SCENARIO GEOPOLITICO DEL 2022

Segue un intervento dell’altro Paolo Magri, il direttore dell’Ispi, l’Istituto Studi di Politica Internazionale. L’omonimo introduce un curioso concetto, per una valutazione relativa della situazione corrente. Guardando agli avvenimenti degli ultimi 15 anni (crisi economica, anni del terrorismo, pandemia, la recente guerra russo-ucraina), il fatto che ancora riusciamo a stare in piedi è una buona cosa. Cioè che è meno buono, però, è il fatto che non sappiamo realmente quanto ancora riusciremo a rimanerci, in piedi, perché vanno considerati elementi ‘nuovi’ come la crescente inflazione e la crisi energetica che si concretizza sempre più.

Sempre a dare un’introduzione della situazione geopolitica ed economica in cui ci si trova ad operare, Magri evidenzia quali siano in particolare i due scenari che preoccupano fortemente per il futuro: uno più immediato, l’altro forse meno concreto al momento ma certamente dal potenziale distruttivo maggiore. Il primo, è l’evoluzione di quella che possiamo chiamare la ‘guerra calda’ tra Russia e Ucraina: attualmente l’arma energetica è quella che funziona meglio, e i russi la stanno usando bene contro il ‘blocco occidentale’, è in effetti proprio sul tema dell’energia che si scatenano tante delle crisi che si verificano oggi in Europa. 

Dall’altro lato c’è la guerra fredda esistente tra gli Usa la Cina, oggi come oggi non se ne parla tanto in quanto, appunto, fredda, ma come conseguenze a lungo termine sull’economia mondiale può avere conseguenze assai più serie. Fino a poco tempo fa ci si domandava quale potesse essere il rischio di un conflitto economico Russia-Usa, ma a ben vedere la Russia è un problema momentaneo, il vero problema degli Stati Uniti è la Cina. 

 

Tempi moderni: quale direzione per l’industria motociclistica?
Michele Colaninno, Chief Executive of global strategy, product, marketing and innovation del Gruppo Piaggio

LA PAROLA AI PLAYER DELL’INDUSTRIA MOTO

Il primo dei grandi protagonisti dell’industria delle due ruote a motore a intervenire è Michele Colaninno di Piaggio, che spiega la sua visione del mercato odierno e come non farsi sopraffare dalla globalizzazione, che in particolare nel periodo del covid ha mostrato alcune grosse falle. “Comincio subito puntualizzando che, nella situazione che abbiamo appena descritto, Piaggio sta aprendo un nuovo stabilimento in Indonesia, sarà inaugurato la settimana prossima. Si tratta di un progetto lanciato poco prima dell’arrivo del covid. 

Giovani menti, energia, voglia di costruire, è questo quello di cui abbiamo bisogno per proseguire e fare sempre meglio, sono ciò che dà la forza per affrontare un periodo globale molto complesso. Bisogna stare positivi, non abbattersi, è l’unica possibilità, se no l’industria si ferma. Ricordo a tanti che è quando l’Italia esce dall’Italia che capisce quanto siamo apprezzati all’estero, quanto c’è di buono in quello che facciamo, perché per certi prodotti siamo il motore del mondo intero. Ad ogni modo, nonostante tutti gli aspetti negativi che si possono mettere sul piatto, la globalizzazione non è un male estremo, bisogna saperla cavalcare e andare a riversare risorse là dove i mercati crescono. Bisogna far apprezzare il proprio lavoro all’estero, perché il mercato non è più l’Italia ma il mondo. Globalizzazione non deve essere solo sfruttare la manodopera a basso costo, deve essere anche e soprattutto farsi valere, conoscere e apprezzare in questi paesi, per ampliarsi sempre.”

Claudio Domenicali, amministratore delegato di Ducati, viene apostrofato allora con la tesi per cui “Ducati la globalizzazione la vive da Borgo Panigale”. 

Domenicali risponde così: “Per noi il mantra è investire nella ricerca, perché è ciò che più di tutto fortifica l’azienda. Tornando sul tema della globalizzazione e delle falle emerse durante il periodo del covid, in molti sostengono che servono catene di approvvigionamento più corte. Lasciatemi fare un esempio: per un dato componente noi compriamo i pezzi da un fornitore in Germania, a due passi dall’Italia. Dentro a questi pezzi ci sono altri pezzi fatti, pensate, in Italia; dentro questi ci sono altri elementi fatti però in Malesia, e di quello specifico elemento tutta la produzione mondiale è in Malesia. Si capisce in breve che questo è fuori dal nostro controllo, noi ci rivolgiamo ad un fornitore tedesco ma non possiamo influenzare la sua catena. Per questo dico che questi appelli li trovo un po’ evanescenti, lasciano il tempo che trovano. La verità è che è l’approccio europeo ad essere un po’ snob, spesso abbiamo i nostri valori e non scendiamo a compromessi (ad esempio riguardo la questione dell’inquinamento di alcuni processi produttivi). Bisogna invece essere aperti e sfruttare il mercato mondiale per intero, ridurre tutto al proprio mercato interno non può essere una soluzione. Questo fenomeno del reshoring (il rientro ‘a casa’ di aziende o stabilimenti che in precedenza erano stati delocalizzati) lo vedo sinceramente con grande preoccupazione.”

 

Tempi moderni: quale direzione per l’industria motociclistica?
Claudio Domenicali, amministratore delegato Ducati

Sul tema del reshoring interviene poi Mariano Roman, amministratore Fantic Motor, che conferma e sostiene quanto appena detto da Domenicali sull’impossibilità di accorciare oltre un certo limite le catene di approvvigionamento, ma che allo stesso tempo auspica una riduzione delle complessità non necessarie, uno snellimento dei processi. Fantic in effetti si sta rendendo protagonista proprio di questo reshoring, iniziato però già prima del covid, “per diventare il più possibile un’azienda europea e un’azienda italiana, anche per portare occupazione e far girare l’economia del nostro territorio”.

Con Eric De Seynes di Yamaha Motor Europe si spazia anche sul tema della decarbonizzazione. Alla domanda “quando i veicoli elettrici saranno veramente all’altezza di quelli endotermici, per tempi di ricarica e autonomia?” De Seynes non risponde direttamente. “Quello che dobbiamo fare è facilitare la vita nelle città. Abbiamo delle responsabilità, tra cui migliorare la vita dei cittadini europei. Per Yamaha, al momento, l’elettrico è una possibilità per le brevi percorrenze, ma per chi si deve spostare di molto non è sostenibile, al contrario, i carburanti sintetici possono diventare una soluzione ragionevole. Ma il punto fondamentale della questione è che la politica non deve anticipare le scelte tecniche e fare di testa propria. Hanno detto emissioni zero entro 2035 ma è qualcosa di avventato, dobbiamo essere noi costruttori a dire cosa è possibile fare e quando.”

Tornando sul tema delle filiere produttive, De Seynes afferma che Yamaha sta cercando sempre più di rafforzare la produzione in Europa. Attualmente il 45% del venduto Yamaha in Europa è in effetti prodotto in Europa, ma tanti componenti arrivano inevitabilmente da fuori. È una complessità da cui non si scappa.

Secondo Roberto Vavassori, di Brembo, un altro punto fondamentale da considerare per semplificare le catene di approvvigionamento, è la localizzazione dei materiali necessari per la produzione di ciò di cui abbiamo bisogno, ad esempio delle batterie. Nella fattispecie, la prossima generazione di batterie dovrà essere prodotta con materiali non geopoliticamente controllati

L’ultimo intervento è di William Armuzzi di Honda Motor Europe che conferma la tesi di De Seynes: “al momento la tecnologia che possediamo con l’elettrico non consente di sostituire per intero il parco circolante endotermico. Va bene per alcune applicazioni, ma non è matura per rispondere a tutte le esigenze.”

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