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Fantic e Minarelli: matrimonio all'italiana

Christian Cavaciuti
di Christian Cavaciuti il 14/05/2021 in Attualità
Fantic e Minarelli: matrimonio all'italiana
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Fantic Motor acquisisce da Yamaha Motori Minarelli e diventa un costruttore a 360%, con piani sempre più ambiziosi in tutti i segmenti. Ne parliamo con i protagonisti di questa bella storia

Il 19 gennaio 2021 la Motori Minarelli è diventata un pezzo di Fantic Motor, e in questo passaggio c’è il riassunto della storia industriale recente di questo Paese, perlomeno se parliamo di due ruote. 

La Motori Minarelli e la Fantic Motor sono l’espressione di due storici poli industriali italiani. La prima nasce nel 1956 a Bologna, in quella che ancora non si chiamava ma già era la Motor Valley, e assume il suo assetto definitivo nel 1967, costruendo fino ai primi Anni 80 oltre 200.000 motori l’anno. In quegli stessi anni si colloca il meteorico successo di Fantic Motor, fondata nel 1968 a Barzago (allora era provincia Como, oggi è di Lecco) ed esplosa subito con il Caballero, un cinquantino dotato di motore Minarelli.

Fantic e Minarelli: matrimonio all'italiana

Uno dei due ruote più sexy degli Anni 70: il caballero tolse il sonno a migliaia di ragazzini

Ritorno al futuro

Abbiamo quindi un asse tra un’azienda emiliana specializzata nei motori di piccola cilindrata e un’azienda lombarda brava a indovinare (se non anticipare) i gusti degli adolescenti. È il mondo di mezzo secolo fa, sepolto da trasformazioni che hanno travolto chi non è riuscito ad adeguarsi. Come Fantic Motor, avvitatasi in un declino irreversibile fino a quando, nel 2003, viene rilevata dall’imprenditore Federico Fregnan. Che la sposta, dettaglio non trascurabile, a Dosson di Casier, in provincia di Treviso. Mentre la Motor Valley perde un pezzo dopo l’altro e la Lombardia perde visibilità e rilevanza, Fantic Motor entra a far parte del nuovo grande motore dello sviluppo economico italiano: il Veneto.

Dopo qualche anno, Fantic Motor diventa protagonista di un vero e proprio miracolo: nel 2014 viene rilevata dal gruppo VeNetWork che in meno di 10 anni moltiplica il fatturato per cento (!), grazie anche all’acquisizione di Minarelli. Che nel frattempo era entrata al 100% a far parte di Yamaha, che era arrivata per qualche tempo a farne il principale produttore mondiale di motori da scooter. Un’azienda impeccabile ma forse un po’ spersonalizzata, che torna oggi a fare spazio alla passione e a un futuro ancora tutto da inventare.

Fantic e Minarelli: matrimonio all'italiana

Il caballero 500 è uno dei pilastri della rinascita di Fantic motor, e resta al centro dei piani di sviluppo futuro anche a seguito dell'acquisizione di minarelli

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Di questo futuro abbiamo parlato con Mariano Roman e Vittorino Filippas, che del rilancio di Fantic Motor sono stati fra i principali protagonisti, credendoci da subito e investendo anche risorse proprie. Non è forse un caso che entrambi siano ingegneri diventati (anche) manager. E non è un caso che entrambi fossero già stati due pilastri del successo di Aprilia degli Anni 90. Dove erano entrati rinunciando a proposte di aziende più grandi, sedotti dal sogno e dalle ambizioni di un’azienda giovane, dinamica, innovativa. Un’azienda che era l’equivalente per le moto di quello che può essere oggi un’arrembante start-up della Silicon Valley per la tecnologia digitale. 

Roman e Filippas crescono con l’azienda, arrivando ad essere responsabili rispettivamente della Business Unit moto e della Business Unit scooter. In pochi anni fanno tanta esperienza, in Italia e all’estero, sempre discutendo animatamente con la passione di chi fa quello che ama. Poi Aprilia entra in difficoltà, cambia proprietà e gestione e, per dirla con le loro parole, “il divertimento finisce”. Per entrambi è il momento di fare altre esperienze professionali. Ma la passione per le moto resta, e quando si delinea il progetto di rilancio di Fantic, sono fra i primi a rispondere: Roman, segue la trattativa per l’acquisizione del marchio da parte di VeNetWork, Filippas ne prende le redini tecniche.

Fantic e Minarelli: matrimonio all'italiana

Mariano Roman (a sinistra), A.D. di Fantic Motor, e Vittorino Filippas (a destra), direttore generale di Motori Minarelli

Voi avete vissuto gli anni d’oro di Aprilia e ora di Fantic. Viste dall’esterno, le due aziende vengono spesso accostate, ma viste da dentro quali sono le differenze? 

Roman: “In comune c’è una robusta dose di giovani in azienda, seguiti in Fantic da maestri come Jan Witteveen e Gaetano Cocco che li stanno facendo crescere in fretta. C’erano anche ai tempi di Aprilia, ma erano giovani anche loro! In comune ci sono lo stesso entusiasmo, la stessa voglia di fare prodotti che ci piacciono, lo stesso concetto di sfida”.

Filippas: “Una linea guida comune è anche il principio di dare alle persone la libertà di esprimersi – in senso allargato – e devo ringraziare Ivano Beggio che ha sempre saputo accendere le micce, valorizzando le persone giuste nei posti giusti. Anche la rapidità dei processi, il fatto che si decide e si fa, è simile. Nell’innovazione non puoi pianificare in dettaglio e poi partire: arrivi tardi. Devi fare un passo e ripianificare, pianifichi mentre fai, e questa è una linea non scritta, mentale, dell’Aprilia di allora e della Fantic di oggi. Con i pochi soldi che avevamo nel 2014, o pagavamo un’analisi del mercato bici o pagavamo il prototipo della prima bici. Abbiamo fatto il prototipo e siamo partiti”. 


Ma in quel 2014, al di là dei numeri dei business plan, pensavate di essere dove siete oggi?

Roman: “No, sinceramente no. Avevo fatto un Business Plan più modesto: ambizioso ma realistico. Ci sono state sorprese positive, che hanno trasformato speranze non dette in numeri nero su bianco, anche per i prossimi 3-4 anni”.

Filippas: “Una crescita così non la potevamo immaginare. Avevamo il sogno di fatturare 40 milioni, ma lo vedevamo lontanissimo: già 20 era un obiettivo sfidante. Però non ci siamo mai guardati indietro, non si siamo fatti spaventare dalla strada che restava da fare. Diceva Indira Gandhi che nella vita devi avere un sogno, trasformarlo in un progetto, dividerlo in gradini e partire col primo gradino... ora. Abbiamo fatto così”.

Fantic e Minarelli: matrimonio all'italiana

Lo stabilimento 2 di calderara di reno sta venendo riconvertito dall'assemblaggio di motori a quello di veicoli completi: 5 linee di cui 3 per gli elettrici

Dieci anni fa Fantic era una delle tante piccole aziende italiane del settore. In 5 anni avete decuplicato il fatturato e nei prossimi 5 puntate a quasi decuplicarlo ancora: quanto c’è di merito vostro e quanto demerito dei competitor che vi hanno lasciato spazio?

Filippas: “Un primo merito va al proprietario precedente, che da grandissimo appassionato in 10 anni ha realizzato un ottimo livello di prodotto e messo su una squadra di persone che sono rimaste tutte. Poi industrialmente si poteva forse far meglio, ma bisogna riconoscere che il prodotto e il marchio c’erano: e i soci, prima di investire, hanno voluto sincerarsi di questo. Decidendo poi di mantenere un livello premium, facendo ordine nei processi industriali ma puntando comunque all’alto di gamma, scelta che ha pagato”.

Roman: “Qualsiasi mercato lascia sempre spazio a progetti validi: stiamo crescendo perché evidentemente siamo stati bravi a coprire segmenti di mercato trascurati come con il Caballero, una moto che è come i blue jeans: la puoi usare sempre, senza pensieri. I clienti sono molto contenti dell’acquisto, proprio del concetto e del modo di utilizzare la moto scanzonato, facile”.


Quali sono stati i momenti e gli snodi fondamentali della crescita di Fantic?

Filippas: “Sono i tre che si vedono da fuori: l’ingresso nell’elettrico con le e-bike, il Caballero, l’accordo con Yamaha. Quando il 15 luglio 2015 ci fu il lancio delle e-bike, i produttori di bici risero per mesi vedendoci partire con delle fat elettriche… e invece avevamo ragione noi. Anche l’Issimo è un caposaldo: adesso sembra ancora poca cosa, ma per noi rappresenta una svolta, il primo passo verso un approccio diverso a un segmento che per Fantic non è naturale, quello della mobilità urbana. Un passo innovativo e alternativo a quello che fanno gli altri”.

Roman: “Più a monte, direi la scelta di puntare sulla competenza di un gruppo di persone dalla professionalità molto elevata, l’entusiasmo e la chiarezza strategica. In fondo stiamo ripetendo insieme un processo di crescita che avevamo già prodotto in altre aziende”.

Fantic e Minarelli: matrimonio all'italiana

l'issimo è il primo, originale passo di Fantic Motor nel segmento per lei nuovo della mobilità elettrica urbana

Se guardiamo ai numeri, Fantic oggi incarna il ‘miracolo veneto’ più di quanto non lo faccia Aprilia. Com’è il rapporto tra l’eredità di Aprilia e l’identità di Fantic?

Roman: “In Fantic l’idea di sogno e di sfida è ancora più accentuata. Noi ex Aprilia non siamo più così giovani, ma abbiamo mantenuto la capacità di sognare e la voglia di raggiungere obiettivi importanti. Siamo forse più attenti al mercato, a tendenze come la sostenibilità – siamo l’azienda italiana che ha investito di più nelle e-bike – e poi, avendoli vissuti, possiamo tener presenti gli errori di Aprilia”.

Filippas: “Il nostro motto iniziale era ‘powerful emotion’: vale sempre. La moto è una soluzione di mobilità con poco senso, pericolosa e scomoda. Ma vive perché regala emozioni, e noi vogliamo dare emozioni ancora più forti degli altri, restando accessibili. Lo facciamo con il Caballero, e lo stesso concetto lo abbiamo declinato nelle bici. Forse la cosa più in comune con Aprilia è l’attenzione allo stile e al design”.


La scelta di crescere partendo dall’off-road – un po’ come ha fatto KTM – è stata una scelta strategica o una necessità contingente, dovuta al posizionamento  e all’expertise precedente del brand?

Roman: “È stata strategica, anche perché al business plan abbiamo lavorato due anni prima di avere il via libera. Lo spirito di Fantic è del resto quello, volevamo proseguire su filoni già di successo; poi c’è stata anche la fortuna dell’accordo con Yamaha per l’off-road, che non avevamo previsto”.

Filippas: “Era naturale partire da lì. Non volevamo inventarci una Fantic diversa, avevamo un buon nome nell’off-road e bisognava spenderlo. Anzi c’era forse la paura di salire di cilindrata: eravamo considerati dei cinquantinisti e basta”.

Fantic e Minarelli: matrimonio all'italiana

la XX 125 sviluppata su base yamaha yz125, con il suo successo immediato nell'europeo EMX125, ha consolidato l'immagine vincente di fantic motor nell'off-road

Fantic ebbe grandissimo successo già negli anni 80 con i modelli Strada. Ci sarà spazio per nuove Fantic stradali? 

Roman: “Nel breve siamo impegnatissimi già con tanti prodotti nuovi, nel medio periodo – da qui a due anni – ci saranno moto anche stradali, le stiamo già studiando. La collaborazione con Yamaha e l’acquisto di Minarelli ci forniscono strumenti per crescere più rapidamente di quanto avessimo pensato”.

Filippas: “Com’era quel di un film? ‘Il mondo non basta’. Abbiamo tanta… strada davanti a noi!”.


L’arrivo di Motori Minarelli sembra integrarsi  alla perfezione nella vostra strategia di crescita. Che progetti ci sono per lo stabilimento e l’R&D al suo interno?

Filippas: “Iniziamo razionalizzando: adesso c’è una linea di motori per stabilimento, le porteremo tutte nello stabilimento 1. Il 2 sarà dedicato totalmente alle moto, con cinque linee: due per moto prevalentemente termiche e tre dedicate alla mobilità elettrica, mentre le e-bikes resteranno a Dosson”.

Roman: “Vogliamo diventare un polo di eccellenza nello sviluppo e produzione di motori ‘europei’, per le aziende che non hanno i volumi per farli da sole o per chi vuole un motore non asiatico, più raffinato, con il valore aggiunto del nostro engineering. Insieme possiamo fare scala, e Minarelli deve diventare un asset fondamentale per la competitività europea nel mondo delle due ruote a motore”.

Fantic e Minarelli: matrimonio all'italiana

Il vostro piano di sviluppo a 5 anni resta ambiziosissimo, ma ovviamente più si cresce e più diventa difficile continuare a farlo. Cosa c’è nel futuro di Fantic dopo il 2025?

Filippas: “Dal punto di vista della mentalità vorrei che rimanesse lo spirito del pirata piuttosto che quello della Marina di sua maestà. Lo spirito di riconoscere gli errori e correggerli, di annusare le tendenze di mercato e inseguirle: anche se crescono le dimensioni, spero che non decrescano l’entusiasmo, l’umiltà e anche la propensione al rischio. Dal punto di vista organizzativo, invece, deve diventare più azienda; in questo ci può dare una lezione Minarelli, che è persino troppo organizzata per la dimensione che ha. La reattività di Fantic e il metodo di Minarelli: può essere un mix esplosivo”.

Roman: “Immagino un’azienda ben strutturata, con manager di alto livello che ne continueranno lo sviluppo e la crescita. Siamo entrati in quattro mercati straordinari: le moto, le e-bike, la mobilità elettrica urbana e ora la tecnologia motoristica con Minarelli. Sono mercati da milioni di pezzi, che riflettono esigenze di lungo periodo e vivranno sviluppi potenzialmente simili a quelli degli scooter 50 negli anni 90. Vogliamo continuare a sognare: la potenzialità per arrivare a un miliardo di euro di fatturato c’è, se avremo manager competenti, appassionati e concentrati più sui risultati che sul loro stipendio. Non è facile trovarli, lo so: ma ce li stiamo allevando in casa”.

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