Enrico Ferri, l'elogio della competenza

Scomparso il ministro dei trasporti noto per aver fissato il limite della velocità in autostrada a 110 all'ora. E simbolo di una politica che (con tutti i suoi difetti) premiava le capacità e la cultura

Per i più giovani è solo una sbiadita foto in bianco e nero della Prima Repubblica. Ma per quelli un po'più grandi (tra i quali annoveriamo anche chi scrive) Enrico Ferri (scomparso ieri a 78 anni) è a suo modo il simbolo di un'epoca di cui non possiamo che sentire nostalgia.  

L'UOMO DEI 110 ALL'ORA

Sarebbe troppo semplicistico liquidare la sua figura come quella del ministro dei Trasporti che, in un'epoca nella quale non era ancora così radicata la paura del pericolo e della velocità (del resto, allora non vigeva nemmeno l'obbligo del casco...), impose una decisione tanto storica quanto impopolare, ossia quella di introdurre il limite dei 110 chilometri all'ora sulle tratte autostradali. Basta recuperare i quotidiani di allora - stiamo parlando del 7 luglio 1988, vigilia dell'esodo estivo - per rispolverare le feroci polemiche seguite a quel provvedimento.  

PRECURSORE DELLA SICUREZZA

Con le lenti da vista in vigore allora, la decisione di Ferri era quella di un politico navigato che puntava a minimizzare l'incidentalità. Ferri non era un tecnico: aveva una formazione giurisprudenziale, era stato magistrato e politico nelle file dell'allora PSDI, per anni era stato sindaco nella sua Pontremoli, cittadina della Lunigiana. Ragionava con la logica - forse vecchia - di una politica capace di anticipare le necessità di una comunità di cittadini. Con gli occhi di oggi, Ferri sarebbe considerato un paladino della sicurezza stradale.