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Perché nessuno vuole più i cinquantini?

Marco Gentili
di Marco Gentili il 17/11/2020 in Attualità
Perché nessuno vuole più i cinquantini?
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Mancanza di stimoli tra i più giovani, costi elevati, la barriera delle assicurazioni e la mutata sensibilità dei genitori. Ecco perché oggi sono sempre meno quelli che lo vogliono. L'inchiesta

Ah, i bei tempi andati, quando il sogno dei 14enni era il motorino e in Italia si vendevano milioni di cinquantini. Ma si sa, è tutta colpa dello smartphone, perché ai ragazzi interessa solo quello. Infatti nel 2019 (ultimo anno per cui abbiamo il dato completo) i ciclomotori venduti si contano sulle dita di una mano (o quasi): 20.357. Alla fiera del luogo comune, la crisi del mercato dei cinquantini la si può liquidare così. Ma le motivazioni sono ben più profonde. E poi, siamo sicuri che si possa parlare di crisi? A ben vedere i numeri, fuori dall’Italia, delineano un quadro diverso.

 

Perché nessuno vuole più i cinquantini?
Il Piaggio Ciao, uno dei ciclomotori che hanno fatto l'Italia delle due ruote
815.000
Il record assoluto dei ciclomotori venduti in Italia, nel 1980

UN PO' DI STORIA

Ma torniamo in casa nostra. Analizzare la serie storica delle vendite dei cinquantini aiuta a capire come è cambiato il mercato. Che è cresciuto anno dopo anno e, dal 1970 in poi, si è stabilizzato sopra le 300mila unità vendute per anno. Nel 1974 si è superato il mezzo milione, mentre la crescita è stata pazzesca fino al 1980, col record di 815mila pezzi venduti. L’arrivo degli scooter negli Anni 90 ha rinvigorito un mercato che è stato settore trainante dell’intera industria italiana delle due ruote: in tempi più recenti gli oltre 678 mila pezzi del 1997 rappresentano il canto del cigno di un segmento penalizzato dalla burocrazia e dal crescente bisogno di sicurezza.

È un dato di fatto, ormai consegnato ai libri di storia, che la diffusione del ciclomotore è stata fino a un certo periodo aiutata nel nostro Paese da alcuni fattori che ne rendevano semplice ed economico l’uso. Niente casco, niente assicurazione, niente targa. L’obbligo del casco sul ciclomotore è arrivato poi nel 1986 (per i minorenni) e nel 2000 anche per i maggiorenni. Non è un caso che tra il 2000 e il 2001 i volumi di venduto si siano dimezzati, passando da 311.836 a 175.543. Di mezzo, come anticipato, la targa e l’assicurazione, divenute obbligatorie nel 1993. E dal 2004 è arrivato anche il CIGC (ossia il patentino) obbligatorio per i 14enni. Ma al di là di questi elementi oggettivi, il calo delle vendite si è acuito negli ultimi 10 anni, in coincidenza con l’ultima grande crisi economica che ha investito anche l’Italia: siamo passati dagli 85.956 ciclomotori venduti nel 2010 ai 20.357 dello scorso anno. Cosa è successo?

 

Perché nessuno vuole più i cinquantini?
Il mercato dei cinquantini in Italia (dati ANCMA, grafico elaborato da Dueruote)

COLPA DELLO SMARTPHONE?

Al bar dello sport possiamo anche dare la colpa alla pervasiva diffusione degli smartphone. I motivi reali però sono altri: “Dal 2000 in avanti sono molto cambiati i rapporti tra genitori e figli - dice Roberta Sassatelli, sociologa dei consumi all’Università Statale di Milano - prima si incentivava l’autonomia dei figli, mentre la tendenza che si nota successivamente a quella data è che i ragazzi vengono trasportati molto di più dai genitori, per andare a scuola e frequentare le varie attività pomeridiane”. Emerge quindi una maggiore volontà di controllo: “Oggi c’è maggiore paura da parte dei genitori per quello che può succedere ai figli, aumenta il pericolo percepito - dice Sassatelli - pertanto regalare lo smartphone, agli occhi di un genitore, è un modo come un altro per controllare il figlio”.

Il fatto che oggi, come evidenzia la sociologa, la maggior parte delle relazioni sociali dei 14enni passi attraverso i dispositivi tecnologici, più che una causa è la conclusione più logica di questo processo, che passa anche dalla glocalizzazione: “I giovani preferiscono fare una vita di quartiere, locale. La mobilità cittadina non interessa loro così tanto. L’altra faccia della medaglia è la loro mentalità globale: vivono nel quartiere di una città, ma poi a 20 anni vanno a studiare all’estero perché si sentono cittadini del mondo”, conclude Sassatelli.

 

613 euro
Il costo medio per l'assicurazione di un ciclomotore per un 14enne

COSTI SU COSTI 

La questione della mancanza della passione delle nuove generazioni per questo tipo di veicoli è solo una faccia della medaglia. L’altra è rappresentata dai costi. Immaginiamo infatti un genitore che intenda acquistare per il proprio figlio un ciclomotore. All’acquisto iniziale del veicolo (2.300 euro se prendiamo come esempio il Piaggio Liberty 50, a oggi il più venduto in Italia), si affiancano le spese per l’abbigliamento. Si tratta - almeno - di un casco, di una giacca tecnica e di un paio di guanti certificati. A spanne, non siamo sotto ai 400-500 euro. E poi c’è la questione dolente dell’assicurazione.

Secondo i calcoli fatti da facile.it su un ampio campione di preventivi, il costo medio di una RC per un 14enne che acquista un cinquantino è di 613 euro. Analizzando le differenze regionali dell’RC scooter e limitando l’analisi ai soli veicoli con cilindrata pari a 50 cc, è la Campania a guadagnare la maglia nera; in regione, il premio medio emerso dall’analisi dei preventivi raccolti tramite facile.it è pari a 1.260 euro, ovvero più del doppio rispetto alla media italiana. Va meglio, ma solo di poco, agli scooteristi residenti in Puglia, secondi in classifica con un premio medio pari a 977 euro. Terzo posto per la Calabria, dove assicurare un cinquantino richiede in media 880 euro mentre appena giù dal podio si posiziona il Lazio, con un premio medio pari a 825 euro. Analizzando la graduatoria in senso opposto, le regioni con i premi medi più bassi risultato essere il Trentino Alto Adige, dove assicurare un ciclomotore costa in media solo 369 euro, il Veneto (410 euro) e il Piemonte (427 euro). 

 

Perché nessuno vuole più i cinquantini?
L'Aprilia SR Replica è stato uno dei best seller degli Anni 90

LA PATENTE 

Calcolatrice alla mano, la spesa è abbondantemente superiore ai 3mila euro. Alla quale va aggiunto il costo della patente AM. Che, essendo una patente vera e propria, si ottiene solamente attraverso le scuole guida o (se si vuole risparmiare qualcosa) sostenendo da privatisti l’esame nelle sedi della motorizzazione civile. Anche in questo caso, si tratta di un costo in più che una famiglia deve accollarsi. “Si va da un minimo di 150 a un massimo di 400 euro a seconda della scuola guida che si sceglie”, dice Emilio Patella, segretario di Unasca (l’associazione che raggruppa le scuole guida). Una differenza che non è su base geografica ma che dipende da molti fattori. “Il costo è apparentemente alto - afferma Patella - ma se si pensa che la nostra associazione raccoglie 7mila scuole guida, e che nel 2018 sono state rilasciate 53.938 licenze AM, si capisce che la media di patenti per autoscuola è appena di 7,7. Un incasso largamente insufficiente anche solo a coprire l’acquisto di un mezzo e la sua assicurazione speciale”. Che, per inciso, è molto onerosa perché copre i sinistri addebitabili a ragazzi molto giovani. 

 

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Il Gilera Typhoon

NUMERI DIFFICILI DA LEGGERE 

Se per le autoscuole si tratta di un investimento in perdita, che cosa rappresenta per le Case, “condannate” a investire ingenti capitali per aggiornare anche le motorizzazioni 50 cc ai dettami antinquinamento della normativa Euro5? “Il cinquantino è un malato in osservazione - dice Maurizio Carletti, responsabile per Piaggio dei mercati europei, che sceglie una metafora medica per descrivere lo stato di salute del segmento - se guardiamo agli ultimi anni, nel 2017 sono stati immatricolati molti più veicoli del solito, alla vigilia dell’introduzione dell’Euro4. Nel 2018, ovviamente, il mercato è crollato. Abbiamo appena concluso un 2019 positivo, ma non si capisce se si tratta di un effetto-risacca. Inoltre nel 2020, con l’arrivo della nuova omologazione, rischiamo di avere numeri di venduto alti, causati da una corsa alle immatricolazioni degli Euro4 ancora a disposizione sul mercato”. Mercato che, alla luce dei dati rilasciati da Piaggio a livello europeo, non è poi così piccolo: a novembre 2019, il ciclomotore totalizzata 188mila vendite, mentre il targato 350mila. In Germania, tanto per fare un esempio, il comparto del cinquantino vale due terzi del targato, in Francia (Paese con dinamiche commerciali simili alle nostre) invece il ciclomotore è un fenomeno numericamente superiore a quello degli scooter targati. 

Ma si tratta di un mercato in grosso cambiamento, in cui i costruttori giapponesi sono assenti da anni e dove sono rimasti pochi grossi produttori. “E molti altri scompariranno, con l’avvento dell’Euro5” puntualizza il manager di Piaggio. Che traccia anche l’identikit del nuovo cliente-tipo del ciclomotore: “Il 14enne che desidera il cinquantino come regalo per la promozione non esiste più, è un cliente che tutti i produttori del mondo hanno perso molti anni fa. Oggi il mercato fa emergere una tendenza piuttosto diffusa e non solo in Italia, ovvero che i numeri del cinquantino a ruota alta sono stabili. Questo segmento si rivolge ad acquirenti adulti in cerca di un mezzo dai bassi costi di gestione, per un uso tipicamente cittadino. Il ciclomotore sportivo invece tenderà a scomparire, a riprova di questo cambiamento generazionale della clientela”. In soldoni, oggi i produttori di ciclomotori devono puntare ai padri o alle madri, piuttosto che ai figli. 

 

SI TRATTA DI UN MERCATO IN GRANDE CAMBIAMENTO, DOVE I GIAPPONESI SONO ASSENTI DA ANNI. E DOVE MOLTI MODELLI SCOMPARIRANNO A CAUSA DELL'EURO5

UN FUTURO DAVANTI 

La domanda finale è: al giorno d’oggi vale ancora la pena produrre i cinquantini? Osservando i dati “macro”, come abbiamo visto, la risposta è sì. Ma lo è anche per il mercato italiano, che è uno dei più in difficoltà a livello europeo: analizzando gli ultimi dati comparabili a disposizione (gennaio-settembre 2019) è il sesto mercato continentale, alle spalle anche della Polonia e distantissimo dalla Francia, numero uno del settore.

La risposta positiva alla nostra domanda è motivata da un dato: oggi nel nostro Paese un ciclomotore su cinque (circa 4mila su 20mila) è elettrico. Ed è proprio nel commuting di breve raggio che la mobilità green può trovare i margini più interessanti di sviluppo. Allargando lo sguardo oltreconfine, si ha la percezione più netta di questo fenomeno: nei primi nove mesi del 2019 si sono venduti 12.647 ciclomotori elettrici in Belgio, 11.290 in Francia, 9.754 in Olanda. Numeri imputabili in gran parte (circa l’80%) alle flotte, in particolare quelle dedicate al delivery e allo sharing, ma dove la quota dei privati è in crescita; si tratta di volumi che si concentano nelle principali città di ogni Paese, laddove la mobilità elettrica di breve raggio è la risposta sia ai problemi dell’inquinamento atmosferico, sia a quelli del portafogli. In Italia infatti sono previste esenzioni su bollo e sconti fino al 40% sull’assicurazione. Il cinquantino non scomparirà ma cambierà sembianze. E potrà fare a meno della benzina.

(inchiesta pubblicata sul numero di marzo 2020 di Dueruote)

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