Attualità
Neil Peart: quando la moto salva l’anima
Il batterista dei Rush non è stato solo il più grande interprete del suo strumento degli ultimi 50 anni, ma anche il testimone di come la moto può aiutare a superare i momenti difficili della vita
Se chiedi a un batterista di 14 anni chi vorrebbe essere da grande, la risposta è sempre la stessa: Neil Peart, l’uomo dietro alle pelli dei Rush. Se negli ultimi quattro decenni avete vissuto in una grotta con del cotone nei condotti uditivi, è giusto che sappiate che stiamo parlando del più grande batterista degli ultimi 50 anni. Peart, scomparso per un tumore al cervello a 67 anni, pochi giorni dopo l’inizio del 2020, è stato qualcosa di simile a Jimi Hendrix per i chitarristi. Anzi, direi di superiore, perché magari di shredder influenti ce ne sono stati anche altri. Ma qualunque sia il genere che si suona, tutti i drummer daranno sempre la stessa risposta.
Il perché è presto detto: basta ascoltare i virtuosismi jazzistici e i cambi di ritmo de “La Villa Strangiato”, oppure l’obbligato in cinque quarti di “YYZ” (è su questo formidabile banco di prova che almeno quattro generazioni di musicisti e band di ogni latitudine hanno misurato la loro capacità di suonare) per capire di cosa stiamo parlando. Tecnica non fine a se stessa, ma unita alla melodia e finalizzata alla creazione di musica. Il tempo dispari divulgato alle masse.