Da pochi mesi in Italia abbiamo un decreto ministeriale che disciplina la questione dei guardrail salva motociclisti. Un passo in avanti epocale e molto atteso ma che, come abbiamo sottolineato in questo articolo, presenta non poche limitazioni alla sua applicabilità. Un argomento che è stato oggetto di dibattito in un convegno.

Pochi incidenti ma fatali

Secondo un report del Maids, gli scontri tra motociclisti e ostacoli fissi (e tra essi anche i guardrail) rappresentano l'8% del totale. Una percentuale bassa ma incredibilmente letale. La mortalità di incidenti con motociclisti è 2,5 volte quella degli incidenti con auto, mentre gli impatti contro le barriere di sicurezza vantano una mortalità ben più alta della precedente: sei volte tanto. La protezione passiva come i guardrail salvamotociclisti sono pertanto fondamentali per ridurre una fonte certa di morte e invalidità permanente. 

I punti da rivedere

"Bene ha fatto il Ministero a introdurre il concetto per cui le barriere salvamotociclisti non vanno installate ovunque ma solo nei punti ad alta incidentalità. Peccato - dice Marco Anghileri del Politecnico di Milano, uno dei massimi esperti mondiali del campo - che il decreto preveda solo l'installazione sulle barriere discontinue (ossia quelle con i paletti a terra; ndr) e non tenga presente quelle continue. Dai dati di laboratorio emerge come l'impatto del motociclista che scivola contro un new jersey è comunque gravissimo. Si ha un HJC (l'indice che misura la severità dell'impatto) di 1800, contro una soglia minima vitale di 1000. Vero che sono meno pericolose, ma andavano comunque inserite". 

Purtroppo, prosegue Anghileri, "il DM impone regole che limiteranno molto l'installazione dei dispositivi sulle barriere esistenti. Servirebbero criteri più snelli (ad esempio come quelli per le barriere molto vecchie), come la simulazione invece della necessità di effettuare un nuovo e costosissimo crash test, in virtù anche della limitata estensione delle porzioni di guardrail da modificare con i DSM".

Il decreto si può cambiare?

Le questioni da rivedere, secondo l'avvocato Barbara Vancini (legale dell'associazione Motorlab - Idee in movimento) sono almeno tre: "La prima è relativa all'indicazione che i Dispositivi Salva Motociclisti vanno installati nei punti dove siano avvenuti nel triennio almeno cinque incidenti con morti e/o feriti, che abbiano visto il coinvolgimento di motoveicoli e/o ciclomotori. Peccato che i formulari delle forze dell'ordine non prevedano, tra le cause di un sinistro mortale, i guardrail. In secondo luogo c'è il problema dei costi che le aziende devono sobbarcarsi per effettuare i crash test per riomologare la barriera con il DSM. Eseguendo una banale simulazione si aggira il problema e si rafforza la diffusione di questi dispositivi".

Il decreto, almeno in teoria, dovrebbe restare così com'è, ma secondo la Vancini è solo questione di volontà: "Se Toninelli o i suoi tecnici si rendessero conto che un atteggiamento più morbido potrebbe aumentare la diffusione dei DSM, si potrebbe tranquillamente varare un nuovo DM che emenda e aggiorna quello vecchio. Altrimenti il decreto è impugnabile, ma il rischio è che si vada davvero per le lunghe coi tempi".